Il
loro rapporto con la politica, il giro di affari, le complicità, i
settori commerciali occupati, i nuovi accordi: torna il
“modello-Magliana”. Parlano Otello Lupacchini, magistrato e esperto di
criminalità organizzata politica e mafiosa, e Salvatore Calleri,
presidente della Fondazione Antonino Caponnetto.
Calabresi, napoletani, romeni, albanesi, cinesi e russi hanno scelto la Capitale e i suoi dintorni per costruire le basi di un'articolata rete. Obiettivo: il riciclaggio di denaro e non solo. Sono in totale 46 i clan che hanno messo le mani su Roma.
Mafie italiane e straniere che sembrano convivere senza troppi
conflitti. Anzi, collaborano, fanno affari insieme, soprattutto nel
campo della droga, delle armi, della prostituzione, gioco d'azzardo e
dei falsi. Gestiscono la vendita del cemento, la catena della
distribuzione dei prodotti ortofrutticoli, il settore della
ristorazione, lo smaltimento di rifiuti, i supermercati, il settore
turistico e le agenzie portuali.
«Sicuramente si sono formati dei “cartelli” - argomenta Lupacchini magistrato e esperto di criminalità organizzata - perché
questa è l'unica condizione di sopravvivenza senza che scoppino
“guerre”. D'altra parte, ogni tanto, qualcuno cade sul campo e gli
episodi per niente sporadici di così detti “regolamenti di conti” sono
il sintomo in equivoco della tendenza delle organizzazioni criminali, ad
acquisire, se necessario anche manu militari, e a mantenere il
controllo del territorio».
«A volte convivono e a volte no. A Roma – aggiunge Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto - sono
presenti tutti i più importanti clan italiani e come se non bastasse
anche ciò che rimane della Banda della Magliana. Senza contare la
presenza di gruppi stranieri».
Ormai nel Lazio infatti, dati alla mano, è provato l'insediamento stabile di famiglie criminali della Camorra, della 'Ndrangheta, dei Casamonica e della mafia. Roma sembra tornata ai tempi della “Banda della Magliana”.
Ed è dalla banda signora incontrastata di Roma tra la fine degli anni
'70 e l'inizio degli anni '90 che la camorra sembra prendere spunto
anche oggi per il suo operato (il “modello-Magliana”). I rapporti tra
la mafia e quella che può essere un'evoluzione della famosa Banda è
ancora vivo e vegeto: «Certe “professionalità” - ci dice Lupacchini- non
vanno mai disperse. Anzi, con il tempo, si affinano. Per cui personaggi
che in qualche modo siano riusciti a rimettersi in circolazione e in
gioco già appartenenti alla Banda della Magliana, personaggi, magari di
secondo piano all’epoca, che nel frattempo sono cresciuti indubbiamente,
li ritroviamo oggi».
Banda della Magliana ombelico del mondo (criminale).
«Negli ultimi mesi e anni sono stati scoperti ex membri della Banda ancora in attività, ma - chiarisce Calleri - è
poca cosa. Il problema è che potrebbe esserci qualche nuovo gruppo che
si trova ad emulare i vecchi. A Roma si sta sparando con troppa
facilità, per regolamenti di conti, per contenere piccoli gruppi in
ascesa. C'è da dire che comunque Roma non è Napoli, la situazione è
grave ma non è certamente quella che si ha nelle città ad alta densità
mafiosa».
Così,
come abbiamo detto, la Capitale dunque è al primo posto per
infiltrazioni mafiose (seguita da Milano e Bologna). Il territorio
laziale appare come una regione ideale per il reinvestimento dei
capitali illeciti. Il punto di raccordo tra Nord e Sud, un vero e
proprio laboratorio economico e politico delle cosche, rappresentate da
pericolosi esponenti della 'Ndrangheta, di CosaNostra e della Camorra.
«La situazione è semplicemente esplosiva – denuncia Lupacchini-, ormai
il territorio di Roma e del Lazio è diventato sede di ’ndrine
calabresi, cosche mafiose siciliane, clan camorristici, consorterie
mafiose russe, cinesi, slave, nigeriane, brasiliane, e di tutto un
variopinto mondo di bande gangsteristiche aggregatesi attorno a
personaggi già operativi, magari con mansioni all’epoca ancillari, in
vecchi sodalizi, che prosperano e fanno affari di ogni tipo e di ogni
genere, anche con uso di violenza esemplare».
