- Erdogan, nel suo solito linguaggio suprematista, ha accusato le vittime del jihad e non i jihadisti.
- "Nuove tragedie saranno inevitabili," ha detto Erdogan "se il razzismo crescente in Europa e negli altri paesi non verrà fermato." Eppure, Erdogan ignora il razzismo, la xenofobia e i sentimenti jihadisti anti-occidentali che comandano sempre più i cuori e le menti dei suoi simili turchi.
- In che modo Erdogan dovrebbe combattere il terrorismo islamico, che è qualcosa che a suo dire non esiste? Una delle famose frasi pronunciate da Erdogan è "non esiste alcun terrorismo islamico". Ma egli pensa che, "proprio come il fascismo", il sionismo sia un crimine contro l'umanità.
- È davvero ridicolo che il mondo libero non riesca a capire che il suo alleato nella lotta ai jihadisti sia un altro jihadista.
Il
presidente turco (allora premier) Recep Tayyip Erdogan, a destra nella
foto, incontra i leader di Hamas Khaled Mashaal (al centro) e Ismail
Haniyeh, il 18 giugno 2013, ad Ankara, in Turchia. Una delle famose
frasi pronunciate da Erdogan è "non esiste alcun terrorismo islamico".
(Fonte dell'immagine: Ufficio stampa del primo ministro)
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Il razzismo è un male, non
c'è dubbio. Ma non può essere il motivo per il quale i jihadisti
uccidono gli "infedeli", compresi i loro correligionari musulmani, nelle
terre islamiche. Purtroppo, il mondo libero si sente costretto ad avere
come partner il paese sbagliato nella sua lotta contro il terrorismo
islamico.
L'ospite del
vertice di quest'anno del G20, che si è svolto subito dopo gli attacchi
terroristici di Parigi del 13 novembre, è stato il presidente turco
Recep Tayyip Erdogan. Quest'ultimo, nel suo solito linguaggio
suprematista, ha accusato le vittime del jihad e non i jihadisti. "Nuove
tragedie saranno inevitabili," ha detto Erdogan "se il razzismo
crescente in Europa e negli altri paesi non verrà fermato. Il razzismo,
insieme all'odio contro l'Islam, è il disastro più grande, la minaccia
maggiore".
Eppure, Erdogan ignora volentieri il crescente razzismo, la xenofobia
e i sentimenti jihadisti anti-occidentali che comandano sempre più i
cuori e le menti dei suoi simili turchi. Un rapido sguardo ad alcuni
eventi sportivi e al comportamento dei tifosi nelle ultime settimane è
sintomatico della mentalità e dei sentimenti turchi.
Il 13 ottobre, tre giorni dopo il duplice attacco suicida
ad Ankara, la capitale della Turchia, in cui sono rimasti uccisi più di
un centinaio di curdi e filo-curdi, membri della sinistra e laicisti
turchi, lo stadio di Konya, città al centro dell'Anatolia, ha ospitato
la partita Turchia-Islanda per la qualificazione agli Europei di calcio
del 2016. Prima del calcio di inizio, entrambe le squadre hanno
osservato un minuto di silenzio per protestare contro l'attentato
terroristico – un gesto tipico per ricordare le vittime. Purtroppo, il
minuto di silenzio è stato accompagnato da fischi e contestazioni,
perché a quanto pare i tifosi di Konya hanno protestato contro le
vittime e non contro i loro assassini jihadisti.
Chiunque pensi che il mondo intero è solidale con Parigi dovrebbe continuare a pensarlo. Centinaia di tifosi turchi hanno fischiato e inneggiato "Allahu Akbar"
(Allah è grande, in arabo) durante il minuto di silenzio per le vittime
di Parigi, prima della partita di calcio amichevole tra la Turchia e la
Grecia. Ancora una volta, i turchi si sono mostrati solidali con i
terroristi e non con le vittime "infedeli".
Più di recente, il 21 novembre, la polizia turca ha dovuto schierare
1.500 poliziotti in modo da evitare che i tifosi turchi facessero del
male alla nazionale israeliana di basket femminile. Millecinquecento
poliziotti a una partita di pallacanestro femminile! Nonostante ciò, i
tifosi turchi hanno lanciato oggetti contro le giocatrici israeliane
mentre queste cantavano l'inno nazionale d'Israele. I tifosi hanno
anche fischiato le giocatrici israeliane mentre altri applaudivano i
tifosi che hanno lanciato gli oggetti.
Com'era prevedibile, i tifosi turchi sventolavano bandiere
palestinesi. Alle giocatrici di basket israeliane è stato impedito di
allontanarsi dall'albergo che le ospitava, se non per gli allenamenti e
la partita.
Niente di tutto questo è sorprendente, anche se, almeno in teoria, la
Turchia è un paese candidato ad aderire all'Unione Europea. Un nuovo studio
condotto dal Pew Research Center ha rivelato che l'8 per cento dei
turchi è favorevole allo Stato islamico, più di quanto lo siano gli
abitanti dei Territori palestinesi, dove l'appoggio all'Isis è del 6 per
cento, e solo un punto percentuale inferiore rispetto a quello in
Pakistan. Il 19 per cento dei turchi "non sa" se essere favorevole o
meno allo Stato islamico – il che significa che il 27 per cento dei
turchi non ha espresso un'opinione contraria alla macchina di
morte jihadista. Questa percentuale corrisponde a 21 milioni di persone!
Dei paesi che hanno partecipato al sondaggio, il Libano ha espresso il
100 per cento di opinioni contrarie all'Isis e la Giordania il 94 per
cento. In Indonesia, il paese musulmano più popoloso al mondo, il 4 per
cento degli intervistati si è detto favorevole alla Stato islamico, la
metà rispetto alla Turchia.
Questa è la Turchia "neo-ottomana" di Erdogan e sempre più islamista.
Dopo gli attentati di Parigi, il sottoscritto ha letto tweet che
definivano le vittime come "carcasse animali"; che dicevano "ora gli
infedeli perderanno il loro sonno per paura", e altri che si
congratulavano con i terroristi "che inneggiavano 'Allah-u aqbar'".
È davvero ridicolo che il mondo libero non riesca a capire che il suo
alleato nella lotta ai jihadisti sia un altro jihadista. In che modo
Erdogan dovrebbe combattere il terrorismo islamico, che è qualcosa che a
suo dire non esiste? Una delle famose frasi pronunciate da Erdogan è
"non esiste alcun terrorismo islamico". Ma egli pensa che, "proprio come il fascismo", il sionismo sia un crimine contro l'umanità.
C'è un proverbio turco che forse potrebbe ben descrivere l'alleanza
del mondo libero con la Turchia di Erdogan contro il terrorismo
jihadista ed è: "Kuzuyu kurda emanet etmek" (Affidare le pecore al lupo!).
Burak Bekdil, vive ad Ankara ed è columnist del quotidiano Hürriyet Daily e membro del Middle East Forum.
di Burak Bekdil • 1 dicembre 2015
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