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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

18/10/15

VICENDA MARO' - INDIA, 13 luglio 2015: " Gli scheletri negli armadi nell’odissea dei 2 fucilieri di Marina "

Le responsabilità etiche e civiche degli attori della vicenda: dall’ingresso della Lexie nelle acque territoriali indiane al rientro dei 2 Fcm nel marzo 2013, dopo il permesso pasquale. Che fare ora?

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Pian piano, ma con la forza di uno tsunami, vengono alla luce documenti illuminanti e sconvolgenti sulla vicenda che ha coinvolto da oltre tre anni i due nostri Fucilieri del San Marco, i sottufficiali Latorre e Girone, in quella odissea iniziata il 15 Febbraio 2012, quando erano imbarcati sulla nave E. Lexie per proteggerne l’equipaggio da attacchi dei pirati. Nell’analisi che segue, saranno richiamati alcuni aspetti salienti per evitare che si perdano nella nostra “memoria corta”; non saranno tralasciate verità note, anche se amare e sgradevoli, ben lontani dai soliti panegirici, e cercando di mettere insieme dei quadri d’insieme chiari e intelligibili, non fuorviati da personalizzazioni, ma neppure lasciati scolorire dal tempo trascorso: anche perché i 2 FCM non sono ancora “usciti” da questo fosco quadro che ha pennellate talvolta incredibili e angosciose, nell’ambito di una tremenda serie di esperienze che dura da oltre tre anni di detenzione.
Non tutto quello scritto in proposito è risultato poi corretto dal punto di vista fattuale e anche storico; in alcuni casi sono emerse opinioni fortemente partigiane, viziate ideologicamente, stupidamente giustizialiste, con conseguenti pre-giudizi che, invece, non possono essere accettati, se non con notevoli riserve. Col passar del tempo si potrà conseguire un affinamento dei primitivi, e talvolta falsati, apprezzamenti, per disporre, alla fine, dell’autentica verità storica anche sulle decisioni importanti prese dai responsabili tecnici e politici, nei vari momenti topici di quell’odissea. Ciò richiede pertanto un’attenta rilettura di una delicata pagina di storia italica imperniata sui Fucilieri, con un’obiettiva meditazione sull’intera vicenda, sullo scenario internazionale, sul diritto delle genti, ma soprattutto sui comportamenti e sull’etica della responsabilità, più di quella della convinzione, di quei personaggi che hanno avuto un ruolo decisivo nella vicenda, attraverso il setaccio di una approfondita analisi professionale e morale. Dicendo, che piaccia o meno, “pane al pane e vino al vino” senza schieramenti preconcetti e con la massima possibile trasparenza intellettuale, avendo a mente prima di tutto un approccio giuridico liberale e garantista, senza mai ergersi a giudici, tantomeno giustizionalisti, che -in qualche caso- hanno sputato sentenze definitive di condanna, ancor prima del processo.
Scorrendo il film dell’odissea, la storia inizia come ben noto, con il “presunto incontro” della nave Lexie con un peschereccio indiano, il Saint Anthony che, incrociando in un’area infestata da pirati, dirige in rotta di collisione, a puntare contro il mercantile italiano, senza mai alterare la rotta nonostante gli allertamenti ottici e audio, e perfino dopo alcuni colpi sparati in acqua. Presunto e tutto da dimostrare; infatti non torna nulla – né le posizioni relative dei punti nave-peschereccio, né l’orario dell’accadimento. Dalla disamina dei documenti e dalle testimonianze di chi era a bordo, ma anche dalle ammissioni a caldo dello stesso padrone del St. Anthony, gli orari e le posizioni non tornano. Infatti, la Lexie, in precedenza, ben 5 ore prima rispetto all’orario del sinistro, era stata oggetto di incursione di un peschereccio sospetto di pirateria, caratterizzato da colori diversi dello scafo e della tattica seguita per l’avvicinamento rispetto a quelli del predetto St.  