Quello
che sta accadendo nelle città occupate dei filorussi è estremamente più
complesso, confuso e potenzialmente pericoloso di quanto non fosse la
situazione della penisola crimeana, geograficamente delimitata e abitata
da una popolazione per la stragrande maggioranza russa. Gli scontri di
Donetsk, Kharkiv e di altre città hanno aperto una nuova fase della
crisi ucraina e nessuno può dire con certezza quali saranno le
conseguenze per il futuro assetto del paese e le sue relazioni
internazionali. Per meglio comprendere le implicazioni di questa
situazione è necessario domandarsi quale porzione dell'Ucraina è
realmente da includere in questo “Est” in rivola, quali sono le sue
divisioni etno-linguistiche, perché le regioni orientali sono così
importanti per l’economia del paese, chi le governa e che relazioni ha
con Mosca, qual è - se c’è - una strategia russa dietro ai disordini e
perché difficilmente potrà replicarsi uno scenario simile a quanto
avvenuto in Crimea con un referendum secessionista plebiscitario e una
rapida annessione alla Russia.
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A differenza della Crimea, l’Est ucraino è un’area dai confini più incerti e dall’identità più eterogenea. Questo articolo del Moscow Times ripercorre
la turbolente storia del Donbas a lungo conteso tra Ucraina e Russia e
in particolare la questione della città di Odessa, secondo Putin parte
della cosiddetta "Novorossia" in quanto non facente parte dell’Ucraina
ai tempi della Russia zarista, ma situata al confine con la Moldavia, a
ovest. Inoltre, la diversa composizione etnica rispetto alla Crimea
rende queste regioni meno favorevoli a una possibile annessione alla
Russia come dimostra il sondaggio condotto dal Istituto di sociologia di Kiev.
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Seppur interessate da una pesante crisi economica, le regioni
orientali dell’Ucraina restano le locomotive del paese. La sola regione
di Donetsk, che occupa il 5% del territorio nazionale e ospita circa il
10% della popolazione, produce più del 20% del prodotto interno
nazionale e un quarto del suo export. Nonostante l’est resti la parte
più ricca del paese ( mappa)
la recente crisi del settore estrattivo, perno dell’economia locale, e
la chiusura di diverse grandi fabbriche hanno compromesso le capacità
industriali della zona, rendendola per la prima volta dipendente dai
sussidi pubblici, come riferisce Deutsche Welle.
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Appena insediato, il governo di Kiev - per evitare le ritorsioni
dell'est dell'Ucraina, tradizionalmente sostenitrice di Yanukovich - ha
subito nominato come governatori diversi oligarchi proprietari di grandi
imprese nazionali, contando sulla loro influenza ( Ria Novosti) Questo, come spiega il Carnegie,
è stato permesso dalla prontezza degli oligarchi a cambiare bandiera
presentandosi improvvisamente come filoeuropeisti, sostenitori di
Euromaidan e quidni antirussi. Come dimostrano le continue dichiarazioni
in merito del Presidente Putin (si vedano ad esempio le prime battute
della sua diretta alla tv nazionale,
questo tema è poco discusso dalla stampa occidentale ma centrale nel
dibattito politico russo, che sa da un lato di poter ricattare gli
oligarchi, molto dipendenti dagli scambi con Mosca, e allo stesso di
poter sfruttare l'ostilità della popolazione nei loro confronti,
confermata da sondaggi indipendenti dell' Istituto di sociologia di Kiev.
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Per capire la strategia russa serve conoscere l’evoluzione della politica estera di Putin: per il professor Galeotti (NYU)
è stata estremamente pragmatica durante i suoi primi due mandati
(2000-2008), ma molto meno prevedibile già dal 2012, fondata su un’idea
autocratica di eccezionalismo del popolo russo che spiega bene il perché
della crisi ucraina. Da questa premessa generale tutti gli esperti, tra
questi Eugene Rumer del Carnegie,
distinguono l’azione russa in Crimea dalla “nuova fase” a cui stiamo
assistendo nell’est dell’Ucraina: al contrario che per la penisola, nel
secondo caso la Russia non sembra avere alcuna strategia predeterminata e
sa di rischiare molto. Nonostante ciò ad opinione del National Interest l'intervento militare nel Donbass non è per niente da escludere.
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Su modello di quanto avvenuto in Crimea anche le regioni orientali
dell’Ucraina vorrebbero tenere un referendum secessionista,
verosimilmente l’11 maggio. Tuttavia, difficilmente si ripeterà il
risultato plebiscitario crimeano in quanto molte sono le differenze tra i
due situazioni. Ad esempio, fa notare il Time,
la percentuale di russofili è sensibilmente inferiore e il governo
centrale ha avuto molto più tempo a disposizione per inviare forze di
sicurezza nella regione orientale. Inoltre, i gruppi armati che occupano
i palazzi pubblici e issano bandiere secessioniste non rappresentano
gli interessi di quella maggioranza silenziosa che, riporta Aljazeera,
si accontenterebbe di poter usare il russo come lingua madre e godere
di ampia autonomia all’interno di un’Ucraina più federale.
fonte: http://www.ispionline.it - 30 aprile 2014
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