Il ritrovamento tra gli atti
della copia del referto dell’autopsia condotta dall’anatomopatologo K.
S. Sisikala, che esaminò i cadaveri dei pescatori. Sisikala è un vero
luminare della materia che ha dovuto eseguire decine di perizie
necroscopiche di poveri pescatori crivellati da colpi di armi da fuoco
sparati da pirati, dalla guardia costiera dello Sri Lanka o da
concorrenti che ritenevano violati i propri spazi di pesca. Quel referto
esclude che le ogive rinvenute nei cadaveri di Valentine Jelastine e di
Ajeesh Pink fossero compatibili con i proiettili in dotazione ai Marò,
tipicamente quelli di uso comune tra le truppe Nato. Per questo era
stata fatto sparire, per cui si può essere certi che gli indiani si
siano dimenticati di toglierlo dal mucchio di documenti depositati ad
Amburgo come allegato no. 4.
“Il documento balistico esibito
dagli indiani è stato palesemente e grossolanamente contraffatto”. La
sua indagine parte dai “fermo immagine” scattati sui filmati trasmessi
dal Tg 1 e dal Tg 2 della Rai. Per cominciare, Di Stefano aveva già
fatto notare che le pagine mandate in onda si limitavano al frontespizio
ed alle conclusioni, ovvero che non si fosse fornita nessuna immagine
del testo. Nel passaggio riferito a Binki o Pink, una delle due vittime,
si vedono addirittura due residui dello scritto originale parzialmente
rimosso e sostituito. L’indicazione del mese e il nome sono sulla
destra, mentre il resto del documento è ordinatamente allineato a
sinistra. La stessa anomalia si ripete quando viene citato il reperto
estratto dal cervello di Jelestine, l’altra vittima, a testimonianza del
fatto che l’originale e la versione finale del documento non coincidono
e non sono state redatte dalla stessa persona.
Il 7 e 62 lungo da 31 millimetri è
il calibro delle pallottole in dotazione al mitra Pk di fabbricazione
russa. L’arma è montata di serie sulle torrette delle piccole unità
Arrow Boat in dotazione alla Guardia Costiera dello Sri Lanka.
Infine, nella documentazione
prodotta ad Amburgo dagli indiani segnaliamo la perla più fulgida ed
abbagliante prodotta dalla loro stupidità, figlia diretta della loro
ottusa malafede. Non sapendo più a quale appiglio attaccarsi, gli
indiani hanno cambiato impostazione e tattica circa la richiesta di
giurisdizione sul caso. Per i Marò l’Italia ha chiesto il rispetto
dell’immunità funzionale che taglierebbe la testa al toro e renderebbe
inutile la disputa circa il riconoscimento della territorialità del
luogo ove avvenne l’uccisione di Valentine Jelastine ed Ajeesh Pink.
Infatti, se tale immunità funzionale fosse riconosciuta, e l’India
stando alla normativa internazionale la DEVE riconoscere visto che è
firmataria dell’Unclos III, il procedimento giudiziario non
riguarderebbe più direttamente i Marò, ma aprirebbe un contenzioso tra i
due governi e i due militari dovrebbero essere immediatamente
rilasciati (si fa per dire, dopo tre anni e mezzo di sequestro).
L’immunità infatti va riconosciuta ai funzionari in missione ufficiale
in rappresentanza di uno Stato, i quali non sono responsabili delle
conseguenze del loro operato se questo si svolge sul teatro operativo e
nell’ambito di quanto disposto dal mandato per compiere la missione loro
affidata.
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