Nel titolo mi riferisco ad Umberto Vitelli, l'uomo al comando dell'Enrica Lexie in quell'ormai lontano 15 Febbraio 2012.
La figura del comandante Vitelli in questa vicenda ha per me da sempre rappresentato una piccola tragedia, nel suo specifico molto umana, all'interno della ben più grande tragedia del sequestro di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Per rispetto avevo quindi, fino a questo momento, evitato di metterla a fuoco.
La figura del comandante Vitelli in questa vicenda ha per me da sempre rappresentato una piccola tragedia, nel suo specifico molto umana, all'interno della ben più grande tragedia del sequestro di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Per rispetto avevo quindi, fino a questo momento, evitato di metterla a fuoco.
A seguito però della diffusione dei documenti depositati presso il
Tribunale di Amburgo e di alcune analisi apparse di recente a mio avviso
del tutto fuorvianti, ritengo ora necessario fare un po' di chiarezza
anche su questo specifico aspetto.
Se infatti si prendesse per buono, senza la necessaria contestualizzazione, quanto scritto nel 'Registro del Comandante dell'Enrica Lexie' e nella 'Deposizione' resa alle autorità indiane dallo stesso Vitelli, vi sarebbero evidenti contraddizioni con la ricostruzione dell'innocenza da sempre proposta non solo su questa mia pagina, ma anche nel libro 'Il Segreto dei Marò' di recente pubblicato da Toni Capuozzo.
Se infatti si prendesse per buono, senza la necessaria contestualizzazione, quanto scritto nel 'Registro del Comandante dell'Enrica Lexie' e nella 'Deposizione' resa alle autorità indiane dallo stesso Vitelli, vi sarebbero evidenti contraddizioni con la ricostruzione dell'innocenza da sempre proposta non solo su questa mia pagina, ma anche nel libro 'Il Segreto dei Marò' di recente pubblicato da Toni Capuozzo.
Come ho scritto più e
più volte in passato, l'unico punto di partenza possibile per chi voglia
provare a decifrare quanto è davvero successo in India nel corso di
questa storia è quello di capire una buona volta che tutte le indagini
condotte dalle autorità del Kerala sono state completamente manipolate.
Sono state manipolate dalla polizia e dalla guardia costiera indiana fin dal 16 febbraio 2012 su preciso input politico del primo ministro del Kerala, Chandy, e dell'allora ministro della Difesa indiano, Antony, in modo tale da poter fare apparire come colpevoli della morte dei pescatori i due marò italiani.
In questo contesto la manipolazione del 'Registro del Comandante dell'Enrica Lexie' e l'ottenimento di una 'Deposizione' da parte del comandante Vitelli compatibile con il castello di carte false che gli indiani stavano creando hanno rappresentato per gli inquirenti indiani due passaggi assolutamente necessari per provare a mettere l'intera indagine 'taroccata' in una botte di ferro.
Sono state manipolate dalla polizia e dalla guardia costiera indiana fin dal 16 febbraio 2012 su preciso input politico del primo ministro del Kerala, Chandy, e dell'allora ministro della Difesa indiano, Antony, in modo tale da poter fare apparire come colpevoli della morte dei pescatori i due marò italiani.
In questo contesto la manipolazione del 'Registro del Comandante dell'Enrica Lexie' e l'ottenimento di una 'Deposizione' da parte del comandante Vitelli compatibile con il castello di carte false che gli indiani stavano creando hanno rappresentato per gli inquirenti indiani due passaggi assolutamente necessari per provare a mettere l'intera indagine 'taroccata' in una botte di ferro.
Chi avesse letto i giornali
indiani nelle due settimane immediatamente successive a quel 15 Febbraio
2012, nel pieno del processo mediatico che, nell'assoluta assenza di
qualsiasi voce italiana, certa politica e certa stampa indiana stavano
imbastendo contro 'gli italiani dal grilletto facile assassini di
pescatori', si sarebbe reso conto che, data già per acquisita la
colpevolezza degli indagati, uno dei punti più accesi di dibattito era
se della morte dei pescatori dovessero rispondere i militari a guardia
della nave, il comandante della nave stessa o entrambi.