Calleri condivide: «La
situazione a Roma e provincia non è buona. Roma può essere definita
anche come“capitale delle mafie” e questo perché convivono mafie
italiane e straniere. Tra l'altro gli omicidi di questi ultimi due anni
dimostrano che quella della Capitale non è una situazione da
sottovalutare, e per fortuna non viene sottovalutata. Sono
particolarmente preoccupato anche per il basso Lazio, una zona che desta
parecchio allarme. Ma non è da meno anche quella dell'alto Lazio, come
la zona del viterbese. A questo proposito la Fondazione Caponnetto sta
organizzando un Osservatorio nel medio-Tirreno ossia nella zona che va
da Massa Carrara a Roma che verrà poi collegato con l'Omcom
(“Osservatorio mediterraneo criminalità organizzata e mafia”)».
Ma perché Roma ha tutto questo appeal?
«Perché – secondo Lupacchini - anni
e anni di sottovalutazione del fenomeno d’infiltrazione ha consentito
stanziamenti che, se contrastati già 30/40 anni fa, probabilmente non si
sarebbero verificati. A ciò si aggiunga che Roma è pur sempre la
capitale d'Italia ed è qui che si trova il motore degli affari, in cui
le mafie affondano i loro artigli. Senza contare che ci si trova al
confine con la Campania, il che consente la risalita dei Casalesi nel
Lazio, da sotto il Garigliano. In più i grossi mercati criminali, come
quello della droga, sono favoriti dall'alta concentrazione di
popolazione a Roma. Se mettiamo insieme tutti questi fattori è normale
che ne venga fuori una miscela esplosiva».
Per Calleri il motivo è strategico, geografico e geopolitico: «Ovviamente perché è la capitale d'Italia. Roma è il centro del potere ed è normale che si concentrino qui i vari clan».
ROMA CAPITALE DELLA DROGA. Da
sottolineare è anche l'aumento dello spaccio di droga. Anche in questo
caso il Lazio figura come la prima regione italiana per sequestro di
stupefacenti (6.000 chili) e la seconda per operazioni antidroga
(2.862). Non è un caso che dieci giorni fa è stata sgominata
(con 23 arresti) una delle tante organizzazioni calabresi che gestivano
lo spaccio di cocaina per conto della famiglia Romagnoli a sua volta
collegata alla cosca ‘ndranghetista dei Gallace di Guardavalle, della
provincia di Catanzaro. Un maxisequestro di 150 chili di cocaina
nell'aeroporto di Fiumicino e poi di altri 35 chili provenienti dalla
capitale del Venezuela.
L'organizzazione
aveva il monopolio dello spaccio nelle zone
di Casilino-TorreMaura, SanBasilio, Prenestino, Magliana-Portuense, Acilia e Velletri,
ma l'attività degli spacciatori si estendeva sempre di più, e arrivava
anche al litorale laziale, dove il gruppo aveva ramificazioni e basi
logistiche.
Ecco come i clan si sono suddivisi il territorio e soprattutto quali sono le attività svolte:
I CASALESI. Le
famiglie camorristiche dei Casalesi si sono insediate in vaste aree
della provincia di Latina e nelle aree più ricche della provincia
di Frosinone. E
anche Morlupo, CampagnanodiRoma, CastelnuovodiPorto, RignanoFlaminio. Un
vero e proprio controllo di segmenti del territorio che assegna al
Lazio il titolo poco regale di regione con la maggiore concentrazione di
infiltrazioni mafiose con 50comuni su 378. Dati che sottolineano come
il territorio laziale sia un terreno particolarmente interessante ed
alquanto coltivabile dal punto di vista mafioso.
