Il Capo di Stato maggiore della Marina esautorato di poteri sulla vicenda
Il Capo di Stato maggiore della Marina esautorato di poteri sulla vicenda
Qualcuno ha tradito. La fiducia dei due marò Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone. Ma anche la fiducia degli italiani e della nazione
tutta. I due fucilieri di Marina sono da oltre due anni prigionieri in
India. Senza un’accusa precisa se non il fatto di aver obbedito a un
ordine e proteggere una nave italiana in acque internazionali. E ieri i
due marò lo hanno detto forte e chiaro in diretta tv alle commissioni
Esteri e Difesa nel giorno della Festa della Repubblica mentre in via
dei Fori Imperiali sfilavano i loro colleghi. Dalle tribune striscioni e
forte il grido «Marò Liberi subito».
Salvatore Girone ha perso la sua abituale freddezza e, alzando il tono
della voce, ha quasi urlato ai parlamentari delle commissioni Esteri e
Difesa collegati in videoconferenza con l’ambasciata di New Delhi:
«Abbiamo solo obbedito a un ordine». Il marò è tornato a essere
operativo ed è passato all’attacco. Le sue parole sono state chiare ma
allo stesso tempo aprono divese interpretazioni.
Girone a quale ordine si riferiva? A quello di tornare in India nel
marzo 2013 voluto fortemente dal governo Monti e dal ministro della
Difesa, ex ammiraglio Di Paola, o a quello di scendere dalla Enrica
Lexie il 19 febbraio 2012. E qui le ricostruzioni sono ancora fumose.
Anche in questo caso l’ordine sarebbe partito dai palazzi della politica
«per ragioni di diplomazia inernazionale». Il Capo di Stato maggiore
della Marina sarebbe stato esautorato e impedito di occuparsi della
faccenda. Nel febbraio 2012, il Capo di Stato maggiore della Marina era
l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, attuale Capo di Stato maggiore
della Difesa, il quale pochi giorni dopo il fermo dei due marò ebbe
parole dure: «C’è rabbia per quello che sta avvenendo. I nostri due
fucilieri sono trattenuti in ostaggio in India per una vicenda che ha
molti lati oscuri». Da subito quindi la politica si è occupata della
vicenda con conseguenze drammatiche per Salvatore Girone e Massimiliano
Latorre, sballotati dalla prigione di Kochi a Roma e poi ancora a Kochi,
quindi di nuovo in Italia e ora reclusi nel recinto dell’ambasciata
italiana di New Delhi. Due anni trascorsi, con continue udienze e
altrettanti rinvii, con la spada di Damocle di una condanna a morte, o
nella migliore delle ipotesi di passare trent’anni nelle carceri
indiane. Per aver obbedito a un ordine, con quell’alto senso del dovere e
della dignità di Patria che i militari hanno. I politici anche quando
sono tecnici.
«Si deve fare chiarezza una volta per tutte. Vogliamo che venga resa
pubblica la modalità del ritorno in India di Latorre e Girone lo scorso
anno». È prentorio il primo maresciallo Antonello Ciavarelli del Cocer
Marina militare e Guardia Costiera. «I due ragazzi sono innocenti, non
hanno ammazzato nessuno – insiste il rappresentante dei marinai - Voglio
sapere se sono stati forzati, obbligati a tornare in India. Potevano
mettersi in malattia, persino congedarsi... Perché hanno lasciato
l’Italia, dove tra l’altro sono stati indagati, per tornare laggiù dove
ancora non si sa come andrà a finire? Cosa è successo? Ci sono stati
altri motivi a indurli a tornare nelle grinfie della giustizia indiana?
Ora il governo deve accelerare. Va bene l’arbitrato internazionale ma si
deve fare presto. I prossimi devono essere gli ultimi giorni dei nostri
due marò in India».
Tra i colleghi dei due fucilieri del Reggimento San Marco è diffusa
l’opinione che Salvatore Girone abbia voluto, alzando il tono della
voce, mandare un segnale chiaro: «Abbiamo solo obbedito a un ordine». Un
ordine partito da Palazzo Chigi dove, nel marzo 2013, abitava Mario
Monti e il suo ministro della Difesa era l’ex ammiraglio Giampaolo Di
Paola, forse troppo preoccupati dei rapporti commerciali con New Delhi
che dei nostri due marò. Del resto sui militari si possono fare tagli di
spesa incontrollati, bloccare gli stipendi, limitare le carriere, se ne
può parlare male e si possono mandare a morire salvo poi farsi vedere
contriti ai funerali. Ma ieri il popolo di Roma, ma non c’erano solo
romani ad assistere alla parata, ha gridato forte il sentimento che è di
tutti i italiani: i due marò debbono tornare a casa.
«I due ragazzi sono stanchi. Hanno un altissimo senso del dovere ma ora
il governo deve cambiare strategia e dare un’accelerazione alla
vicenda». Il capitano di fregata Antonio Colombo membro del Cocer della
Marina Militare si è quasi commosso quando in via dei Fori Imperiali, al
passaggio del San Marco, c’è stato un lungo applauso e in tanti hanno
urlato «Marò liberi!». Stanchi di tanti mesi lontano da casa, dai loro
affetti, dai loro camerati del Reggimento, esiliati nell’ambasciata di
New Delhi. Ed ecco quello sfogo «Abbiamo solo obbedito a un ordine».
«L’ordine al quale Girone si è riferito è a 360 gradi – cerca di
interpretrare il capitano di fregata Colombo - Fin dalle origini, da
quando è salito sulla nave per proteggerla con il suo team. L’ordine di
scendere dalla nave e consegnarsi alla polizia indiana e poi quello di
tornare in India. Certo ora sono al limite: il tempo passa e non sembra
cambiare molto. Il fatto positivo è che questa diretta tv, trasmessa nei
tg più importanti sia un segnale anche al nuovo governo di Delhi. Ora
il governo deve fare qualcosa di più».
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