Per Cottarelli 2200 euro al giorno
Al commissario «tagliatutto» un milione di euro in quattro anni. In soli 68 giorni (Natale incluso) del 2013 ha intascato 150mila euro
 
                                                                             
        
     
                  
    
  
    
  
    
    
        
Ma quanto guadagna l’uomo dei tagli? Qual è lo stipendio di Carlo 
Cottarelli, il commissario alla revisione della spesa? Il compenso è 
stato fissato dalla legge e si aggira intorno al milione di euro. Per 
evitare il tetto ai manager pubblici (poco più di 300mila euro all’anno)
 quella cifra è stata spalmata su quattro anni invece che su tre, 
l’autentica durata del mandato. Sono davvero mirabolanti le sorprese che
 riservano le decisioni del Parlamento italiano. Determinazioni che 
rischiano di avere effetti, in verità, comici.
Ma procediamo con ordine. A fissare il compenso di Cottarelli, è il 
decreto legge 98 del 2013. Precisamente al comma 4 dell’articolo 49bis 
si legge che l’indennità del commissario deve essere «nei limiti di 
quanto previsto dall’articolo 23-ter del decreto legge 6 dicembre 2011»,
 meglio noto come “Salva Italia”, il primo provvedimento importante del 
governo Monti. Che appunto fissava un tetto equiparandolo alla 
retribuzione del primo presidente della Cassazione, circa 300mila euro 
lordi l’anno.
Quell’articolo della legge del 2013, successivamente fissa come deve 
essere pagata la retribuzione del commissario. «Agli oneri derivanti 
dall’articolo 4, nel limite massimo di 150mila euro per l’anno 2013, di 
300mila per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e di 200mila euro per il 
2016 si provvede mediante corrispondente riduzione» del fondo per 
interventi strutturali di politica economica. Quindi, totale fa 950.
Ma non avrebbe potuto il Parlamento decidere di dividere quei 950 per 
tre anni? Se così avesse fatto, il governo avrebbe dovuto corrispondere a
 Cottarelli 316mila euro all’anno, ma sforando il tetto ai manager. Così
 si è deciso di spezzettarlo su quattro anni, includendo – per una 
piccola parte – anche il 2013. Con un effetto da ridere.
E già. Perché l’ex direttore generale del Fondo Monetario 
Internazionale si è insediato a Roma soltanto il 23 ottobre (sino al 
giorno prima ha lavorato nell’organizzazione di Washington come si 
evince anche dal sito del Fmi). Il che vuol dire che per l’anno scorso 
ha lavorato 68 giorni, compreso tutti i sabati, le domeniche, Natale, 
vigilia, Santo Stefano, festa dell’Immacolata e San Silvestro. Dunque, 
se gli fosse stato applicato il massimale – i 150mila euro - diviso i 68
 giorni dal 23 ottobre alla fine dell’anno, ciò vorrebbe dire che 
Cottarelli è costato allo Stato poco più di 2200 euro al giorno.
Il condizionale è d’obbligo. Perché fin qui è possibile descrivere 
quanto previsto dalla legge. Ma non quanto effettivamente corrisposto. 
Infatti il contratto stipulato tra il ministero dell’Economia e il 
commissario alla spesa non è stato pubblicato on line. Sarà stata 
certamente una dimenticanza. Perché alla trasparenza Cottarelli tiene 
molto al punto da dedicare a questo argomento un’intera slide di quelle 
presentate al governo.
La tabella si intitola: "La strasparenza della spesa pubblica". L’uomo 
dei tagli spiega al primo punto che «la pressione dell’opinione pubblica
 è essenziale per evitare gli sprechi». Non è un caso che figuri questa 
affermazione come prima: Cottarelli ha fin qui dato una decina di 
interviste a tutti i principali giornali nazionali, la comunicazione è 
stata una delle principali attività legate al suo mandato.
Torniamo alle slide illustrate al premier Renzi. Il commissario alla 
spesa sottolinea che «occorre accelerare la pubblicazione di banche 
dati». Ed elenca: «Banca dati delle amministrazioni pubbliche della 
Ragioneria generale dello Stato, ora aperta a varie amministrazioni 
pubbliche, è prevista essere aperta al pubblico in primavera. 
Integrazioni nei contenuti sono opportune»; «La banca dati dell’autorità
 di vigilanza nei contratti pubblici deve essere aperta completamente al
 pubblico»; «La banca dati del Mef (Ministero dell’Economia e delle 
Finanze, ndr ) sulle partecipate locali è stata resa disponibile 
al pubblico il 28 febbraio e verrà aggiornata regolarmente»; «La banca 
dati del Sose sui costi standard dei Comuni va aggiornata, il flusso di 
ritorno deve essere dato ai Comuni e, successivamente, deve essere 
aperta al pubblico».
Terzo punto sulla trasparenza secondo Cottarelli riguarda un «principio
 generale: tutto deve essere disponibile on line tranne quello che è 
esplicitamente confidenziale designato come strettamente confidenziale 
per ovvi motivi». Infine, ultimo punto riguarda i «dibattiti pubblici su
 programmi di spesa».
Il contratto tra un ministero e un alto dirigente pubblico, dunque, non dovrebbe rientrare tra gli atti confidenziali.
Infine, in un comunicato del Mef del 4 ottobre scorso si affermava che 
«in virtù di un arco temporale definito e stabile, di un più ampio 
ambito di intervento, della disponibilità di risorse umane e di 
specifici poteri di ispezione, il Commissario potrà promuovere un 
riordino di carattere strutturale della spesa, superando il principio 
dei tagli lineari dettati da situazioni di emergenza». Forse si tratta 
di un obiettivo fin qui non raggiunto o magari che andrà approfondito in
 futuro perché nel suo rapporto, Cottarelli ha presentato in gran parte 
tagli lineari. Probabilmente non si tratta della grande novità che spera
 di introdurre nel sistema italiano il presidente del Consiglio, Matteo 
Renzi.

 
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