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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

03/10/14

Un amore (musulmano) da favola. L’incubo delle italiane in trappola

 

 

LE STORIE

Picchiate, insultate, vessate dai mariti che volevano convertirle all’Islam

L'INTERVENTO di Souad Sbai Donne-guerriere per essere libere




 
 
Pestata a sangue dal marito perché non voleva convertirsi all'Islam. È la terribile storia di una donna italiana che, dopo essersi sposata con un egiziano e aver avuto da lui due figli, è stata costretta a chiedere il divorzio a causa della violenza e degli insulti, subiti negli anni, perchè non ha accettato di abbracciare la religione musulmana. Una vicenda che ha portato Anna (nome di fantasia, ndr) sull'orlo del baratro, rischiando anche di perdere il figlio maschio considerato dal padre di sua proprietà. Dopo anni di aggressioni e insulti, «maiala, infedele, cane», l'ultimo pestaggio, avvenuto a settembre, ha costretto la donna in ospedale, dove i sanitari le hanno riscontrato traumi al volto, ecchimosi al collo e alle braccia. Trenta giorni di prognosi e la paura di quel mostro che, in nome di Allah, voleva rapire il figlio maschio e riportarlo in Egitto per educarlo secondo le regole dell'Islam. Già dalla nascita, infatti, al bimbo è stata inculcata la religione musulmana, mentre per la figlia esisteva solo disprezzo e noncuranza.

Dopo l'ultima aggressione Anna, che vive in provincia di Viterbo con i figli, ha trovato il coraggio di denunciare suo marito e di portare avanti la pratica di divorzio. «Le cose sono peggiorate - si legge nella denuncia presentata ai carabinieri - quando ho iniziato ad intervenire per difendere mio figlio a cui mio marito inculcava in modo verbalmente aggressivo la religione musulmana. Da quel momento il rapporto è precipitato e ha iniziato ad aggredirmi e umiliarmi anche davanti ai miei figli: "Tua madre è una mignotta"». A quel punto la situazione è degenerata. Oltre alle botte e agli insulti, per Anna e i suoi due figli arrivano anche le limitazioni: «Nel fine settimana non potevamo andare al mare perché lui non voleva». E il giorno dell’ultimo pestaggio, mentre inveiva sulla donna, ripeteva: «Sarà fatta la giustizia di Allah». Ma sono tante le italiane cadute nella trappola di un amore da favola. Luisa, 47 anni di Roma, da un anno ha ottenuto il divorzio dal marito egiziano «dopo 5 anni di inferno» in cui lui le ha imposto, anche con la violenza, di convertirsi all’Islam. «Avrei dovuto capire prima - dice - l'11 settembre del 2001, quando mi trovavo in Egitto con lui e la sua famiglia. Davanti alle scene in tv delle Torri Gemelle che precipitavano al suolo, in quella casa e in quella città si festeggiava». Il vero obiettivo dell’uomo, però, era ottenere la cittadinanza italiana. «Dopo la separazione - racconta Luisa - mi ha detto "Con le tue leggi ti ho fregata"».


I due si sono conosciuti in Egitto nel 2000, durante una vacanza della donna. «Ho conosciuto un uomo galante, romantico, gentile ed educato - dice - era sempre pieno di attenzioni e si mostrava rispettoso nei miei confronti”». Dopo quel viaggio Luisa ritorna ancora in Egitto, e i due si sposano nel 2002 a Il Cairo con rito civile. Poi il matrimonio viene trascritto anche in Italia, dove la coppia vivrà in seguito. Grazie alle nozze con Luisa, l’uomo ottiene il permesso di soggiorno. Il sogno, però, si infrange ben presto, quando « dopo essere stato in moschea tornava a casa nervoso e premeva perché mi convertissi all’Islam. Io non ho mai ceduto e alla fine - racconta ancora Luisa - dopo 5 anni di matrimonio è partito per l’Egitto, dove ha sposato una donna musulmana. Al suo rientro in Italia, la sua seconda moglie era anche incinta di una bambina nata poi a Roma». A quel punto l’uomo, già cittadino italiano, ha potuto regolarizzare l’altra moglie e la figlia «alle mie spalle - spiega - il paradosso è che per un periodo, non avendo ancora formalizzato il divorzio, quella bambina risultava anche nel mio stato di famiglia come se fosse nostra figlia». Alla fine l'egiziano ha subito un processo per bigamia ed è stato condannato ad un anno di carcere e al pagamento delle spese legali. A Luisa, però, resta tutto l'amaro di un sogno infranto.

Francesca Musacchio - 3 ottobre 2014
fonte: http://www.iltempo.it


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