Richiesta dallo Stato del Kerala per riportarli in prigione a Kochi. Dovrà decidere la Corte Suprema di Delhi. Ma solo dopo il 29 giugno
Sono bloccati in un inferno giudiziario da 808 giorni e ora, proprio
quando il governo italiano annuncia un «nuovo corso», rischiano di
finire dalla proverbiale padella nella proverbiale brace. Quella dei
marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sembra essere una storia
infinita. Attualmente si consumano in una interminabile attesa
nell’ambasciata italiana di Nuova Delhi, ma proprio mentre a Roma i
parenti e Il Tempo preparano una mega-manifestazione per riportarli a
casa, dallo Stato del Kerala, dove sono stati arrestati con l’inganno e
messi in prigione, cercano in tutti i modi di riprenderseli.
È stato formalmente registrato presso la Corte Suprema indiana, alcuni
giorni fa, l’esposto che richiede il ri-trasferimento nello Stato del
Kerala del processo contro i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone. Il Kerala è uno Stato dell’India meridionale, che
occupa una stretta striscia della costa sud-occidentale. Al largo delle
sue coste, in acque internazionali, è avvenuto lo scontro a fuoco nel
quale hanno tragicamente perso la vita due pescatori indiani il 15
febbraio del 2012. Della morte di quei due pescatori, senza ancora un
atto formale di incriminazione, sono accusati Latorre e Girone. I due
militari arrivarono nel Kerala, nel porto di Kochi, a bordo della
petroliera italiana Enrica Lexie, dove si trovavano in missione
internazionale di pace antipirateria. Furono attirati con la scusa di
dover collaborare ad un riconoscimento e poi arrestati. Il governo di
Delhi li portò via da quello Stato che non aveva e non ha alcun diritto
di giudicarli, ma ora è ufficialmente arrivato sui tavoli dei giudici di
Delhi l’esposto di Freddy John Bosco, proprietario del peschereccio St.
Antony, sul quale si trovavano i due pescatori uccisi. Secondo Usha
Nandini, l’avvocato che ne ha seguito l’iter, questa petizione «mira a
portare la causa nel suo luogo naturale, il Kerala». Se pure la Corte
Suprema ha stabilito che il Kerala non ha giurisdizione per intervenire
nel caso, mentre tale giurisdizione è dello Stato indiano, «è evidente
che il Kerala è parte di questo Stato e che è naturale che il processo
possa svolgersi in un luogo il più vicino possibile a dove è avvenuto
l’incidente».
Nello Stato natale dei due pescatori uccisi tutta la vicenda è stata
utilizzata per fini chiaramente elettorali (in India le elezioni
politiche sono attualmente in corso) e proprio qui, nel Kerala, i due
fucilieri di marina hanno subito la detenzione nel carcere ordinario,
assieme ai criminali comuni. Il ricorso è stato messo agli atti, ma ha
poche possibilità di essere esaminato prima dell’inizio, il 12 maggio,
delle vacanze estive del massimo tribunale indiano. Come ha confermato
Usha Nandini non è escluso che la Corte Suprema indiana si pronunci
immediatamente sul ricorso, ma i tempi sono molto stretti e la cosa più
probabile è che tutto scivoli dopo la fine delle vacanze giudiziarie
prevista per il 29 giugno. I tempi si allungano, e intanto i nostri
militari che, ancora, dopo due anni, non sono stati formalmente accusati
di nulla, restano nell’ambasciata italiana di Delhi.
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