Anthony; tale evento risulta segnalato dalla nave al Comando della Squadra Navale, con un breve rapporto che – da successive indagini – risulta inviato dal Comandante della Nave alle 19,00 con un GDO (gruppo data orario) che dimostra come sussisteva tale precedente “encounter” avvenuto alle 16 e 30 del giorno stesso, e non torna con quello incriminato delle 21 e 30 circa. Dall’analisi dei documenti emerge tale fatto, così come che, nel sinistro presunto successivamente occorso alle 21 e 30, le posizioni cristallizzate a quel tempo vedono la Lexie a circa 20 miglia nautiche dal porto di Kochi, ben distante -oltre 25 miglia- dal Saint Anthony, mentre c’erano unità mercantili limitrofe (la Olympic Flair, greca, ecc) vicino a circa 2 miglia. Dal presunto sinistro risulta che due dei pescatori imbarcati sul predetto St. Anthony siano deceduti, colpiti da arma da fuoco il cui calibro non torna, assolutamente, con quello in dotazione ai FCM del San Marco. Quindi sotto il profilo tecnico e ambientale risulterebbe che i 2 FCM siano del tutto estranei al sinistro che gli viene imputato dalle autorità indiane; resta impregiudicato il fatto che, comunque la si rigiri, l’Enrica Lexie -ammesso e non concesso che sia stata coinvolta nel sinistro- si trovava anche alle 21 e 30 indiscutibilmente in acque internazionali, ben al di fuori di quelle territoriali indiane, in cui vige sull’unità navale in navigazione -per qualunque inconveniente o incidente- il diritto dello Stato di bandiera, cioè italiano fino a prova contraria. Ergo, la nave Lexie ed il team degli FCM imbarcati sono del tutto estranei al sinistro, successivamente attribuito loro; le autorità indiane, dopo, con una spregevole menzogna e con l’inganno li invitavano ad entrare in porto a Kochi per il riconoscimento di una barca di presunti pirati: gli indiani si sono comportati da farabutti e gli italiani, pur consci della propria innocenza, da ingenui dilettanti. Ma allora com’è potuto accadere che la nave italiana sia entrata nelle acque territoriali indiane, svestendosi da ogni tutela del diritto internazionale? Come noto il team del San Marco imbarcato era alle dirette dipendenze del Comando della Squadra Navale (CINCNAV) cui riferiva degli eventi salienti occorsi con telegrammi o mail ad elevata priorità su eventuali occasioni di incontro con pirati o sospetti tali –come nel caso dell’evento delle 16 e 30 inviato alle 19,00 dal Comandante, quando il sinistro in parola era di là a venire, per richiedere eventuali autorizzazioni a specifici comportamenti seppure già regolati dalle esistenti ROE della missione. Il Comandante della Nave, invece, manteneva la dipendenza operativa dal suo armatore quale datore di lavoro e, indirettamente, dal Minitrasporti, per quanto attiene alla condotta della navigazione e alla sicurezza del bastimento affidatogli in comando. La responsabilità di autorizzare la nave ad aderire alla farisea richiesta indiana è stata rimbalzata a destra e manca, adducendo innanzitutto a una scarsa chiarezza del decreto d’imbarco dei team del San Marco per tali missioni, mentre in realtà sia la linea di comando Difesa nella sua interezza che l’armatoria/ Minitrasporti hanno posto in atto una decisione “buonista e di convenienza” che è risultata –che piaccia o meno- la causa primaria dell’innesco di tutta questa nefanda vicenda. Come giustamente sostiene il Ministro Terzi, pro-tempore degli Esteri, la Farnesina fu avvisata del sinistro e dell’eventualità di aderire alla richiesta indiana di entrare a Kochi, soltanto 5 ore più tardi per un parere, allorquando la Lexie era già stata autorizzata dai predetti ad entrare, ed era entrata: la risposta immediata e documentata di Terzi, ma purtroppo tardiva, vietava in ogni modo l’ingresso, in quanto l’ABC della diplomazia prescrive che allorquando capiti un qualunque evento in acque o territori internazionali, le bocce si fermano e si deve restare comunque fuori, senza mai entrare nel territorio della Nazione limitrofa, pena la perdita di ogni facoltà e privilegio connessi con il diritto internazionale. Un errore madornale, la cui paternità è stata rimbalzata fra il comparto Difesa e quello armatoriale, con delle accese e antipatiche note anche sul piano mediatico dell’epoca, e solo parzialmente giustificato giacché -si diceva- “ nulla da temere, entrando a Kochi, perché non avevano commesso alcun misfatto”. Peccato che non sia stata allertata per tempo l’unità di crisi della Farnesina, e lasciata la gestione alla Difesa-Trasporti che hanno combinato la frittata, accusandosi reciprocamente della responsabilità finale: per dirla tutta, CINCNAV, il COI e gli Alti Vertici Difesa se non hanno dato una luce verde, non hanno neppure posto un veto all’ingresso della nave, e in assenza di contrordini l’armatore, per questioni d’interesse commerciale, ha condiviso l’approccio glissatorio della Difesa.
