Una risoluzione presentata ieri all’Onu autorizzerebbe, se approvata,
l’Unione Europea e i singoli paesi ad agire nelle acque territoriali
libiche contro i barconi che cercano di portare migranti e rifugiati in
Europa.
Il testo, diffuso dalla Gran Bretagna, autorizza l’Ue e gli stati
membri a “usare tutte le misure necessarie”, nel linguaggio Onu l’azione
militare, “per contrastare i trafficanti di migranti ed esseri umani”.
La risoluzione condanna “le tragedie ripetute nel Mar Mediterraneo che
sono sfociate nella perdita di centinaia di vite umane”.
E mette in evidenza la necessità di una “risposta internazionale per
affrontare il problema alla radice, per prevenire” lo sfruttamento di
esseri umani da parte dei trafficanti.
Nella
bozza sono autorizzate operazioni navali da parte dell’Ue e dei singoli
paesi per ispezionare barconi sospetti e sequestrarli se le ispezioni
ne confermano l’uso per il “traffico di migranti dalla Libia”. La
risoluzione rientra nel capitolo 7 della Carta dell’Onu, che prevede
come ultima ratio l’uso della forza e autorizza le ispezioni, il
sequestro e la distruzione dei barconi per un anno.
Secondo fonti diplomatiche citate dall’AP, a causa delle diverse
leggi vigenti in Europa, l’Italia può già sequestrare e distruggere i
barconi, ma la Germania e la Gran Bretagna, le due cui navi sono parte
delle operazioni europee, hanno bisogno dell’approvazione del Consiglio
di Sicurezza. La risoluzione è stata presentata al Consiglio di
Sicurezza dell’Onu in un incontro a porte chiuse.
Gran
Bretagna e Francia, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu, puntano ad approvare la risoluzione prima del 28 settembre,
quando l’Assemblea Generale entrerà nel vivo dei lavori. Lo ha
confermato all’ANSA una fonte Onu.
L’approvazione della risoluzione consentirebbe all’operazione
Eunavfor Med di iniziare da ottobre le operazioni di contrasto in acque
internazionali ai trafficanti, misura già approvata da Bruxelles.
A frenare sulla risoluzione è la Russia preoccupata che l’autorizzazione
ad adottare “tutte le misure necessarie” per proteggere gli esseri
umani in Libia apra la strada a un intervento militare su vasta scala,
come accadde nel 2011 con la guerra contro il regime di Muammar
Gheddafi.
Nel testo presentato al Palazzo di Vetro non si parla invece di
intervento nelle acque e sulle coste della Libia come previsto invece da
una precedente versione del documento, in quanto le diverse fazioni
libiche si sono espresse con ostilità all’ipotesi di un’azione militare
esterna.
Per
sperare nel consenso della Libia occorre attendere l’eventuale esito
delle trattative guidate dall’ONU per costituire un governo di unità
nazionale, negoziati che sembrano però ancora lontane dal raggiungere
risultati concreti. Anzi, in Libia il caos sembra dilagare
ulteriormente.
Allo scontro tra i governi di Tobruk e Tripoli e alla crescente
presenza dello Stato Islamico si è aggiunta ieri una nuova compagine
politica e militare di tipo tribale..
I capi delle più importanti tribù si sono riuniti nel villaggio di
Suluk per discutere della proposta di dare vita a un consiglio tribale
nazionale.
Secondo quanto riferisce il sito informativo locale “Akhbar Libya
24″, si è discusso di dare vita ad un organismo chiamato Congresso
Generale composto dai rappresentanti delle tribù di tutto il Paese in
base ad una mappa tribale e sociale riconosciuta da tutti che divide la
Libia in tre macro regioni con all’interno delle divisioni per tribù.
L’idea è di creare una sorta di “parlamento delle tribù” composto da
240 membri, 80 per ogni regione, con una presidenza composta da 15
persone. L’eventuale nascita di questa nuova entità rischia di aumentare
il caos in un Paese che ha già 3 governi (incluso lo Stato Islamico,
due parlamenti e decine di milizie.
Foto AP, Eunavfor Med, Marina Militare
di Redazione18 settembre 2015
fonte: http://www.analisidifesa.it
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