3 giu – Max e Salvo gridano la loro innocenza. La Diplomazia latita. Il
governo chiacchiera. Processiamo Monti e Napolitano per violazione della
Costituzione e dei Diritti Umani.
Erano le 16, ora indiana, del 15 febbraio 2012 quando due pescatori
indiani, Valentine Jalstine e Ajesh Binki, vennero colpiti mortalmente
da colpi di arma da fuoco a bordo della loro barca al largo delle coste
del Kerala, in India. Di questo fatto, della morte dei due pescatori
vennero accusati i fucilieri della Marina Italiana in servizio
anti-pirateria sulla petroliera Enrica Lexie, Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone L’«unità navale Enrica Lexie» sulla quale errano in
servizio Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si trovava ad almeno
«venti miglia nautiche dalla costa al largo di Allepey (India)», al di
fuori quindi, delle dodici miglia delle acque territoriali (come
peraltro ha confermato anche il dispositivo della sentenza della Suprema
Corte dell’India, emesso in data 18/01/2013), circostanza questa,
confermata pure dall’ufficiale di coperta (indiano, quindi connazionale
dei pescatori) a bordo della nave Enrica Lexie.
Vediamo come si svolsero i fatti:
Secondo il rapporto stilato da Massimiliano Latorre capo squadra del
nucleo di protezione a bordo della nave Enrica Lexie, si evince
chiaramente che i Marò spararono in acqua, in direzione di
un’imbarcazione con uomini armati a bordo (quindi più uomini e
soprattutto armati e non due poveri pescatori, disarmati), che
nonostante i segnali luminosi e le raffiche di avvertimento fino a cento
metri, l’imbarcazione, che risultava “con prora dritta con rotta a
puntare” ed era priva di numero identificativo, in maniera sospetta si
avvicinava sempre di più alla petroliera. I fucilieri di Marina
«effettuavano ripetuti flash con panerai dall’aletta di dritta, ma senza
alcun risultato». «Chiamata l’attivazione, uno dei due operatori già in
posizione palesava l’arma AR 70/90, portandola ben in vista verso
l’alto». Ma, l’imbarcazione sospetta puntava ugualmente verso la Enrica
Lexie. «Alla distanza di circa 500 yd (mt457,20) veniva effettuata la
prima raffica di avvertimento in acqua, ma anche questa senza nessun
esito, tutto risultava inutile per convincere l’imbarcazione a ad
allontanarsi», allorché, veniva sparata «una seconda raffica di
avvertimento a circa 300 yd , (mt274,32) (da notare che nel frattempo,
un fuciliere di Marina a bordo della petroliera, aveva dato l’allarme
perché con il binocolo aveva avvistato persone che in un primo momento
erano con arma a tracolla.
I fucilieri di Marina non erano in vacanza,
ma erano a bordo della Enrica Lexie in quella rischiosa area di mare
per garantire la sicurezza alle petroliere e personale di bordo e
prevenire atti di pirateria e visto che l’imbarcazione «continuava
nell’avvicinamento» alla petroliera il timore degli operatori di bordo
era proprio quello di subire l’abbordaggio da parte di pirati. Per
questo motivo, quando l’imbarcazione era giunta ormai a meno di 100 yd
(mt91,44) senza una rotta definita e riprendendo più volte la
navigazione verso l’unità Enrica Lexie gli operatori hanno continuato a
palesare le armi ed inviare segnali luminosi e successivamente «ad
effettuare fuoco di sbarramento in acqua, fin quando cambiava direzione e
si verificava il definitivo allontanamento con la direzione, a velocità
spedita, dell’imbarcazione in mare aperto.
Il rapporto del personale militare a difesa della Enrica Lexieevidenzia
che sono state poste in essere e seguite correttamente tutte le
procedure di ingaggio anti-pirateria. Il fatto è stato prontamente
segnalato all’armatore, alle autorità italiane e a quelle indiane. Ma, a
questo punto succede un fatto anomalo: gli indiani, fanno gli indiani.
Infatti, le
autorità indiane mettono in atto un inganno: invitavano – con l’inganno
– il comandante della Enrica Lexie a dirigersi nel porto di Kochi,
nello Stato indiano del Kerala, per adempiere le formalità di
riconoscimento di soggetti sospettati di pirateria. Una volta raggiunto
il porto di Kochi, ai componenti l’equipaggio della nave battente
bandiera italiana non veniva data nessuna possibilità di riconoscere
alcun sospettato di pirateria.