Le responsabilità sono ovvie e qualcuno, alla fine, dovrà essere chiamato a risponderne, visto il patatrac combinato, seppure con le attenuanti del caso; invece di una seria inchiesta governativa che dirimesse i dubbi e facesse chiarezza sulle specifiche responsabilità, sembra che al solito finisca tutto “a tarallucci e vino”: nella melassa nessuno -più in alto- ha preso la decisione di chiarire chi ha sbagliato e in tale melma nuotano così colpevoli e innocenti, attori e comparse, senza distinguo. In compenso, come giustamente rileva uno dei pochi giornalisti degni di quel nome, Tony Capuozzo che ha seguito in modo puntuale ed appassionato la vicenda, a prescindere dalle responsabilità ancora formalmente non acclarate, alcuni alti gradi hanno “fatto carriera” e, come quasi sempre capita nel nostro Paese, nonostante tutto, sono stati distribuiti “premi e cotillon” ai partecipanti, anche con nomine successive di assoluto rilievo! Mah!
Con un volo d’uccello di oltre un anno dall’evento, dimenticandosi per un attimo dei reiterati voltagabbana, prese di posizione e sgarbi indiani, e degli sgradevoli slittamenti del processo da parte della loro Corte Suprema, ma rammentando che nel periodo la giurisdizione era stata trasferita dal Kerala a New Delhi e passata la mano alla NIA (sorta di nostra DIGOS che tratta casi di terrorismo…) per rifare le indagini e ricostruire gli eventi, la nostra diplomazia era riuscita ad ottenere un permesso per i 2 FCM , in occasione della Pasqua 2013, motivato dalla necessità di votare ( ? ) in Italia (cosa ovviamente non necessaria, in quanto il personale all’estero poteva legittimamente votare in Ambasciata…). Lo scopo era quello, architettato dalla nostra diplomazia e confermato da Terzi, di farli giungere in Italia in qualche modo, e poi trattenerli usando i legittimi strumenti giuridici esistenti; ciò, pur a fronte di una sorta di promessa del rientro, avendo firmato un “affidavit” che tuttavia non poteva infrangere il nostro dettato Costituzionale, né i diritti fondamentali dell’uomo. Una volta in Patria, i 2 FCM sarebbero stati “presi in forza” dalle nostre Procure e giudicati in Italia secondo il diritto internazionale, senza farli quindi rientrare in India, ma bloccandoli doverosamente da parte della nostra magistratura per le indagini e le incombenze del caso. Al loro arrivo a Roma, tutte le voci governative dei “tecnici” dell’ineffabile Monti, suonavano all’unisono e tuonavano, anche formalmente, che i 2 FCM non sarebbero rientrati in India, avendo pieno titolo, l’Italia, ad esercitare le norme del diritto internazionale e, in aggiunta, quelle sacrosante dell’immunità funzionale di cui sono destinatari tutti i soldati al mondo inviati istituzionalmente ad operare in suolo straniero o internazionale: sembrava l’alba di una ritrovata sovranità nazionale e della dignità. Quelle voci roboanti, quasi elettoralistiche, hanno urlato all’unisono fino alla vigilia del previsto rientro; nottetempo, fra il 22 ed il 23 marzo, la decisione -inattesa ed incredibile- di farli rientrare, è stato un fulmine a ciel sereno, devastante : tranquilli italiani; i 2 FCM sono rientrati “spontaneamente” tenendo fede alla “parola data” e, da parte indiana “ abbiamo avuto assicurazione che non sarà applicata la pena di morte, prevista in India, e loro rientreranno presto in Italia!” Quante menzogne imbastite per giustificare tale decisione e quanto “asincronismo” nella nostra magistratura!
Ricorderete che ci fu un po’ di ruzza nelle file del governo, col silenzio consenziente dei più alti colli, e con accuse malevoli nei confronti del Ministro Terzi, ancora ministro degli Esteri, che rassegnò seduta stante le dimissioni di fronte ad una situazione così indecorosa ed incoerente, mentre i tecnici Passera, Riccardi e Di Paola, per motivazioni e interessi personali e di bottega diversi, furono i sostenitori farisei -se non gli artefici del cambiamento- della mutata linea Monti. Le opinioni correnti che la nostra stampa prezzolata, ora, ci forniva si erano ri-orientate “all’onore sacro di mantenere la parola data con gli indiani”, che avevamo firmato col sangue una specifica carta per il loro rientro, stante comunque “l’assicurazione che non verrà applicata la pena capitale” e ancora “che presto, dicono gli indiani, ritorneranno in Patria”.
