A leggere alcune notizie si resta sbigottiti. Ma tant’è,
oramai siamo costretti ad assistere ad un carnevalesco palleggio di
balle spaziali tra il Premier Matteo Renzi e l’opposizione numericamente
più consistente: il Movimento Cinque Stelle. Ma veniamo ai fatti.
È di questi giorni la sparata - perché di questo si tratta - del presidente del Consiglio su una presunta abolizione di Equitalia, data per “defunta” dallo stesso Renzi entro il 2018. A questa evidente presa di posizione stile specchietto per le allodole (e per i polli che lo votano) il giovane Luigi Di Maio, esponente grillino che molti danno in pole position quale candidato Premier nelle future elezioni politiche, ha risposto rivendicando la primogenitura di una così colossale sciocchezza. Secondo il membro più elegante del direttorio grillino, in 10 comuni amministrati dai pentastellati Equitalia sarebbe stata cacciata. Ma non basta. Di Maio ha esortato il Governo ad appoggiare una proposta già presentata dai suoi in Parlamento per l’immediata abolizione dell’odiato ente di riscossione. Ente il quale, ricordiamo, è una Società per azioni totalmente pubblica, partecipata al 51 per cento dall’Agenzia delle Entrate ed al 49 per cento dall’Inps. Dopodiché, seguendo il filo logico di questa ennesima partita di balle spaziali, che facciamo, aboliamo pure questi due ultimi carrozzoni pubblici? Oppure cambiamo semplicemente il nome stampato sulle targhe e sui tabelloni che segnalano le sedi di tutti gli uffici italiani di Equitalia? Non so, si potrebbe definirli “uffici per la riscossione felice dei tributi”, o altre amene definizioni in grado di rendere più leggere le imposte.
Ovviamente, come dovrebbe comprendere qualunque persona di buon senso, l’odiata Equitalia rappresenta semplicemente uno dei tanti frutti avvelenati di un sistema democratico che spende e tassa oltre ogni misura e che, pertanto, si trova perennemente nella necessità di esercitare un prelievo tributario allargato che oramai ha raggiunto uno stratosferico 55 per cento del Pil, se equiparato correttamente alla spesa pubblica effettiva. E se oggi ad esercitare l’impopolare ruolo di deterrente per una simile estorsione legalizzata vi è l’impopolare Equitalia, domani ci sarà un altro baraccone con le medesime prerogative, dato che né il renzismo declinante e né i tarantolati a Cinque Stelle hanno in animo di ridurre il perimetro di uno Stato tanto inefficiente quanto spendaccione.
Semmai, giudicando la politica di spese pazze fin qui messa in atto da Renzi e quella altrettanto dissennata che si propongono di realizzare i grillini, forse una sola Equitalia non basterà per convincere i sempre più recalcitranti contribuenti a finanziare le imprese di questi campioni delle balle spaziali. Possiamo pure cancellare nominalmente Equitalia, ma questi brillanti esponenti di un populismo da quattro soldi non riusciranno mai ad abolire l’intelligenza di chi è costretto a subire una tassazione fuori del mondo.
È di questi giorni la sparata - perché di questo si tratta - del presidente del Consiglio su una presunta abolizione di Equitalia, data per “defunta” dallo stesso Renzi entro il 2018. A questa evidente presa di posizione stile specchietto per le allodole (e per i polli che lo votano) il giovane Luigi Di Maio, esponente grillino che molti danno in pole position quale candidato Premier nelle future elezioni politiche, ha risposto rivendicando la primogenitura di una così colossale sciocchezza. Secondo il membro più elegante del direttorio grillino, in 10 comuni amministrati dai pentastellati Equitalia sarebbe stata cacciata. Ma non basta. Di Maio ha esortato il Governo ad appoggiare una proposta già presentata dai suoi in Parlamento per l’immediata abolizione dell’odiato ente di riscossione. Ente il quale, ricordiamo, è una Società per azioni totalmente pubblica, partecipata al 51 per cento dall’Agenzia delle Entrate ed al 49 per cento dall’Inps. Dopodiché, seguendo il filo logico di questa ennesima partita di balle spaziali, che facciamo, aboliamo pure questi due ultimi carrozzoni pubblici? Oppure cambiamo semplicemente il nome stampato sulle targhe e sui tabelloni che segnalano le sedi di tutti gli uffici italiani di Equitalia? Non so, si potrebbe definirli “uffici per la riscossione felice dei tributi”, o altre amene definizioni in grado di rendere più leggere le imposte.
Ovviamente, come dovrebbe comprendere qualunque persona di buon senso, l’odiata Equitalia rappresenta semplicemente uno dei tanti frutti avvelenati di un sistema democratico che spende e tassa oltre ogni misura e che, pertanto, si trova perennemente nella necessità di esercitare un prelievo tributario allargato che oramai ha raggiunto uno stratosferico 55 per cento del Pil, se equiparato correttamente alla spesa pubblica effettiva. E se oggi ad esercitare l’impopolare ruolo di deterrente per una simile estorsione legalizzata vi è l’impopolare Equitalia, domani ci sarà un altro baraccone con le medesime prerogative, dato che né il renzismo declinante e né i tarantolati a Cinque Stelle hanno in animo di ridurre il perimetro di uno Stato tanto inefficiente quanto spendaccione.
Semmai, giudicando la politica di spese pazze fin qui messa in atto da Renzi e quella altrettanto dissennata che si propongono di realizzare i grillini, forse una sola Equitalia non basterà per convincere i sempre più recalcitranti contribuenti a finanziare le imprese di questi campioni delle balle spaziali. Possiamo pure cancellare nominalmente Equitalia, ma questi brillanti esponenti di un populismo da quattro soldi non riusciranno mai ad abolire l’intelligenza di chi è costretto a subire una tassazione fuori del mondo.
di Claudio Romiti - 21 maggio 2016
fonte: http://www.opinione.it
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