Nei giorni scorsi il sito Formiche.net ha pubblicato un illuminante
articolo di Pietro Di Michele che riprendeva le dichiarazioni
dell’ammiraglio di divisione, Enrico Credendino, comandante della
missione EunavFor Med, durante un’audizione informale alle commissioni
Esteri e Difesa del Parlamento.
“I gommoni vengono dalla Cina: noi sappiamo benissimo da dove
vengono, chi li fabbrica, che strada fanno, vanno in Turchia, poi a
Malta, poi in Libia.
“Purtroppo – ha aggiunto Credendino – essendo un commercio legale, non c’è modo di bloccare l’arrivo dei gommoni in Libia.
Bisognerebbe
convincere la Cina a non dare più questi gommoni fatiscenti alla Libia,
non è semplice, non c’è modo di bloccarli. L’unica cosa che possiamo
fare è, quando arrivano in Libia e sono nelle mani dei trafficanti
distruggerli”.
Ma per colpire i gommoni sulla costa e nelle acque territoriali
libiche l’operazione Eunavfor Med dovrebbe essere autorizzata dall’Onu o
dal governo libico, quello evanescente di Fayez al-Sarraj che non
controlla un bel nulla e che si basa sul consenso di tribù e milizie che
si arricchiscono col traffico di esseri umani.
“L’ideale sarebbe riuscire a evitare che arrivino” ha auspicato l’ammiraglio.
“Tutti sanno da dove arrivano e a cosa servano, sono fatti per fare
un solo viaggio e si vede, la gomma è di scarsa qualità, non hanno il
fondo, quindi è evidente che lo scopo è solo quello, ma non c’è nessun
mezzo, purtroppo, per evitare che arrivino in Libia”.
Cina a parte però l’Italia e l’Europa potrebbero almeno tentare di
fare pressioni su Turchia e Malta perché fermino i carichi di gommoni
quando sono in transito sul loro territorio.
Oppure,
visto che disponiamo di reparti di forze speciali considerati tra i
migliori del mondo (tra l’altro già presenti in Libia e sulle navi del
dispositivo Mare Sicuro), non dovrebbe essere difficile individuare i
cargo che trasportano i gommoni ai trafficanti e intercettarli per
distruggerne il carico senza provocare danni a navi ed equipaggi.
Del resto se il commercio dei gommoni è legale nulla vieta che, alla
luce del sole, le navi militari italiane ed europee ispezionino i cargo
diretti in Libia (anche con la motivazione di verificare eventuali
forniture illecite di armi come previsto dai nuovi compiti assegnati
recentemente a Eunavfor Med) requisendo e distruggendo i gommoni per
ragioni di sicurezza nazionale.
Decisioni
che ovviamente non possono essere assunte dagli ammiragli ma dai
vertici politici, innanzitutto a Roma e poi a Bruxelles.
Anche perchè se le flotte Ue e italiana non sono in grado nemmeno di
fermare le consegne dei gommoni cinesi agli scafisti tanto vale
ritirarle nei porti e sostituire le navi militari con più economici
traghetti e varare ufficialmente l’Operazione “Svuota l’Africa” per
portare nel Belpaese 1,2 miliardi di abitanti del Continente Nero.
Se in Italia vi fosse davvero la volontà di fermare o quanto meno
scoraggiare l’immigrazione clandestina il Parlamento avrebbe già
approvato una legge ad hoc contro chi si rivolge alle organizzazioni
criminali per emigrare illegalmente.
Legge che sarebbe auspicabile venisse recepita dalla Ue ma che invece
sta per essere licenziata dal Parlamento di Canberra, in Australia.
A
rafforzamento giuridico della posizione australiana sui flussi
migratori illegali basata sul noto slogan “No way”, il governo
australiano si appresta a negare a vita visto, permesso di soggiorno o
asilo a chiunque abbia tentato o tenti di entrare nel paese
illegalmente.
Il premier Malcolm Turnbull (nella foto a sinistra) ha annunciato che
la proposta di legge verrà presentata a breve in Parlamento e che si
tratta di una misura necessaria perchè passi il “messaggio risoluto e
inequivocabile” che gli immigrati clandestini non avranno alcuna
possibilità di venire accolti in Australia.
“Si
tratta di una battaglia tra il popolo australiano, rappresentato dal
suo governo, e le organizzazioni criminali di trafficanti di esseri
umani – ha aggiunto Turnbull ammonendo che – non bisognerebbe
sottovalutare l’entità della minaccia.
Questi trafficanti sono i peggiori criminali e fanno affari multimiliardari”.
Canberra ha adottato da tempo una politica molto dura respingendo i
barconi individuati verso le coste dei Paesi di provenienza e inviando i
clandestini che riescono ad arrivare sul territorio nazionale nei
centri istituiti sulle isole di Manus (Papua Nuova Guinea) e Nauru, in
attesa di una risposta sulla loro richiesta di asilo che, se accolta,
accorderà loro il permesso di soggiorno in quelle isole, non in
Australia.
L’intesa raggiunta da Canberra con questi Stati del Pacifico prevede
aiuti economici in cambio della disponibilità a ospitare i campi che
accolgono gli immigrati illegali.
La
nuova legge riguarderà anche quanti sono in queste isole dal 19 luglio
del 2013 e quanti arriveranno in futuro, ma non includerà i minori.
Di fatto la stessa misura che da tempo propone Analisi Difesa,
da abbinare a espulsioni dei clandestini giunti illegalmente in questi
anni e ai respingimenti assistiti sulle coste libiche di coloro che
arrivano oggi in Italia arricchendo i trafficanti.
Sempre che a Roma vogliano davvero fermare i flussi di immigrati clandestini.
Sospetto più che legittimo perché se sulla sponda africana del
Mediterraneo l’immigrazione illegale consente ai trafficanti 6 miliardi
annui di incassi (lo dice Europol), sulla sponda italiana il business
dell’assistenza ammonta a 4 miliardi annui che finiscono per lo più
nelle tasche di enti cattolici e cooperative legate all’area della
sinistra, che messi insieme rappresentano una bella fetta del panorama
politico nazionale.
Foto: Australia.gov, AFP, EPA, Twitter e Marina Militare
di Gianandrea Gaiani - 3 novembre 2016
fonte: http://www.analisidifesa.it
di Gianandrea Gaiani - 3 novembre 2016
fonte: http://www.analisidifesa.it
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