L’unico obiettivo delle autorità indiane era quello di catturare i militari italiani,
al punto che una nutrita squadra di funzionari in divisa della locale
Polizia dello Stato del Kerala saliva a bordo della Enrica Lexie. Nei
gironi a seguire, il 19 febbraio 2012 i due Marò, venivano tratti
illegittimamente in arresto dalle autorità indiane con l’accusa di aver
sparato ed ucciso i pescatori Valentine Jalstine e Ajesh Binki. Il
Ministero degli Esteri della Repubblica Italiana veniva informato
dell’accaduto – per le vie di rito – cinque ore dopo i fatti.
Da quel giorno iniziava un vero e proprio calvario per i marò e per le loro famiglie.
Dal punto di vista Diplomatico e giudiziario, inizia un’intensa
attività Diplomatica da parte italiana, consultazioni bilaterali con
paesi Partner, e sollecitazioni verso le Nazioni Unite. Il 25 maggio
2012, dopo quasi tre mesi nel carcere indiano di Trivandrum, capitale
dello Stato federale del Kerala, ai due Marò veniva concessa la libertà
su cauzione e trasferiti in una struttura a Kochi, ma con il divieto di
lasciare la città.
Il 20 dicembre 2012 veniva accolta la richiesta delle autorità italiane
di un permesso speciale per far trascorre ai due militari le festività
natalizie in Italia, con l’obbligo di tornare in India entro il 10
gennaio 2013. Il 22 dicembre 2012 Girone e Latorre atterravano a Roma.
Il 3 Gennaio 2013 si consuma la decisione più sciagurata da parte del governo Monti e del Presidente della Repubblica Napolitano e
cioè, di “mantenere la parola data” nei confronti di coloro che non
solo non vale nulla la parola, ma neanche i trattati internazionale e i
diritti umani non hanno nessun valore e li fanno ripartire alla volta di
Kochi in Kerala.
Nella sentenza del 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana stabiliva la
mancanza di giurisdizione del governo del Kerala sul caso e disponeva
che il processo fosse affidato ad un tribunale speciale da costituire a
New Delhi. Nella stessa sentenza la Corte Suprema richiama l’esigenza
che i due Governo avviassero consultazioni per attivare un Arbitrato ai
sensi della Convenzione UNCLOS.
Il 22 febbraio 2013 la Corte Suprema indiana consentiva ai due fucilieri
di tornare in Italia per un periodo di quattro settimane in occasione
delle elezioni politiche. L’11 marzo 2013, il Governo – d’intesa tra la
Presidenza del Consiglio e tutti i Ministeri coinvolti – informava
l’India tramite nota verbale del nostro Ambasciatore di ritenere
sussistenti violazioni del diritto internazionale e delle consuetudini
di tale rilevanza da non ritenere possibile il rientro in India dei due
Soldati italiani, e avviava le procedure burocratiche per l’attivazione
di un arbitrato internazionale in sede UNCLOS (il trattato ONU sul
diritto del mare). Il Governo Indiano aveva tra l’altro proprio in quei
giorni respinto con nota verbale Diplomatica la proposta di mediazione
italiana facendo quindi di fatto decadere gli impegni assunti
nell’Affidavit rilasciato dall’Italia, il quale conteneva peraltro una
clausola di salvaguardia nella quale con chiarezza si specificava che
gli impegni del Governo italiano erano assunti “salve le prerogative
Costituzionali”.
L’attività Diplomatica italiana si faceva in quei giorni intensissima,
con consultazioni nelle Cancellerie delle principali Capitali e anche
presso il Segretariato Generale delle Nazioni Unite, al punto che il
Segretario Generale ONU esprimeva la propria posizione sul delicato
dossier raccomandando che lo stesso trovasse risoluzione «in attuazione
del Diritto Internazionale».
