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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

30/01/15

Perché a politici e burocrati i soldi non bastano mai



Pinocchio-Book-Cup 

«Non abbiamo abbastanza risorse.» È facile imbattersi in grida d’allarme di questo tipo, sfogliando le pagine dei quotidiani. A lanciarli non sono imprenditori alla canna del gas o famiglie finite sulla soglia di povertà, bensí politici e burocrati. A lamentarsi di non avere abbastanza soldi da spendere sono, cioè, coloro che nel corso di decenni di finanza pubblica italiana hanno avuto la possibilità di scialacquare a piacimento. Eppure paiono non esser sazi. Ma com’è possibile che le amministrazioni e le aziende pubbliche fatichino tanto a far rendere il budget a loro disposizione? Com’è possibile che a politici e burocrati i soldi non bastino mai?
Per capire i cortocircuiti che s’innescano all’interno del settore pubblico, è utile partire da ciò che regola il funzionamento del settore privato. Israel Kirzner, forse il piú importante economista in materia di concorrenza e imprenditorialità, spiega in Market Theory and the Price System quali sono i tre problemi che ogni sistema economico deve risolvere. Kirzner imposta tutto il suo ragionamento sul coordinamento che deve intercorrere tra i vari attori sociali e che deve permettere l’individuazione (1) dei beni da produrre, (2) dei metodi di produzione, e (3) della ricompensa dovuta ai vari partecipanti per l’apporto dato alla produzione.

Partiamo dal primo. Ogni sistema economico deve sviluppare un sistema di priorità: deve decidere quali beni e servizi debbano essere prodotti e quali no. Le risorse sono, infatti, insufficienti per produrre tutto ciò che si vorrebbe, e questa scarsità comporta delle scelte. L’efficienza d’un sistema sta tutta nel modo in cui queste scelte vengono compiute. Piú le priorità dei produttori coincidono con le urgenze dei consumatori, piú il sistema è efficiente.
Nel settore privato, la scelta delle priorità è effettuata da imprenditori in cerca d’un profitto. Quando un imprenditore si trova di fronte a due beni, a parità di costo produrrà quello che potrà vendere al prezzo piú elevato. I prodotti che sono vendibili ai prezzi piú alti sono quelli per i quali i consumatori sono disposti al maggior sacrificio pecuniario. Il sistema è, dunque, incentrato sulla sovranità dei consumatori, poiché le loro azioni sul mercato si traducono in prezzi che forniscono indicazioni ai produttori sulle scelte da compiere. Il sistema è efficiente, poiché le urgenze si traducono in priorità, e finiscono col coincidere.
Nel settore pubblico, si pongono due problemi. Anzitutto è necessario stabilire se un ente pubblico sia in grado di stabilire su quale bene o servizio puntare. Tendenzialmente la risposta è negativa. Gli enti pubblici nascono con finalità diverse, e vivono secondo regole diverse, rispetto a un’impresa privata. Soprattutto, gli enti pubblici non hanno l’assillo vitale d’attuare la scelta imprenditoriale migliore per ottenere un profitto e poter andar avanti. Di fatto, l’attività nel settore pubblico è slegata dalle urgenze e dai bisogni dei cittadini. Il rischio di produrre beni e servizi non prioritari è alto.
Ma, anche ponendo che l’ente pubblico sia in grado di stabilire quale sia il miglior bene da produrre o il miglior servizio da offrire, ciò non significa che si concentrerà proprio su quel bene e sul quel servizio. L’obiettivo d’un burocrate è d’ampliare il piú possibile il proprio ufficio, mentre lo scopo d’un politico è assicurarsi la rielezione. Burocrati e politici tenderanno a scegliere di produrre i beni e servizi che permettono loro di raggiungere queste finalità, non quelli piú utili e necessari ai cittadini.

