DI LUIGI GRIMALDI
In relazione all’importante articolo di Manlio Dinucci pubblicato sul
Manifesto del 9 giugno, “La scottante verità su Ilaria Alpi” (su
comedonchisciotte.orgqui),
molto ripreso e dibattuto in rete, in cui sono citato come consulente
della docu-fiction di Rai 3 “Ilaria Alpi L’Ultimo Viaggio”, vorrei
esprimere la mia opinione.
Un esercizio molto di moda nel nostro paese, a cominciare dal “lavoro”
di Carlo Taormina, in relazione al caso Alpi Hrovatin, è quello della
destrutturazione del lavoro di ricerca e analisi di chi cerca la verità,
senza pretendere di possederla.
In inglese “debunkers”, specialità tipica di coloro che accusano di dietrologia e complottismo chi mette in discussione le affermazioni di noti bugiardi. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni e di criticare, ma anziché baloccarsi a discettare su ciò che non è il “caso” in questione (esercizio troppo facile in assenza di argomentazioni fattuali) ci si dovrebbe esercitare su ciò che è stato e che è il caso Alpi Hrovatin.
Ci si esponga insomma se si vuole intervernire. Per me la questione di fondo è e rimane il ruolo della Cia nella vicenda Alpi. Più di qualcuno, certamente in buona fede, ma in modo miope, continua a sostenere che un coinvolgimento della Cia nel delitto di Mogadiscio sarebbe un comodo schermo per le responsabilità italiane. Non è così. Ritengo sia un distinguo inconsistente . E’ chiaro che nulla di quanto è accaduto in Somalia, traffici di armi e rifiuti, ma non solo, sarebbe stato possibile senza un attivo coinvolgimento dei servizi italiani e della politica. Ma dov’è il confine tra intelligence italiana e USA? Non c’è! Perché la Somalia era “Cosa Nostra”, fin dai tempi delle colonie dell’impero…. Notizia ben chiara anche alla CIA che al momento di attivare la propria cellula a Mogadiscio ( nell’agosto del 1993) affianca al capo stazione un particolare agente: non uno che parli il somalo o l’arabo, ma Gianpaolo Spinelli: perché di origini italiane, perché parla italiano e perché da anni è l’agente di collegamento tra la CIA e il Sismi a Roma (lo ritroveremo nel caso Abu Omar a Milano e nello scandalo sullo spionaggio Pirelli-Telecom-Sismi al fianco di Mancini e Tavaroli). Dov’è quindi la contraddizione??? Dov’è il problema?
In inglese “debunkers”, specialità tipica di coloro che accusano di dietrologia e complottismo chi mette in discussione le affermazioni di noti bugiardi. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni e di criticare, ma anziché baloccarsi a discettare su ciò che non è il “caso” in questione (esercizio troppo facile in assenza di argomentazioni fattuali) ci si dovrebbe esercitare su ciò che è stato e che è il caso Alpi Hrovatin.
Ci si esponga insomma se si vuole intervernire. Per me la questione di fondo è e rimane il ruolo della Cia nella vicenda Alpi. Più di qualcuno, certamente in buona fede, ma in modo miope, continua a sostenere che un coinvolgimento della Cia nel delitto di Mogadiscio sarebbe un comodo schermo per le responsabilità italiane. Non è così. Ritengo sia un distinguo inconsistente . E’ chiaro che nulla di quanto è accaduto in Somalia, traffici di armi e rifiuti, ma non solo, sarebbe stato possibile senza un attivo coinvolgimento dei servizi italiani e della politica. Ma dov’è il confine tra intelligence italiana e USA? Non c’è! Perché la Somalia era “Cosa Nostra”, fin dai tempi delle colonie dell’impero…. Notizia ben chiara anche alla CIA che al momento di attivare la propria cellula a Mogadiscio ( nell’agosto del 1993) affianca al capo stazione un particolare agente: non uno che parli il somalo o l’arabo, ma Gianpaolo Spinelli: perché di origini italiane, perché parla italiano e perché da anni è l’agente di collegamento tra la CIA e il Sismi a Roma (lo ritroveremo nel caso Abu Omar a Milano e nello scandalo sullo spionaggio Pirelli-Telecom-Sismi al fianco di Mancini e Tavaroli). Dov’è quindi la contraddizione??? Dov’è il problema?
Se la Somalia era “Cosa Nostra”, nel senso dell’Italia, i nostri servizi
(o una fazione all’interno di questi) sono da sempre “cosa loro”, nel
senso dell’intelligence USA. E allora tutto si spiega: mi riferisco in
particolare agli ostacoli giudiziari all’accertamento della verità, come
il caso Gelle o i molti depistaggi a cui in questi anni abbiamo
assistito e che hanno dimostrato una intensità, una continuità e un
livello mai visti se non per casi come Ustica, la strage di Bologna, il
Moby Prince. Sin dal primo giorno dopo il delitto (chi conosce “le
carte” lo sa) si è depistato per accreditare la tesi della rapina e
escludere il delitto su commissione, che invece prevede dei moventi: e
chi compie questo gioco di prestigio? Unosom, la cellulla dei Servizi di
informazione di Unosom. E chi è Unosom? Unosom è “cosa loro”, la finta
uniforme degli USA per le cosiddette operazioni di ingerenza umanitaria a
suon di carri armati e di missili. Un coinvolgimento mosso da
“necessità nazionali” o maturate in ambito Nato?
Ci sono indizi sufficienti e documentabili oltre ogni incertezza per
affermare che il duplice delitto di Mogadiscio sia stato, per dirla con
le parole di Luciana Alpi, la mamma di Ilaria, concordato. Concordato in
più sedi e a più livelli, all’interno di uno scacchiere internazionale
ben definito e circostanziato che appare abbastanza evidente analizzando
il contesto storico in cui matura. La contemporaneità della guerra
nella ex Yugoslavia in primo luogo, il lavorio per predisporre
l’ingresso di paesi dell’ex blocco comunista nella Nato (come Polonia e
Lettonia), i rapporti, che definire contraddittori è davvero poca cosa,
tra blocco occidentale e paesi musulmani (leggi Afganistan e Yemen),
sono elementi che costantemente emergono se si analizza con lucidità la
vicenda nel suo complesso, guardando l’orizzonte senza limitarsi a far
la guardia al recinto dell’orto. La verità sul caso Alpi fa ancora paura
dopo 21 anni e quanto si è messo in campo per impedire che venisse alla
luce, ivi comprese le inutili conclusioni della commissione presieduta
con disinvoltura da Carlo Taormina e sostenute dalla maggioranza di
centro destra (anche se a dire il vero la “sinistra” non ha brillato),
la dice lunga sul livello delle responsabilità che ancora devono essere
coperte.
Le prove ci sono. Il quadro è chiaro. Il disegno leggibile: basterebbe che ognuno facesse la sua parte fino in fondo.
Luigi Grimaldi, autore televisivo, scrittore e giornalista.
tramite: http://wwwmyblogsky.blogspot.it
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