I CASAMONICA. Ai Casamonica vanno
i Castelli romani, Ostia e soprattutto i litorali laziali con
insediamenti anche nella periferia sud-est
della Capitale (Romanina, Anagnina, PortaFurba e Tuscolano). Alleati con
la 'Ndrangheta e prima con la BandadellaMagliana, i Casamonica prendono
origine da famiglie di sinti e rom stanziali prima in Abruzzo,
poi Pescara e ed in fine a Roma, dove sono giunti negli anni Settanta.
Nel
corso degli anni le famiglie “fondatrici” dell'organizzazione
criminale, Casamonica appunto e Di Silvio, si sono imparentate con
famiglie romane creando dinastie italo-rom come i Cena, i De Rosa,
i Di Guglielmo, i De Rocca, i Laudicino e gli Spinelli. Ma di cosa si
occupano i Casamonica? Gestiscono settori commerciali ed economici,
aziende edilizie e immobiliari, ristoranti e stabilimenti balneari,
senza tralasciare il traffico di stupefacenti in tutta Europa.
I Casamonica hanno anche grande influenza sulle elezioni comunali nel
Lazio e sulla politica regionale, non a caso recentemente si è parlato
di politici indagati per questo motivo.
LA 'NDRANGHETA A ROMA. Forte
è anche l'influenza della malavita calabrese che a Roma gestisce
sopratutto gli investimenti immobiliari, alberghieri, la ristorazione e
il commercio di autoveicoli e di preziosi. Anche qui è importantissimo
il traffico di sostanze stupefacenti con l'aggiunta del gioco d'azzardo.
Come
detto Roma rappresenta il collegamento perfetto tra Nord e Sud, ed è
per questo motivo che la 'Ndrangheta ha scelto la Capitale come nuova
colonia. Per le 'ndrine sono infatti molto importanti i collegamenti con
il nord Italia e soprattutto il nord Europa, dove il mercato è in
aumento. L'influenza della 'Ndrangheta riguarda soprattutto i comuni
collegati a livello portuale come Nettuno e Anzio per facilitare il
traffico.
MALAVITA SICILIANA A ROMA. CosaNostra è
“famosa” per i vari tipi di traffico che controlla: traffico di droga,
armi, rifiuti. E poi usura, estorsione, riciclaggio di denaro, gestione
del gioco d'azzardo, infiltrazioni negli appalti e anche traffico di
opere d'arte. A Roma CosaNostra è un'altra “potenza” che gestisce
importanti affari. Le famiglie degli Accardo insieme al gruppo Triassi e
con l'aiuto della cosca agrigentina dei Picarella gestiscono numerosi
esercizi di ristorazione, di spiagge di Ostia e soprattutto il
narcotraffico.
L'alleanza
tra CosaNostra e la 'Ndrangheta (a loro volta alleata con i Casamonica)
dà alle cosche un potere immane, difficile da controllare e
contrastare, sopratutto perché questo tipo di organizzazioni hanno forti
collegamenti con la malavita americana e sudamericana allargando così
gli orizzonti di un traffico che non ha quasi più confini. Se pensiamo
poi che queste sono solo tre delle organizzazioni criminali che tengono
in pugno la Capitale è facile capire quando la situazione tenda ad
essere critica.
MAFIE STRANIERE. La
situazione in realtà è molto più grave di come sembra, perché molte di
queste mafie (come quella russa e quella cinese) sono in continua
crescita e si trovano ad acquistare sempre più potere “grazie” anche
alla collaborazioni delle già affermate mafie italiane.
«Ritengo
che le varie mafie, e poco importa da dove siano arrivate, abbiano
trovato il modo di coesistere senza danneggiarsi, sia ad alto livello
che ai livelli bassi. È – continua Lupacchini- una realtà
che le mafie tradizionali e quelle più importanti appaltano i lavori
sporchi e, comunque, più pericolosi, a quelle in cerca di affermazione».
«Bisogna tener conto la situazione dei cinesi che al momento -spiega Calleri- sono
i più potenti tra le mafie estere. E tutto questo emerge dalle varie
relazioni della Dia e della commissione parlamentare antimafia».