Và anche ricordato che nel periodo immediatamente precedente la decisione, non sono mancate le rimostranze indiane, con pressioni di ogni genere e con vere e proprie rappresaglie sia nei confronti del locale Ambasciatore a cui venne ristretta la libertà di movimento, sia da parte di quella “signora piemontese, la Sonia Ghandi” la quale ci ricordava che con l’India non si scherza e che dovevamo riconsegnare i 2 FCM al più presto, altrimenti…! Presi evidentemente da strizzoni non tanto morali, quanto connessi alla paura di perdere i vari business con l’India (che poi abbiamo perso, rientrando con le pive nel sacco su tutti i fronti…) e per altre ragioni ancora oscure, l’Italia si genufletteva al volere indiano e rigettava a mare per la seconda volta, questa volta in modo più ragionato e del tutto vergognoso, i due poveri militari. Beninteso, oggi si scopre che non era questa la loro volontà, e il loro rientro è stato “spintaneo più che spontaneo” anche se qualcuno ha voluto farci credere il contrario; voglio vedere chi, da sempre dichiaratosi innocente e comunque avendo obbedito a ordini istituzionali del proprio Paese, va volentieri verso il patibolo! Anche se va ripetuto che i 2 Fucilieri hanno sempre dimostrato una dedizione ed un senso del dovere altissimo, fuori della norma. Solo degli imbonitori falsi che mentono sapendo di mentire, possono tentare di far credere certe panzanate a degli ignari e sprovveduti cittadini, cercando pure il consenso mediatico di una stampa allineata e coperta. Alcuni ingenui, anche in buona fede, avevano sostenuto la bontà finale della scelta governativa, soprattutto per aver rispettato la parola “data”; allocchi, fuorviati o prezzolati?
Ma, di là delle categorie di appartenenza e di credenza, avrebbe dovuto prevalere un concetto machiavellico; chi è tenuto a rispettare la parola data con dei mentitori, dei gaglioffi o peggio, dei pirati, che oltre a non rispettare norme del diritto internazionale che loro stessi avevano sottoscritto, detenevano illegittimamente 2 nostri figli che operavano soprattutto nell’interesse indiano, visto che combattevano la pirateria lungo le loro coste?
Sta di fatto che le opinioni, vista l’ermeticità delle informazioni e la devianza della realtà, si dividevano in buona misura fra favorevoli e contrari al rientro; per fortuna il tempo è galantuomo, mentre è ormai assodato che “le bugie hanno le gambe corte” ed il rischio che “ il diavolo faccia le pentole senza i coperchi” esiste davvero: bisogna solo aver pazienza che il vaso di Pandora si apra. Già le dichiarazioni dell’ex ministro Terzi, con dati alla mano avendo vissuto gli eventi di quel Caporetto in prima persona, ci avevano illuminato su come erano andate a finire le cose, mentre erano state pre-pianificate e tessute con grande diplomazia, in modo esattamente contrario. Da tempo è emerso che i 2 FCM sono stati fatti rientrare sotto la forte spinta dell’allora ministro Passera, convincendo anche Monti che la sorte di 2 poveri militari non valeva certo il business con gli indiani; ciò con l’avvallo di Di Paola, che in quanto Ministro della Difesa, era l’unico che poteva ordinare gerarchicamente ai 2 fucilieri di restare o partire, seguito da Riccardi che, curando la cooperazione “clericale”, aveva interesse a non creare dissidi con gli indiani.
Dal vaso di Pandora è fuoriuscito in questi giorni un documento “bomba” dell’allora ministro della Giustizia Severino, in cui si diffidava il governo di restituire i 2 FCM in quanto ciò era contrario alla nostra Costituzione, contro quella Europea e quella dei Diritti dell’uomo, la CEDU firmata a Roma oltre mezzo secolo fa. E che, comunque, estradare i nostri 2 FCM verso un Paese in cui vigeva e vige tuttora la pena capitale, non doveva aver luogo per nessuna ragione; tant’è: il governo li ha restituiti, fregandosene del parere formale del nostro Guardasigilli.
