«Non abbiamo abbastanza risorse.»
È facile imbattersi in grida d’allarme di questo tipo, sfogliando le
pagine dei quotidiani. A lanciarli non sono imprenditori alla canna del
gas o famiglie finite sulla soglia di povertà, bensí politici e
burocrati. A lamentarsi di non avere abbastanza soldi da spendere sono,
cioè, coloro che nel corso di decenni di finanza pubblica italiana hanno
avuto la possibilità di scialacquare a piacimento. Eppure paiono non
esser sazi. Ma com’è possibile che le amministrazioni e le aziende
pubbliche fatichino tanto a far rendere il budget a loro disposizione? Com’è possibile che a politici e burocrati i soldi non bastino mai?
Per capire i cortocircuiti che
s’innescano all’interno del settore pubblico, è utile partire da ciò che
regola il funzionamento del settore privato. Israel Kirzner, forse il piú importante economista in materia di concorrenza e imprenditorialità, spiega in Market Theory and the Price System quali
sono i tre problemi che ogni sistema economico deve risolvere. Kirzner
imposta tutto il suo ragionamento sul coordinamento che deve
intercorrere tra i vari attori sociali e che deve permettere
l’individuazione (1) dei beni da produrre, (2) dei metodi di produzione, e (3) della ricompensa dovuta ai vari partecipanti per l’apporto dato alla produzione.
Partiamo dal primo. Ogni sistema economico deve sviluppare un sistema di priorità:
deve decidere quali beni e servizi debbano essere prodotti e quali no.
Le risorse sono, infatti, insufficienti per produrre tutto ciò che si
vorrebbe, e questa scarsità comporta delle scelte. L’efficienza d’un sistema sta tutta nel modo in cui queste scelte vengono compiute. Piú le priorità dei produttori coincidono con le urgenze dei consumatori, piú il sistema è efficiente.
Nel settore privato, la scelta delle priorità è effettuata da imprenditori in cerca d’un profitto.
Quando un imprenditore si trova di fronte a due beni, a parità di costo
produrrà quello che potrà vendere al prezzo piú elevato. I prodotti che
sono vendibili ai prezzi piú alti sono quelli per i quali i consumatori
sono disposti al maggior sacrificio pecuniario. Il sistema è, dunque,
incentrato sulla sovranità dei consumatori, poiché le loro azioni sul
mercato si traducono in prezzi che forniscono indicazioni ai produttori
sulle scelte da compiere. Il sistema è efficiente, poiché le urgenze si
traducono in priorità, e finiscono col coincidere.
Nel settore pubblico, si pongono due problemi.
Anzitutto è necessario stabilire se un ente pubblico sia in grado di
stabilire su quale bene o servizio puntare. Tendenzialmente la risposta è
negativa. Gli enti pubblici nascono con finalità diverse, e vivono
secondo regole diverse, rispetto a un’impresa privata. Soprattutto, gli
enti pubblici non hanno l’assillo vitale d’attuare la scelta
imprenditoriale migliore per ottenere un profitto e poter andar avanti.
Di fatto, l’attività nel settore pubblico è slegata dalle urgenze e dai
bisogni dei cittadini. Il rischio di produrre beni e servizi non prioritari è alto.
Ma, anche ponendo che l’ente pubblico
sia in grado di stabilire quale sia il miglior bene da produrre o il
miglior servizio da offrire, ciò non significa che si concentrerà
proprio su quel bene e sul quel servizio. L’obiettivo d’un burocrate è
d’ampliare il piú possibile il proprio ufficio, mentre lo scopo d’un
politico è assicurarsi la rielezione. Burocrati e politici tenderanno a
scegliere di produrre i beni e servizi che permettono loro di
raggiungere queste finalità, non quelli piú utili e necessari ai
cittadini.
Punto numero due. Una volta deciso che un certo bene o servizio dev’essere prodotto, il passo successivo è decidere come
produrlo. Spesso s’hanno, infatti, piú metodi di produzione
tecnicamente possibili, per cui è necessaria anche in questo caso una scelta.
Un sistema è efficiente se ciascuna risorsa è indirizzata verso la
produzione di quel bene che garantisce il minore spreco e la maggior
soddisfazione delle priorità.
