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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/10/15

DENATALITA' E IMMIGRAZIONE: "Invece di importare immigrati aiutiamo le famiglie a far figli"


Maggiori incentivi per il funerale che per la palestra dei bambini. Nel 2014, 825 milioni per gli immigrati contro il limite di spesa a 20 milioni per il bonus mamme


Dicono non ci sia altra soluzione: se vogliamo che nel futuro qualcuno paghi le nostre pensioni, dobbiamo aprire le porte agli immigrati. L’ha ripetuto l’Onu, che fissa a 250 milioni il numero di stranieri necessari per sostenere le spese previdenziali di tutta Europa. Il ragionamento sembra funzionare: se gli italiani non fanno figli, allora s’importino immigrati.

 
Ma questa non è la risposta corretta di un Paese che investe nel futuro: l’Italia dovrebbe aiutare le famiglie a fare figli. Invece fisco, casa, scuola, asili, politiche per la famiglia, lavoro per le mamme, bonus bebè, tariffe e spese scolastiche: non c’è nulla (o quasi) nella normativa italiana che faccia pensare questo sia un Paese costruito sulla famiglia.
Partiamo dal fisco. Allevare un bambino, dai pannolini alla laurea, costa circa 280.000 euro: se si volesse incentivare la natalità, bisognerebbe sostenere questo onere. Ma se si guarda alle modalità di calcolo dell’Isee - l’indicatore della situazione economica di una famiglia, che serve a ottenere benefici vari - si capisce che tutto gira al contrario. Prendiamo due famiglie, la prima con 1 solo figlio e un reddito di 25.000 euro; la seconda, invece, di pargoli deve allevarne 4 facendo affidamento su 75.000 euro. A parità di altre condizioni patrimoniali, la prima può dedicare al figlio tutto il reddito, la seconda (dividendolo per 4) potrà spendere 18.750 euro a bimbo.
Ebbene, secondo le regole attuali, i genitori del figlio unico potranno ottenere l’esenzione dalle tasse universitarie. Mentre la famiglia numerosa dovrà pagarle tutte per intero. “Il peso reale dei figli è ininfluente - ci racconta Davide, 8 figli - il nuovo Isee realizzato da quell’illuminato di Renzi non ci aiuta: i figli oltre il 4° non vengono conteggiati. Il mio Isee non mi permette di avere alcun bonus, anche se non sono ricco”.
Navigando nel mare delle detrazioni, delle deduzioni e dei bonus familiari si capisce una cosa: che i bambini non sono al centro delle attenzioni dello Stato. Nelle politiche familiari non v'è un incentivo a procreare, né tantomeno un aiuto sostanziale per crescere i nuovi nati. “Per la gravidanza ho sborsato 1.000 euro di visite, per i primi 30 mesi di vita del bimbo - ci racconta Caterina - si spendono tra i 1.400 e i 3.000 euro per i pannolini. Poi c’è il latte artificiale (60 euro al mese) e i vestiti: di tutte queste uscite non ci fanno detrarre nulla dalle tasse”.
Non c' da stupirsi. Per l’Italia, infatti, vale più un morto che l’attività fisica di un bambino. Alle famiglie che hanno affrontato un funerale è permesso detrarre 294,38 euro, mentre per la palestra dei bimbi il limite massimo è di 210 euro. Un mondo al contrario. Dove la detrazione per ogni figlio a carico fatica a raggiungere i 4 quel euro al giorno: poco più di uno snack.
Inutile approfondire i ticket sanitari e gli assegni familiari che “sono una presa per il culo- dice Caterina -: solo 40 euro al mese, una miseria”. Irrisorio anche il bonus gas, che si aggira tra i 53 e i 297 euro all’anno per chi ha 4 figli e arriva a spenderne anche 650 euro. “Per ottenerlo, poi - aggiunge Cristina, mamma di 12 figli - bisogna avere un 730 da fame”. Non cambia molto per il bonus luce, che a fronte di una spesa media di 1.300 euro l’anno garantisce uno “sconto” in bolletta di 153 euro. Ovvero 3 euro al mese per ogni figlio. Soldi che svaniscono se si ha una potenza maggiore a 4,5Kw, come la maggioranza dei nuclei numerosi.
