Si parla molto di pensioni in questi giorni. Dopo gli annunci
estivi, in prossimità della scadenza referendaria su cui punta
tantissimo, il Governo sta infatti facendo i salti mortali per
trovare le risorse promesse e necessarie a recuperare un po’ di
consenso. E non è facile considerando la crescita più bassa del previsto
e le poche concessioni che arrivano dalla UE. A venirgli incontro ci
sono solo i sindacati compiacenti che sembrano pretendere ben poco,
contenti per lo più di essere tornati nella famosa "sala verde" della
concertazione.
Eppure sulle pensioni ci sarebbe parecchio da dar battaglia. La
famosa "bomba sociale" che rischia di esplodere e a cui il governo sta
provando a mettere una pezza non è nient'altro che il riflesso
dell'allungamento dell'età pensionabile dovuta alla riforma Fornero, dei
lavori precari e discontinui che spopolano nel mercato grazie alle
leggi degli ultimi 15 anni e dei salari da fame con cui ci sfruttano i
padroni. E allora l'idea che per andare in pensione a 63 anni e in
condizioni da fame dobbiamo pure indebitarci con le banche ha proprio i
tratti di un ricatto mafioso! Ce lo spiega Carmine Tomeo in questo
bell'articolo apparso su La Città Futura.
(Un altro interessante approfondimento lo si può trovare su Sbilanciamoci)
Ed ecco arrivata la “soluzione” del governo Renzi alla disgraziata
riforma Fornero sulle pensioni. Almeno a detta del presidente del
Consiglio, che pochi giorni prima dell’intesa del 28 settembre tra
governo e sindacati aveva affermato: "Ha avuto problemi grossi chi
voleva andare in pensione e per la Fornero non ha potuto. Per queste
persone faremo un anticipo della pensione che si chiama Ape".
L’acronimo sta per anticipo pensionistico. Si tratta della
possibilità di andare in pensione a 63 anni: 3 anni e 7 mesi prima della
pensione di vecchiaia. Sul piatto, il governo ha messo 6 miliardi di
euro in tre anni, che serviranno anche per la quattordicesima per le
pensioni minime, che si tradurrà, ha detto Renzi, in 80 euro al mese.
Certo, annunciata pochi giorni dopo aver fissato la data per il
referendum costituzionale, ricorda tanto le famose 80 euro in busta paga
annunciate prima delle elezioni europee.Fin qui tutto bene, ma solo in apparenza. La riforma Fornero
rimane lì dov’è e per gli esodati c’è solo una rassicurazione del
presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano che
l’ottava salvaguardia non salterà. Intanto alla riforma Fornero nessuno
sogna di metterci mano; anzi, conviene che resti lì alle banche, al
padronato ed al loro governo amico. Quello che nasconde l’Ape, dietro i
mirabolanti annunci di Renzi, è scritto nell’intesa tra governo e Cgil,
Cisl e Uil (che hanno mostrato solo poche, moderate e tra loro
differenti perplessità).
In sintesi, con l’Ape un lavoratore che vuole andare in pensione sarà
costretto ad accendere un mutuo da restituire a rate per vent'anni.
Ovviamente il prestito prevede la restituzione con interessi e la
stipulazione di un’assicurazione che, è stato calcolato, potrà valere
anche il 30% dell’Ape. In pratica, un lavoratore, per accedere ad un
diritto, alla meritata pensione dopo decenni di fatiche, è costretto ad
ingrossare i profitti di banche e assicurazioni.
La situazione è quindi questa: PD e centrodestra hanno votato la
riforma Fornero che ha aumentato l’età pensionabile, impedendo così ai
lavoratori di accedere ad un sacrosanto diritto. Ora, PD e centrodestra
costringono i lavoratori che per qualsiasi motivo (disoccupazione in età
da pensione, stanchezza dopo decenni di fatiche che costringono al
riposo) hanno bisogno di anticipare, rispetto alla riforma Fornero,
l’età pensionabile, è costretto a chiedere un prestito per avere una
pensione. Per ripagare il prestito, il pensionando dovrà rinunciare fino
al 25% dell'assegno pensionistico che probabilmente già non garantirà
un'esistenza dignitosa, peraltro ridotto per non aver versato gli ultimi
3 anni e 7 mesi di contributi e restituire, infine, una cifra che si
avvicina al doppio del prestito.
Questa operazione il governo Renzi la descrive come una generosa
soluzione ai problemi di accesso alla pensione che i governi di larghe
intese tra Pd e centrodestra hanno creato. E invece, per le modalità con
cui è stata congegnata, l’operazione ricorda tanto lo stile mafioso che
prima ti brucia l’auto e poi ti costringe a pagare il pizzo per avere
protezione.
Certo, nell’intesa si parla anche di Ape agevolata per categorie di
lavoratori maggiormente bisognosi (di cui, però, non si definisce alcun
criterio) interamente a carico dello Stato. Ma, poichè nell’intesa non
si accenna al recupero dell’evasione fiscale o ad una tassa sui grandi
redditi, è facile prevedere che l’Ape sarà finanziata con la fiscalità
generale: in pratica la pagheranno gli stessi lavoratori. E inoltre
rimane intatta la natura di questa manovra che si prefigura già in
maniera chiara come un grosso affare per banche, istituti finanziari e
aziende.
Infatti Boccia, il presidente di Confindustria, gongola e sottolinea
il «clima di leale confronto tra Governo e parti sociali» che «è una
grande valore per il Paese». E lo afferma a ragione, dal suo punto di
vista, dal momento che l’intesa prevede, per l’uscita anticipata del
lavoratore, che l’azienda versi all’Inps “una contribuzione correlata
alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di
lavoro” per liberarsi di lavoratori da sostituire con altri lavoratori
che però, grazie al Jobs act, saranno più precari, con meno diritti, più
ricattabili. Questo perché l’Ape potrà essere adottata dalle aziende,
non solo in caso di crisi (e già ne guadagnerebbero, sottraendosi, ad
esempio, alle trattative sugli incentivi all’uscita anticipata), ma
anche - si legge nel verbale dell’intesa - “per governare i processi di
turnover aziendali”.
L'aspetto generale del meccanismo, sta nel costringere i lavoratori
ad ingrossare i profitti di banche, assicurazioni e padronato, affinché
possano accedere alla pensione, cioè per vedersi restituire il proprio
salario differito. È un altro passo verso la privatizzazione dello stato
sociale, che i lavoratori hanno conquistato con le loro lotte, ma che
banche, istituti finanziari e aziende vedono come una fonte di profitto.
E non si fermeranno qui, come dimostrano le pretese padronali sui
nuovi contratti collettivi che tendono alla liquidazione della sanità
pubblica a favore di un fondo per la sanità integrativa.
La linea è chiara: al padronato si concede di mettere le mani ovunque
possano fare profitto, sulle spalle dei lavoratori costretti a subire
la legge Fornero sulle pensioni ed il Jobs act. Non si fermeranno da
soli, occorre costruire l'opposizione politica e sociale alla loro
arroganza.
di (sito) -
giovedì 6 ottobre 2016
fonte: http://www.agoravox.it
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