Nel settore privato,
l’imprenditore tende a usare il metodo di produzione piú economico, cioè
quello che richiede il minor dispendio di risorse. I produttori basano i
propri calcoli sui costi in relazione ai prezzi di mercato. Una risorsa
verrà dunque impiegata nella produzione del bene o servizio che potrà
essere venduto al prezzo piú alto e quindi garantire il profitto piú
elevato. Questo sistema è efficiente perché tende a sprecare il meno
possibile, ricercando sempre nuovi metodi piú economici e adattandosi
alle preferenze mutevoli dei consumatori.
Nel settore pubblico,
la faccenda è piú complessa. Nella scelta del metodo di produzione si
ripresentano, infatti, i problemi sorti nell’individuazione delle
priorità. L’ente pubblico fatica a determinare il metodo di produzione
piú efficiente, perché si muove senza l’indicatore «profitto» che regola
il comportamento dell’imprenditore. Non essendo costretti a fare utili
per sopravvivere, gli operatori del settore pubblico non hanno alcun
incentivo a evitare sprechi nell’uso delle risorse. Anzi, spesso hanno
incentivi di segno opposto. Potendo trascurare l’eventuale presenza di
sprechi e perdite, i burocrati tenderanno a preferire il metodo che
garantisce loro piú «lavoro» a scapito di quello piú efficiente, cosí
come i politici preferiranno il metodo che assicura maggior consenso.
Terzo passo. Una volta
deciso che cosa produrre e come produrre, sorge il problema di
ricompensare ciascun partecipante al sistema per il contributo dato.
Dev’esser definito un sistema per il quale, se una persona partecipa
alla produzione, riceverà una quota di quanto prodotto. Un sistema
efficiente fornirà a ciascun partecipante una quota sufficiente e
adeguata in relazione al contributo apportato.
Nel settore privato, i
redditi reali ricevuti si basano sui prezzi di mercato delle varie
risorse e sulla loro produttività. Otterrà la ricompensa maggiore chi
riesce a produrre i beni che potranno essere venduti a un prezzo piú
elevato e chi fornisce le risorse e i mezzi di produzione meno
dispendiosi per realizzarli. Questo sistema è efficiente perché
gratifica di piú chi permette la realizzazione delle priorità e il
soddisfacimento delle urgenze dei consumatori.
Nel settore pubblico,
gran parte di questo non vale. Per quanto riguarda i dipendenti, essi
svolgono le proprie mansioni al di fuori dei meccanismi che regolano (o
dovrebbero regolare) il mercato del lavoro nel settore privato. Dagli
aspetti retributivi a quelli giuslavoristi, le anomalie sono cosí tante
che quasi tutto sfugge alle regole sulla distribuzione della ricchezza
illustrate da Kirzner. Ma il pesce puzza sempre dalla testa. Ed è
proprio ai vertici degli organismi pubblici che s’annidano le maggiori
storture. È un livello in cui quel che conta è spesso la capacità
d’adattarsi al sistema e di garantirne la prosecuzione. Competenza e
soddisfazione del consumatore svaniscono, senz’alcun incentivo a far sí
che la situazione torni sulla retta via.
Il problema è tutto nella fonte delle
risorse usate. Anche nel settore privato vengono commessi errori di
continuo e ci sono persone che assumono decisioni errate. Ma in quel
caso chi sbaglia lo fa coi propri soldi: avrà perciò tutto l’interesse a
capire da dove provengano le inefficienze e a raddrizzare il tiro.
Viceversa, l’ente pubblico non usa risorse proprie, ma attinge dai
proventi della tassazione. Non deve conquistare i
favori dei consumatori per restar in vita, perché può ottenere le
risorse di cui necessita attraverso l’uso della forza
legale. La ragione di quasi tutte le lacune d’efficienza degli organismi
pubblici sta in un semplice concetto: il grado d’accortezza nello spendere soldi propri non è paragonabile al lassismo nello spendere soldi altrui.
Tutto ciò spiega perché le amministrazioni e le aziende pubbliche fatichino tanto a far rendere il budget a loro disposizione. Per quel che riguarda politici e burocrati, il discorso è ancor piú elementare. Piú soldi significano piú potere.
Piú un politico ha la possibilità di spendere, piú è in grado di
«comprare» fette d’elettorato attraverso la previsione di programmi
pubblici all’apparenza ispirati dai migliori propositi. Piú un burocrate
movimenta grandi quantità di denaro, piú afferma la propria rilevanza e
la propria capacità d’influenzare l’operato della classe politica. Ed è
per questo che entrambi continueranno a sbatter i piedi per terra come
un bambino capriccioso, chiedendo di potere spendere sempre di piú.
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