In tale situazione per gli inquirenti indiani è stato relativemente facile ottenere da Umberto Vitelli ciò di cui avevano bisogno. Come? Semplicemente terrorizzando lo stesso Vitelli facendogli chiaramente intendere che nelle prigioni indiane o vi sarebbero finiti o i due fucilieri di marina o, senza una sua collaborazione, vi sarebbe finito proprio lui.
In tale situazione per gli inquirenti indiani è stato relativemente facile ottenere da Umberto Vitelli ciò di cui avevano bisogno. Come? Semplicemente terrorizzando lo stesso Vitelli facendogli chiaramente intendere che nelle prigioni indiane o vi sarebbero finiti o i due fucilieri di marina o, senza una sua collaborazione, vi sarebbe finito proprio lui.
Non potendo gli inquirenti indiani più rivolgere la
loro attenzione verso chi aveva effettivamente partecipato alla
sparatoria in cui morirono i pescatori (la nave greca Olympic Flair che
aveva lasciato le acque indiane subito dopo l'incidente), questi avevano
infatti l'assoluta necessità, al fine di dare in pasto all'opinione
pubblica indiana comunque dei colpevoli, di costruire a tavolino le
prove contro i due fucilieri di marina.
Come ho più volte
spiegato, lo hanno fatto 'imboccando' le testimonianze dei pescatori
sopravvissuti, lo hanno fatto 'taroccando' la perizia balistica e lo
hanno fatto 'reinventandosi' completamente gli orari di quanto avvenuto.
Per quanto riguarda la 'reinvenzione' degli orari avevano
bisogno che Umberto Vitelli reggesse il loro gioco. Il prezzo della sua
cooperazione sarebbe stata la sua libertà. Se invece Vitelli avesse
rifiutato di cooperare sarebbe finito dritto filato nelle carceri
indiani, senza neppure godere del 'beneficio' della cella separata come è
poi avvenuto per i due marò.
Il reato che avrebbe potuto portarlo nelle carceri indiani Vitelli l'aveva infatti già commesso e per questa ragione gli indiani lo tenevano in pugno. Vitelli era entrato nella acque della Zona Economica Esclusiva indiana con armamenti non consentiti dalle leggi indiane senza denunciarli e senza ottenere quindi l'autorizzazione necessaria. Reato non di poco conto in un Paese come l'India spesso vittima di atti di terrorismo.
Il reato che avrebbe potuto portarlo nelle carceri indiani Vitelli l'aveva infatti già commesso e per questa ragione gli indiani lo tenevano in pugno. Vitelli era entrato nella acque della Zona Economica Esclusiva indiana con armamenti non consentiti dalle leggi indiane senza denunciarli e senza ottenere quindi l'autorizzazione necessaria. Reato non di poco conto in un Paese come l'India spesso vittima di atti di terrorismo.
Da parte italiana non vi era nessuno a Kochi a sostenere e rassicurare il povero e tremebondo Vitelli.
In quelle due settimane decisive l'ambasciatore italiano in India Giacomo Sanfelice di Monteforte non si prese neppure il disturbo di muoversi dall'ambasciata di Delhi.
L'intero equipaggio delle Lexie ricevette 'assistenza' solo da una delegazione costituita da funzionari dell'ambasciata di rango inferiore del tutto impreparata ed impotente per fare fronte alle aggressive azioni indiane. Un'assistenza finalizzata alla resa incondizionata.
Giorgio Napolitano, Mario Monti, Giulio Terzi di Sant'Agata, Giampaolo Di Paola e Staffan De Mistura avevano come primario obiettivo quello di salvaguardare ad ogni costo le relazioni con l'India, lasciando così carta bianca a Chandy, Antony ed agli inquirenti indiani. La loro decisione fu quella di confidare nella benevolenza indiana (in realtà mettendo così fuorigioco chi in India era pronto a sostenere le ragioni italiane), ma in ogni caso nel perseguimento del loro obiettivo primario decisero che l'intero equipaggio della Lexie fosse spendibile.
In quelle due settimane decisive l'ambasciatore italiano in India Giacomo Sanfelice di Monteforte non si prese neppure il disturbo di muoversi dall'ambasciata di Delhi.
