La cronaca “europea” della scorsa settimana è stata segnata dalle
dichiarazioni, poi parzialmente rimangiate, del cancelliere tedesco
Angela Merkel su una “Europa a due velocità” da formalizzare già al prossimo vertice di Roma. I media
hanno sbrigativamente tradotto le posizioni della Merkel con l’ossimoro
di una “doppia moneta unica”, una per i paesi del nord ed un’altra per i
paesi del sud. Non sono mancati i consueti commenti circa l’influenza
della campagna elettorale in Germania su questa presa di distanze della
Merkel dalla consueta dogmatica dell’Unione Europea.
In realtà i tedeschi sono scontenti dell’Ue perché gli è stato fatto
credere che il crollo dei loro redditi sia causato dalla necessità di
sacrificarsi per soccorrere i cosiddetti Piigs. Dato che così non è,
alla Merkel basterebbe consentire un aumento dei salari in Germania per
fare tutti contenti, all’interno come all’esterno. Un aumento della
domanda in Germania stimolerebbe l’economia
dei paesi Ue più in difficoltà e il contestuale aumento del costo del
lavoro nella stessa Germania renderebbe le merci tedesche un po’ meno
competitive, diminuendo così il destabilizzante surplus commerciale
tedesco.
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La Germania non deve neanche affannarsi più di tanto per raggiungere
il suo scopo, poiché ci pensa la lobby dello spread. La moneta “unica” è
infatti un inganno. La moneta è composta di banconote e di debito
pubblico, cioè di titoli del Tesoro: nel caso dell’euro le banconote
sono controllate dalla Banca Centrale Europea, mentre i titoli del
Tesoro sono ancora emessi dagli Stati, che però pagano interessi
diversi. In questa tenaglia è stata stritolata la Grecia e si può
stritolare l’Italia. Risulta quindi fuori luogo la sorpresa suscitata
dalla minaccia della Commissione Europea di mettere l’Italia in
procedura d’infrazione per il famoso “zero virgola due”. La Brexit e
“CialTrump” non hanno per niente indotto Juncker e colleghi a maggiore
prudenza e buonsenso poiché la Commissione Europea, e l’apparato che la
supporta, non si pongono affatto problemi di sopravvivenza dell’Ue, ma
ragionano esclusivamente in base agli interessi della lobby dello
spread, cioè la lobby di finanzieri internazionali che esige alti
interessi sul debito pubblico da paesi che sono ancora in grado di
pagarli, come l’Italia.
L’Unione Europea
è un allevamento di lobbisti e costituisce il paradiso delle porte
girevoli tra cariche pubbliche e carriere nel privato, e il tutto è
rigorosamente documentato da tempo, con dovizia di dettagli. La porta
girevole che ha portato l’ex presidente della Commissione Europea,
Manuel Barroso, alla dirigenza di Goldman Sachs dovrebbe costituire una
preoccupazione urgente per tutti gli “europeisti”, i quali insistono
invece a distrarci con voli pindarici. Ma gli europeisti non esistono, i
lobbisti invece esistono, eccome. La delegittimazione delle istituzioni
europee è tale che oggi la vera domanda che tutti si pongono è in quali
multinazionali finanziarie concluderanno felicemente la loro
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La farneticazione del presidente della Bce contiene comunque un
messaggio recondito, e cioè che la vita dell’euro dovrà perpetuarsi
oltre la sua morte, con una scia di ulteriori sacrifici da imporre a
lavoratori e risparmiatori. La risposta immediata a Draghi dovrebbe
essere quella di sottrarre il debito pubblico ai cosiddetti “mercati”
(cioè la lobby dello spread) per usare i titoli del Tesoro solo
all’interno, per effettuare i pagamenti della pubblica amministrazione e
per mettere al sicuro il risparmio delle famiglie. Si tratta di una
vecchia proposta, ripresa qualche giorno fa – non si sa quanto
seriamente – anche dalla Lega. A rendere improbabile una tale misura di
autonomia finanziaria non sono soltanto gli enormi rischi personali di
chi dovrebbe adottarla, ma anche il fatto che lo spread e l’austerità si
avvalgono di una lobby interna, tutta italiana, che lucra sugli alti
interessi del debito pubblico, sul credito al consumo (e sul relativo
recupero crediti), sul caporalato istituzionalizzato, sulle
privatizzazioni e sull’intermediazione per la svendita all’estero dei
patrimoni immobiliari.
(“Dopo i sacrifici per entrare nell’euro e i sacrifici per restare nell’euro, i sacrifici per uscire dall’euro”, dal blog “Anarchismo.Comidad” del 9 febbraio 2017).
fonte: http://www.libreidee.org
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