Greta e Vanessa
non erano in Siria per aiutare i civili, vittime della guerra, ma per
dare man forte ai “ribelli”, gli stessi che poi le avrebbero rapite per
chiedere un riscatto milionario. Le due ragazze, riporta il Fatto, erano partite, quindi, per sostenere i combattenti islamici anti-Assad con kit di salvataggio. Un retroscena quello raccontato dal Fatto che lascerebbe aperti ulteriori dubbi su cosa sia effettivamente accaduto. In alcune informative del Ros vengono riportate delle intercettazioni di aprile tra Greta Ramelli – che stava organizzando il suo viaggio in Medioriente – e un siriano di Aleppo di 47 anni, Mohammed Yaser Tayeb, pizzaiolo di Anzolo in Emilia, che gli investigatori considerano un militante islamista
legato ad altri siriani impegnati in “attività di supporto a gruppi di
combattenti operativi in Siria a fianco di milizie contraddistinte da
ideologie jihadiste”.
In sostanza il progetto delle due
cooperanti era “rivolto a offrire supporto al Free Syrian Army, un
gruppo di ribelli aiutati anche dall’occidente in funzione anti Isis, ma
anch’esso composto da frange di combattenti islamisti alcuni dei quali
vicini ad Al Qaeda”, a sostenere “un lavoro in favore della
rivoluzione”, e non a dare un aiuto neutrale.
Si legge nell’informativa una
telefonata tra Greta e Mohammed Yasser Tayeb così sintetizzata: “Greta
precisa che un primo corso si terrà in Siria con un operatore che
illustrerà ai frequentatori (circa 150 persone tra civili e militari) i
componenti del kit di primo soccorso e il loro utilizzo. la donna dice
che ha concordato con il leader della zona di Astargi di consegnare loro
i kit e che a loro volta li distribuiranno ai gruppi di combattenti
composti da 14 persone in modo che almeno uno degli appartenenti a
questi gruppi fosse dotato del kit e avesse partecipato al corso”.
Tayeb secondo gli investigatori si
attivò concretamente per aiutarle e le mise in contatto con un altro
siriano residente a Budrio, Nabil Almreden, nato a Damasco, medico
chirurgo in pensione. Tayeb gli chiede di inviare in siria una lettera
di raccomandazione per Vanessa, “verosimilmente – annota il ros – un
accredito presso una non meglio istituzione all’interno del territorio
siriano”.
http://www.retenews24.it 17 gennaio 2014
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