L'intero equipaggio delle Lexie ricevette 'assistenza' solo da una delegazione costituita da funzionari dell'ambasciata di rango inferiore del tutto impreparata ed impotente per fare fronte alle aggressive azioni indiane. Un'assistenza finalizzata alla resa incondizionata.
Giorgio Napolitano, Mario Monti, Giulio Terzi di Sant'Agata, Giampaolo Di Paola e Staffan De Mistura avevano come primario obiettivo quello di salvaguardare ad ogni costo le relazioni con l'India, lasciando così carta bianca a Chandy, Antony ed agli inquirenti indiani. La loro decisione fu quella di confidare nella benevolenza indiana (in realtà mettendo così fuorigioco chi in India era pronto a sostenere le ragioni italiane), ma in ogni caso nel perseguimento del loro obiettivo primario decisero che l'intero equipaggio della Lexie fosse spendibile.
Vitelli, sicuramente
non un eroe, lasciato solo, ha accettato di chiudere gli occhi e non
contraddire quello che gli indiani avrebbero messo nero su bianco pur
sapendo che era falso. L'aut aut per lui era terribile: o accettava di
lasciare incastrare i due marò o sarebbe stato sbattuto in galera lui. E
lui ha scelto di salvarsi la pelle lasciando che nelle prigioni indiane
vi finissero i due soldati innocenti.
Non analizzerò nello
specifico qui quanto scritto nel 'Registro del Comandante dell'Enrica
Lexie' e nella 'Deposizione' di Umberto Vitelli per non annoiare chi
legge con troppi dettagli.
In realtà in nessuno dei due documenti vi è alcunché di veramente nuovo rispetto a quanto già ampiamente fatto uscire sui media durante quel processo mediatico che ha avuto tutte le caratteristiche di un processo alle streghe di stampo medievale.
Basti dire che il 'Registro del Comandante' (che non si sa se scritto personalmente da Vitelli o da qualche membro dell'equipaggio della Lexie costituito in buona parte da personale indiano) è pieno di inesattezze e falsità facilmente contestabili.
Per quanto riguarda la 'Deposizione' di Umberto Vitelli questa è stata resa talmente generica da far sì che la fattispecie di false dichiarazioni non sia riscontrabile nella 'letteralità' del testo, ma solo nella sostanza del messaggio che lascia intendere.
In realtà in nessuno dei due documenti vi è alcunché di veramente nuovo rispetto a quanto già ampiamente fatto uscire sui media durante quel processo mediatico che ha avuto tutte le caratteristiche di un processo alle streghe di stampo medievale.
Basti dire che il 'Registro del Comandante' (che non si sa se scritto personalmente da Vitelli o da qualche membro dell'equipaggio della Lexie costituito in buona parte da personale indiano) è pieno di inesattezze e falsità facilmente contestabili.
Per quanto riguarda la 'Deposizione' di Umberto Vitelli questa è stata resa talmente generica da far sì che la fattispecie di false dichiarazioni non sia riscontrabile nella 'letteralità' del testo, ma solo nella sostanza del messaggio che lascia intendere.
In conclusione, i documenti
'Registro del Comandante dell'Enrica Lexie' e 'Deposizione' di Umberto
Vitelli avrebbero dovuto dare sostegno al castello di carte e di
menzogne costruite dagli investigatori indiani che insieme a Capuozzo e
Di Stefano ho già smascherato da tempo.
Castello di carte e di
menzogne che, malgrado i depistaggi sia indiani che italiani, siamo
riusciti a fare crollare ormai due anni e mezzo fa grazie ad un
proiettile di troppo (quello calibro 7,62), grazie ad un'intervista di
troppo (quella in cui Freddy Bosco dice che l'incidente è avvenuto alle
'ompathu irupathu', cioè alle 21.20) e grazie soprattutto ai tre
messaggi di troppo che l'Enrica Lexie ha scambiato con la guardia
Costiera indiana e con la propria società armatrice (alle 19.16, alle
21,36 ed alle 21,47) e che ci consentono di dire che anche i documenti
sopra richiamati sono stati predisposti con l'unico intento di incolpare
Salvatore Girone e Massimiliano Latorre di un delitto mai commesso.
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