Blair: «La minaccia dell’Islam radicale non è in diminuzione»
La sfida per l’ex primo ministro britannico è quella fra società che aspirano alla tutela delle minoranze e società che invece vorrebbero imporre un regime autoritario e sostanzialmente teocratico Why the Middle East matters, con un discorso incentrato soprattutto sui rapporti tra politica e religione nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa Tony Blair interviene suscitando approvazioni e polemiche su un tema che ha coltivato molto soprattutto negli ultimi anni. Blair accusa i paesi occidentali di miopia, di un atteggiamento “riluttante” nei confronti dell’espansione del fondamentalismo islamico in Medio Oriente ed in molte parti del mondo, Europa compresa: «La minaccia dell’Islam radicale non è in diminuzione. Sta crescendo. Si sta diffondendo in tutto il mondo. Sta destabilizzando intere comunità e intere nazioni. Sta minando la possibilità di coesistenza pacifica in un’epoca di globalizzazione».La sfida per l’ex primo ministro britannico è quella fra società che aspirano alla tutela delle minoranze, al pluralismo religioso e ad economie aperte e società che invece ambiscono ad imporre un regime politico basato su regime autoritari e sostanzialmente teocratici. Ci sono quattro motivi principali secondo Blair per prestare particolare attenzione agli sviluppi politici che avvengono nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa: innanzitutto, nonostante la rivoluzione dello shale gas, è ancora in quei paesi che si trovano le principali fonti di approvvigionamento energetico; in secondo luogo stiamo parlando di paesi che sono alle porte dell’Europa ed eventualità instabilità andrebbero a colpire in primo luogo paesi europei come Spagna e Italia; in terzo luogo non possiamo dimenticarci della situazione di Israele che resta comunque una variabile importante nel contesto degli sviluppo politici di quei paesi e infine, sostiene Blair, è soprattutto in quei paesi che l’Islam deciderà che approccio vorrà adottare nei confronti della politica. Sostiene Blair che questi sviluppi ci riguardano perché in un mondo globale l’ideologia fondamentalista circola, i suoi attori e i suoi formati ideologici vengono esportati mettendo così a dura prova anche paesi di consolidate tradizioni democratiche che hanno fatto della tutela dei diritti civili uno dei principi fondamentali del proprio ordinamento.
In sintesi, per Blair «L’estremismo religioso è oggi una delle più gravi minacce allo sviluppo globale» e per questo motivo tale tema «deve essere messo in cima all’agenda delle discussioni». Chi segue Tony Blair non resterà sorpreso dalle affermazioni del discorso londinese, negli ultimi anni soprattutto mediante il lavoro della Tony Blair Faith Foundation, l’ex primo ministro britannico ha messo il tema della religione nella sua interazione con la politica al centro della sua attività. Ugualmente numerosi paesi, dagli Stati Uniti al Canada alla Francia fino ad arrivare ad alcune iniziative in sede Europa hanno individuato nel tema della protezione della libertà religiosa uno dei nodi cardine delle rispettive politiche estere.
Non sappiamo cosa faranno Matteo Renzi e il suo governo. Negli anni scorsi, con importanti difficoltà di merito e di metodo, anche il governo italiano aveva provato a costruire delle iniziative sul tema anche mediante la costituzione di un osservatorio per la libertà religiosa presso la Farnesina o provando ad interagire con Bruxelles, soprattutto con il servizio relazioni esterne (il nuovo servizio diplomatico) dell’Unione Europea. Ad oggi sembra tutto caduto nel dimenticatoio. Che si condivida o meno la sua analisi, quello che il discorso di Tony Blair ci fa capire è che impossibile afferrare (ed influenzare) quanto ci sta succedendo sotto i piedi senza una comprensione dei rapporti che passano tra religione e politica.
Nessun commento:
Posta un commento