RIPORTIAMOLI A CASA
Il sindaco non accende il Colosseo e incolpa gli Esteri. Il ministro smentisce e il Campidoglio corre ai ripari
Cara Roma, sei su Scherzi a Parte . Perché un sindaco così, come
Ignazio Marino, era davvero difficile andarlo a trovare. I romani
ancora si chiedono dove lo sia andato a prendere il Pd e soprattutto
perché. L’ultima performance del chirurgo marziano è una commedia
dell’assurdo. E ad andarci di mezzo sono, di nuovo, i nostri due poveri
marò. Sei mesi fa Marino fece rimuovere senza un apparente motivo le
immagini in Campidoglio per chiederne la liberazione. Ora il sindaco
rifila un nuovo ceffone ai nostri due militari trattenuti in India da
oltre due anni.
Andiamo con ordine. Dieci giorni fa l’Assemblea Capitolina approva
all’unanimità una mozione presentata dal consigliere comunale di FI
Giordano Tredicine che impegna il sindaco ad accendere il Colosseo il 21
aprile, giorno del Natale di Roma, per sensibilizzare governo, opinione
pubblica e comunità internazionale sulla vicenda di Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone. Tutti i 35 consiglieri presenti votano a
favore, compresi quelli dell’ultrasinistra e della pittoresca Lista
Civica Marino.
Ore 20.10
Ore 20.10
Davanti al Colosseo si assiepano un centinaio di persone di tutte le
età. In mezzo a loro c’è naturalmente lo stesso Tredicine. Ma il
Colosseo, contrariamente a quanto tutti si attendevano e a quanto
stabilito dalla mozione, non si accende. Un comunicato stampa dello
stesso Tredicine attacca il sindaco rimproverandogli di non aver voluto
accendere il Colosseo. In redazione scatta l’allarme. «Vuoi vedere che
Marino ne ha combinata un’altra delle sue?», ci chiediamo. C’è un solo
modo per saperlo: telefonare al diretto interessato. Così chiamiamo il
capo ufficio stampa del Comune di Roma, Marco Girella, che spiega: «No,
il Colosseo non lo accendiamo più. Il ministero degli Esteri ci ha
chiesto di non farlo. Sapete, in India ci sono le elezioni... C’è il
timore che un gesto del genere possa compromettere i rapporti con Nuova
Delhi...».
Ore 21.05
Facciamo le nostre verifiche. Chiamiamo il ministro Federica Mogherini,
chiedendo spiegazioni alla sua portavoce. Dopo un po’ ci richiama,
spiazzandoci. «No, non abbiamo mai detto al sindaco di Roma di non
accendere il Colosseo per i due marò. Anzi... Sapete quanto il ministro
tenga a questa vicenda, a riportare a casa quei due ragazzi... Non
abbiamo nulla in contrario a un’iniziativa del genere, anzi ne saremmo
contenti».
Ore 21.20
Ore 21.20
La commedia dell’assurdo arriva a livelli impensabili. Girella ci manda
un sms: «Tra venti minuti accendiamo il Campidoglio». Evidentemente, la
Farnesina avrà richiamato all’ordine - usiamo un eufemismo - il
sindaco. Però che c’entra il Campidoglio col Colosseo? Pensiamo a un
lapsus. Invece no, al telefono Girella ci spiega che il Colosseo dipende
dal Mibac e non lo possono accendere così seduta stante. Ma come?
L’atto dell’Assemblea Capitolina è di dieci giorni fa e il sindaco non
aveva provveduto a chiedere autorizzazione ai Beni Culturali?
Soprassediamo: l’importante è che qualcosa si accenda. Chiamiamo il
fotografo: «Fai la foto al Colosseo spento, poi vai in Campidoglio che
accendono Palazzo Senatorio».
Ore 21.46
Nuovo contatto telefonico con Girella, che ci annuncia: «Accendiamo il
Colosseo!». Contrordine compagni. Richiamiamo per la ventesima volta il
fotografo: «Rivai al Colosseo, lo accendono. Fai la foto». E lui, il
povero Pasquale, stremato psicologicamente: «Ma ragazzi, stiamo
scherzando?». Purtroppo no.
Ore 22.07
Squilla il telefono. È ancora Girella: «Lo abbiamo acceso, eh!». Poco
prima ci aveva chiamato il fotografo. Alla fine se qualcosa si è acceso a
Roma per quei due poveri ragazzi è grazie a Il Tempo . La credibilità del Campidoglio è invece ridotta al lumicino...
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