Il
22 marzo avviene un fatto gravissimo: nonostante il parere contrario
dell’allora Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana Giulio Terzi
di Sant’Agata, i due fucilieri di Marina Salavatore Girone e
Massimiliano Latorre facevano di nuovo ritorno in India per
restare a disposizione delle autorità di quel Paese. Fatto gravissimo
perchè le reiterate prese di posizione da parte indiana
sull’applicazione della legislazione antiterrorismo – che prevede la
pena di morte – destano molta preoccupazione. Ma, nonostante ciò, i due
soldati italiani sono stati costretti a rientrare in India, a
disposizione delle autorità di quello Stato, provocando nel Governo
Monti una netta spaccatura che ha portato cosa più unica che rara
addirittura alle dimissioni del Ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Nel marzo 2013 l’ex Ministro Terzi, si è dichiarato contrario al ritorno
di Girone e Latorre in India, dove è previsto un processo ai sensi di
una legislazione che contempla la pena di morte. In particolare
l’Ambasciatore Terzi evidenziò che:
- i) l’autorizzazione al cambio di rotta della nave Enrica Lexie (per raggiungere il porto di Kochi) da parte delle autorità militari avvenne senza il coinvolgimento della Farnesina;
- 2) la mancata sensibilizzazione della Magistratura affinché incardinasse il processo in Italia ha rappresentato una grave manchevolezza;
- iii) la decisione del Governo di rimandare a Delhi i due militari, ribaltando la linea annunciata nella prima decade del marzo 2013, è stata “sciagurata e incoerente”;
- iv) l’Arbitrato internazionale è indispensabile per dirimere la controversia; v) desta preoccupazione la mancanza di garanzie fornite dall’India in merito all’esclusione della pena di morte per i fatti accaduti il 15.02.2012. Emerge, altresì, nella vicenda in questione il mancato rispetto della Costituzione, che vieta l’estradizione nei Paesi ove vige la pena di morte.
Ma vi è di più. La Corte Suprema di New Delhi continua ad oggi ad ignorare le richieste italiane (immediata
formulazione dei capi di accusa e, nell’attesa, temporaneo rilascio dei
nostri due fucilieri di Marina, etc) e rinviare la data di definizione
della vertenza assumendo un atteggiamento tracotante ed inaccettabile
. Il 28 gennaio 2014 il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha
espresso preoccupazioni sull’atteggiamento delle autorità giudiziarie
indiane e dichiarato, in riferimento alla vicenda dei due marò, che
«l’Unione europea è contraria alla pena di morte in qualunque
situazione». Il Presidente Barroso ha inoltre recentemente affermato
che«qualunque decisione» sul caso dei due fucilieri di Marina «può avere
un impatto sulle relazioni complessive fra l’Unione europea e l’India e
deve essere valutata con attenzione»nonché che «La soluzione dev’essere
in attuazione del Diritto Internazionale e della Convenzione ONU del
Diritto del Mare», escludendo quindi di fatto la giurisdizione indiana.
Del resto l’Unione europea è «impegnata a combattere la pirateria»
e«continua a seguire il caso molto da vicino».
Considerato
che in India, vige la pena di morte, rispedire i nostri Marò, è stata
una vera e propria violazione della Costituzione Italiana compiuta
dall’abusivo premier Monti e dal Presidente della Repubblica Italiana
Giorgio Napolitano. Infatti, in violazione di vincolanti norme
costituzionali hanno estradato in un Paese in cui vige la pena di morte i
militari Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Monti e Napolitano,
hanno violato e vilipeso un principio fondamentale della Costituzione
italiana a salvaguardia dei Diritti Umani, nella fattispecie a quello
fondamentale della tutela della vita umana, giustamente applicato
persino a tutela di cittadini stranieri presenti in Italia accusati di
atti di terrorismo.
Inconcepibile che tale fondamentale norma sia stata vilipesa nei
confronti di due funzionari dello Stato in missione comandata, due
militari in servizio per la difesa del territorio patrio, quale è un
natante battente bandiera nazionale, impegnati in una missione contro la
pirateria nell’ambito di risoluzioni e di impegno internazionali.
Per questa violazione un Gruppo di Cittadini organizzati in social
forum, domani 3 giugno 2014, in una conferenza stampa indetta per le ore
11,30 presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, illustra un
Esposto che verrà presentato alla Procura di Roma in cui si chiede di
individuare e perseguire coloro che, violando la Costituzione, Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre sono illegittimamente sottoposti alla
privazione della libertà personale. Occorre evitare che gli
interessi economici e commerciali prendano il sopravvento sul rispetto
dei diritti umani. Bisogna evitare che siano messi in pericolo i
progressi fatti negli ultimi sessant’anni in campo giuridico a tutela
della dignità umana e degli Stati. Occorre attivare l’Arbitrato
obbligatorio, ai sensi della Convenzione ONU sul Diritto del Mare, per
la soluzione della controversia e all’immediata liberazione e ritorno in
Italia dei due militari italian i fucilieri di Marina Salvatore Girone e
Massimiliano Latorre.
Armando Manocchia - 3 giugno 2014
http://www.imolaoggi.it
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