MAFIE E POLITICA. Le infiltrazioni
mafiose non sono solo sul territorio, attualmente in Senato ci
sono 39 indagati, alla Camera 82. Ventuno parlamentari sono già stati
condannati in maniera definitiva, chi per corruzione, chi per truffa,
chi per concussione. Non solo: falso in bilancio, abuso di ufficio,
finanziamenti illeciti e associazione a delinquere.
Un
controsenso se pensiamo che sono proprio i politici a dover essere i
primi a cercare di combattere questi reati. Come da precise
indiscrezioni degli inquirenti i Casamonica hanno grande influenza sulla
politica capitolina e corrompono una buona parte dei candidati
regionali, molti dei quali negli anni passati sono stati prima eletti e
poi condannati.
Il problema comunque ha uno sviluppo più a livello nazionale che prettamente regionale e soprattutto del Lazio.
Comunque il rapporto tra politica e criminalità organizzata non è nuovo (per i nomi consultare l'articolo sul blog di Beppe Grillo http://www.beppegrillo.it/immagini/immagini/Se_li_conosci_li_eviti.pdf).
«Non dispongo di dati inconfutabili sul rapporto odierno mafie-politica. Certo, però, – ammette Lupacchini- che
i segnali sono allarmanti: il Parlamento attuale non mi sembra abbia
istituito ancora una commissione antimafia, né so se l’istituzione di
questa sia una “priorità”. In ogni caso, il dato non è insignificante.
Ampia è, peraltro, la letteratura in materia d’interazione
mafia-politica-economia: i mafiosi attuali sono businessman di un
livello tale che potrebbero tranquillamente in modo mascherato e occulto
entrare in qualsiasi contesto economico e politico».
«La mafia quando è raffinata ha sempre bisogno della politica, - è l'idea di Calleri- la
mafia raffinata si relaziona e si relazionerà sempre con la politica.
Perché come diceva il presidente del Senato Pietro Grasso: “C’è un
rapporto come quello che esiste tra i pesci e l’acqua, l’uno non può
fare a meno dell’altro”».
SOLDI E CRIMINALITÀ. Per
quanto riguarda Roma è enorme il “contributo” dalle mafie (in
particolare dalla 'Ndrangheta) negli investimenti per migliorare la
Capitale. Si è visto soprattutto con costruzione della metro C e che ha
coinvolto anche l'ex presidente di Eurspa Mancini, il fedelissimo
di Alemanno, plenipotenziario per i Trasporti. Non a caso negli ultimi
anni la Prefettura di Roma ha risposto a 5.265 richieste di informative
antimafia sulla metro C; 12 sono stati gli interventi per bloccare gli
appalti e 11 le informative atipiche su aziende vicine ad ambienti
criminali. Un’attività intensa che non è bastata a fermare le
infiltrazioni.
Dunque,
le mafie a Roma e dintorni hanno sempre più potere. Le lotte sembrano
deboli e poco convincenti, questo permette alle mafie di prendere sempre
più piede nella città eterna e ai suoi artefici di sentirsi sempre più
invincibili. Le alleanze tra clan rendono tutto ancora più complicato
perché ognuno prende forza dall'altro senza lasciare a chi di dovere la
possibilità di trovare i punti deboli utili per la loro eliminazione.
Per di più l'afflusso di mafie internazionali complica ulteriormente la
situazione. Sono mafie nuove, in via di sviluppo e di cui si conosce
poco. Arma in più per chi vuole muoversi all'interno delle mura
cittadine senza essere scoperti. Arma in più che bisogna imparare a
contrastare.
Ma la repressione non è così debole come sembra, anzi. «Non bisogna lasciarsi trarre in inganno dal fatto che la repressione appaia piuttosto tiepida, – assicura Lupacchini - non
va commesso l'errore di misurare il livello di rischio, con riguardo al
livello deficitario del contrasto giudiziario e poliziesco spiegato in
concreto».
Bisogna trovare la criptonite di
questo male che ammorba il nostro paese (e ampiamente la Capitale) da
troppo tempo e ad oggi governa il nostro paese più di quanto non
sembrano fare la politica e l'economia. Sarà che sono proprio le mafie a
gestirle.
15 aprile 2015, Micaela Del Monte
fonte: http://www.intelligonews.it
Nessun commento:
Posta un commento