Punto numero due. Una volta deciso che un certo bene o servizio dev’essere prodotto, il passo successivo è decidere come produrlo. Spesso s’hanno, infatti, piú metodi di produzione tecnicamente possibili, per cui è necessaria anche in questo caso una scelta. Un sistema è efficiente se ciascuna risorsa è indirizzata verso la produzione di quel bene che garantisce il minore spreco e la maggior soddisfazione delle priorità.
Nel settore privato, l’imprenditore tende a usare il metodo di produzione piú economico, cioè quello che richiede il minor dispendio di risorse. I produttori basano i propri calcoli sui costi in relazione ai prezzi di mercato. Una risorsa verrà dunque impiegata nella produzione del bene o servizio che potrà essere venduto al prezzo piú alto e quindi garantire il profitto piú elevato. Questo sistema è efficiente perché tende a sprecare il meno possibile, ricercando sempre nuovi metodi piú economici e adattandosi alle preferenze mutevoli dei consumatori.
Nel settore pubblico, la faccenda è piú complessa. Nella scelta del metodo di produzione si ripresentano, infatti, i problemi sorti nell’individuazione delle priorità. L’ente pubblico fatica a determinare il metodo di produzione piú efficiente, perché si muove senza l’indicatore «profitto» che regola il comportamento dell’imprenditore. Non essendo costretti a fare utili per sopravvivere, gli operatori del settore pubblico non hanno alcun incentivo a evitare sprechi nell’uso delle risorse. Anzi, spesso hanno incentivi di segno opposto. Potendo trascurare l’eventuale presenza di sprechi e perdite, i burocrati tenderanno a preferire il metodo che garantisce loro piú «lavoro» a scapito di quello piú efficiente, cosí come i politici preferiranno il metodo che assicura maggior consenso.

Terzo passo. Una volta deciso che cosa produrre e come produrre, sorge il problema di ricompensare ciascun partecipante al sistema per il contributo dato. Dev’esser definito un sistema per il quale, se una persona partecipa alla produzione, riceverà una quota di quanto prodotto. Un sistema efficiente fornirà a ciascun partecipante una quota sufficiente e adeguata in relazione al contributo apportato.
Nel settore privato, i redditi reali ricevuti si basano sui prezzi di mercato delle varie risorse e sulla loro produttività. Otterrà la ricompensa maggiore chi riesce a produrre i beni che potranno essere venduti a un prezzo piú elevato e chi fornisce le risorse e i mezzi di produzione meno dispendiosi per realizzarli. Questo sistema è efficiente perché gratifica di piú chi permette la realizzazione delle priorità e il soddisfacimento delle urgenze dei consumatori.
Nel settore pubblico, gran parte di questo non vale. Per quanto riguarda i dipendenti, essi svolgono le proprie mansioni al di fuori dei meccanismi che regolano (o dovrebbero regolare) il mercato del lavoro nel settore privato. Dagli aspetti retributivi a quelli giuslavoristi, le anomalie sono cosí tante che quasi tutto sfugge alle regole sulla distribuzione della ricchezza illustrate da Kirzner. Ma il pesce puzza sempre dalla testa. Ed è proprio ai vertici degli organismi pubblici che s’annidano le maggiori storture. È un livello in cui quel che conta è spesso la capacità d’adattarsi al sistema e di garantirne la prosecuzione. Competenza e soddisfazione del consumatore svaniscono, senz’alcun incentivo a far sí che la situazione torni sulla retta via.
Il problema è tutto nella fonte delle risorse usate. Anche nel settore privato vengono commessi errori di continuo e ci sono persone che assumono decisioni errate. Ma in quel caso chi sbaglia lo fa coi propri soldi: avrà perciò tutto l’interesse a capire da dove provengano le inefficienze e a raddrizzare il tiro. Viceversa, l’ente pubblico non usa risorse proprie, ma attinge dai proventi della tassazione. Non deve conquistare i favori dei consumatori per restar in vita, perché può ottenere le risorse di cui necessita attraverso l’uso della forza legale. La ragione di quasi tutte le lacune d’efficienza degli organismi pubblici sta in un semplice concetto: il grado d’accortezza nello spendere soldi propri non è paragonabile al lassismo nello spendere soldi altrui.
Tutto ciò spiega perché le amministrazioni e le aziende pubbliche fatichino tanto a far rendere il budget a loro disposizione. Per quel che riguarda politici e burocrati, il discorso è ancor piú elementare. Piú soldi significano piú potere. Piú un politico ha la possibilità di spendere, piú è in grado di «comprare» fette d’elettorato attraverso la previsione di programmi pubblici all’apparenza ispirati dai migliori propositi. Piú un burocrate movimenta grandi quantità di denaro, piú afferma la propria rilevanza e la propria capacità d’influenzare l’operato della classe politica. Ed è per questo che entrambi continueranno a sbatter i piedi per terra come un bambino capriccioso, chiedendo di potere spendere sempre di piú.

di S. Scarfone - 29 gennaio 2015

fonte: http://thefielder.net

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