Se prima le opinioni potevano divergere, ora, con la “dischiusura” di tale documento non ci sono più dubbi : loro, i ministri, hanno agito in modo illegale e contro la Costituzione, per cui devono pagarne le conseguenze chiarendo ogni aspetto con una autentica Commissione di Inchiesta che faccia chiarezza su queste nefandezze. Chissà quali altri scheletri sono custoditi in segreto e che altro uscirà fuori da quel vaso prima dell’epilogo di questa odissea!
Un altro anno abbondante, anzi due, sono trascorsi da quella data infausta, con tante promesse di riportarli a casa; ogni nuovo Miniesteri che s’insedia promette loro libertà e gli fa una telefonata di prammatica, ma il tempo corre e nel frattempo uno, Latorre, è stato colpito da ictus ed ora è degente in Italia, mentre Girone -a cui sono stati negati altri permessi- si trova in Ambasciata a Delhi. Una situazione d’impasse che nonostante le promesse di “internazionalizzare” la faccenda e avviare “l’arbitrato obbligatorio”, già sventolato dal duo Mogherini-Pinotti, e poi dal neo- Gentiloni, i tentativi diplomatici di trovare una soluzione accettabile sono miseramente naufragati. Forse è meglio così, piuttosto che aderire a quelle vergognose forme di scambio, basate su ignominiosi baratti, con fantasticherie di alcuni onorevoli che sono servite solo a calpestare l’onore di quei soldati (da Lapo Pistelli, al duo Manconi-Malan…), oppure dover assistere agli sproloqui dei pro-indios che già li hanno condannati quali assassini, e ancora per ultimo, di ieri, a quelle indecenti e allo stesso tempo demenziali affermazioni del rifondarolo comunista che vorrebbe vederli impiccati (Pantaleoni…).
Ora, dopo oltre 2 anni, vista l’inefficacia delle azioni condotte e dai silenzi imposti “per non disturbare gli indiani…” viene riproposto quell’arbitrato internazionale, già avanzato da Terzi nel 2013 che, gestito dal tribunale di Amburgo in accordo con la Convenzione sul Mare, serve proprio a dirimere questioni del genere, con un giudizio terzo e “liberando” i 2 FCM dalle grinfie indiane. Nella consueta deficienza d’informazioni italica, attenderemo di leggere i giornali indiani, per capire se è stato avviato l’arbitrato obbligatorio, oppure quello classico-consensuale: se fosse stato avviato il secondo, ancora una volta per non disturbare gli indiani, dovremo attendere altri 2 o 3 anni prima di arrivare ad una qualche conclusione. Speriamo che invece sia stato avviato il primo e che nel giro di qualche mese si giunga a un giudizio finale, altrimenti sarebbe un’inaccettabile nuova farsa.
In definitiva, ora bisogna puntare con ogni possibile determinazione all’arbitrato obbligatorio che prevede il giudizio, anche se l’altra parte -l’India- è contumace; trattenere qui, quindi, Latorre in attesa dell’esito del predetto istituto; infine, se gli indiani continuano nella loro pervicacia contro le norme internazionali, sentirsi ampiamente autorizzati a dar corso ad un intervento di forze speciali per riportare a casa Girone: degli indiani ne abbiamo pieni gli “zebbedei”!
Ma prima che sia avviato un giusto processo che chiarisca definitivamente i dubbi ancora esistenti, e non farsi scoppiare la testa a forza di “pensarci troppo e parlarne mai” secondo le direttive governative date a una stampa sempre prona al potere, silente e ormai avulsa da quel ruolo essenziale del “cane da guardia”sociale”, sarebbe cosa saggia e giusta soddisfare la necessità di informare il cittadino comune di ciò che si sta facendo senza la solita fuffa, e come stanno davvero le cose; l’opinione pubblica, di là delle finalità teleologiche dei governanti, ha diritto di sapere chi ha sbagliato nel gettare ripetutamente in mano agli indiani, i nostri figli Fucilieri: l’avvio di Commissioni di Inchiesta per dirimere i dubbi sull’etica e sui tradimenti perpetrati nei loro confronti è un dovere ormai ineludibile, che uno Stato di diritto deve porre in atto. Subito!

Giuseppe Lertora -
fonte: http://www.liberoreporter.it

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