Il lettore provi a perdonarci se riportiamo così tanti numeri. Sono necessari per comprendere il disagio di chi desidera mettere al mondo una prole consistente. Guardiamo le tasse: Imu, Tari, Tasi e bollo auto sono balzelli calcolati appositamente per bastonare chi ha più figli. “Ho un VW Caravelle da 9 posti per portarli a scuola - racconta Marco, 7 figli - e la cilindrata alta mi costringe a pagare 800 euro di bollo. Cosa devo fare, comprarmi una smart?”. Stesso ritornello per la Tari sui rifiuti (che aumenta all’aumentare dei componenti della famiglia) e con l’Imu (più alta per le case ad alta metratura, necessaria per coppie con 3,4 o 5 figli). Infine, sui beni necessari al bimbo, una mamma paga più imposte di quanto non facciano i signori del gioco d’azzardo per divertirsi: 22% di Iva per il latte artificiale e 11% sulle ludoteche.
Poi c’è la donna che decide di diventare madre. “Posso testimoniare - denuncia Davide - di colleghe costrette a firmare dimissioni in bianco in caso di gravidanza”. “Ad un colloquio di lavoro, quando hanno scoperto che ho 2 figli mi hanno scartata”, racconta Chiara. Lungi dal pensare che la colpa sia solo del datore di lavoro. Piuttosto la responsabilità cade sulla fiscalità generale che non incentiva il part time, il lavoro da casa e gli asili aziendali.
L’asilo, altra tegola sulle famiglie: sono pochi, senza personale sufficiente e costano troppo. Spesso poi si è costretti a ricorrere a quelli privati: “Nelle liste di attesa noi italiani siamo sempre in fondo - dice Sara, 2 figli - anche se abbiamo un reddito medio. Gli immigrati hanno un Isee inferiore, passano davanti e pagano una retta agevolata”. Per due figli si spendono 700 euro, cui bisogna aggiungere il pre-scuola, i pasti e il doposcuola. Oppure la baby sitter. Impossibile, infatti, uscire dal lavoro per andare a prenderli alle 16.30, orario di chiusura dell maggioranza dei nidi. Poi nei due mesi di chiusura estiva ci si affida ai costosi campi scuola e a Natale non si ha idea di dove parcheggiare i bimbi. “Bisogna rivedere il ruolo della donna nel lavoro - conclude Sara - dandole la possibilità di stare con i figli, di crescerli”. Esiste un bonus deciso da Renzi per pagare alle mamme la baby sitter o l'asilo nido (600 euro per 6 mesi), ma il fondo che lo finanzia non supera i 20 milioni di euro. Quando nel 2014 l’investimento per i 35 euro degli immigrati ci è costato 825 milioni.
Viene da chiedersi: il governo Renzi è attento alle famiglie? “No - risponde l’on. Mario Sberna (Per l'Italia), ex presidente dell’Associazione Naz. Famiglie Numerose - assolutamente no”. Il motivo è semplice, nonostante i proclami del premier sugli 80 euro. “Dalla legge di stabilità del 2014 stiamo ancora attendendo 45 milioni da destinare ai buoni acquisto per le famiglie e numerose. E sulla finanziaria approvata ieri in Csm non v’è nulla per la natalità”. Niente fondi per ampliare i miseri 480 euro all’anno di carta acquisti per famiglie indigenti con bimbi piccoli (1,3 euro al giorno). Niente fondi per aiutare le famiglie a pagare i 500 euro all’anno per i libri scolastici, i trasporti pubblici e i 70 euro di astucci e matite. Niente soldi per aumentare le garanzie dei mutui per la prima casa.
E il bonus bebè da 80 euro per i nuovi nati negli anni 2015, 2016 e 2017? “Lodevole, certo - aggiunge Chiara - ma non aiuta gran che”. Servirebbe ben altro per rispondere alla crisi demografica.
Invece l'Italia “per pagare le pensioni” sceglie di importare stranieri. Ma favorire l'immigrazione è solo la risposta più semplice. Non quella giusta.

GIUSEPPE DE LORENZO - 16 ottobre 2015
fonte: http://www.ilgiornale.it

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