Il caso generale Stano fa riflettere, apre i meandri delle
coscienze, rende la società un po' più debole, se ciò è ancora
possibile. La si farà breve con la storia per poi passare al punto: nel
2003 presso An-Nassirya il contingente italiano era dislocato in
differenti punti della città irakena con lo scopo di svolgere attività
di controllo del territorio, supporto alla ricostruzione ed alle forze
di sicurezza locali, nel tempo, a seguito di svariati allarmi molte basi
furono spostate in periferie, tra quelle rimaste in città c'era la base
Maestrale dei Carabinieri, tale base fu oggetto, il 12
novembre 2003 alle 10:40, di un clamoroso attentato dove persero la vita
militari e civili italiani ed locali.
L'allora comandante del Contingente italiano (generale Stano, nda)
sottoposto a processo è stato nei vari gradi di giudizio
alternativamente assolto e condannato, secondo un sistema tutto
italiano, tuttavia nei giorni scorsi la corte di Cassazione lo ha
condanna definitivamente a pagare un risarcimento a favore dei
famigliari dei caduti. Ecco dunque il punto del ragionamento: il primo
obiettivo di un comandante è, volente o nolente, l'assolvimento del
compito assegnato, il raggiungimento degli obiettivi fissati nella
missione; la sicurezza del personale non è da inserire nelle priorità,
semplicemente per il fatto che il combattente è lo "strumento" con cui
raggiungere l'obiettivo, pertanto va salvaguardato nell'ambito di
ragioni eminentemente pratiche ed intrinseche alle necessità operative,
se così non fosse sarebbe come andare a correre in bici senza la bici
medesima. Nei principi dell'arte della guerra infatti si parla di
economia delle forze e di sicurezza, per le ragioni poc'anzi esposte,
non di protezione della forza, peraltro nell'analisi della missione si
esamina la combinazione di tempo, spazio e forza quali elementi chiave,
mai di protezione. Ripetiamo, semplifichiamo e cerchiamo di chiarire: si
indossa il giubbotto antiproiettile non perché la priorità sia salvare
la pellaccia, ma semplicemente perché la morte o l'inabilità
causerebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi militari
prefissati. Tutto ciò chiaramente non va confuso con il cinismo perchè
in queste righe si sta trattando di un tema connesso all'applicazione
del diritto civile su un evento bellico (ossimoro nda), altra cosa
sarebbe se si parlasse di etica militare ed etica del conflitto, poi se
per cinismo si intende il bastare a se stessi di Diogene allora bene
sarebbe essere cinici.
Entrando ulteriormente nella speculazione filosofica che forse può
ritenersi l'ambito appropriato in cui cercare risposte in merito alla
questione diremo che Socrate era un maestro di virtù, democratico e
difensore della vita, tuttavia per un bene superiore, l'adesione alle
leggi della poleis, decise di bere la cicuta. Il militare ha anch'esso
un dovere superiore ed è quello della difesa dello Stato unito
alla salvezza dei cittadini, in fondo è la sua cicuta, c'è un contratto
sociale di dimensioni etiche a cui deve rispondere e nei confronti del
quale ha giurato. Nell'ambito della comunità militare poi i più esposti
ai predetto doveri, i più accaniti bevitori di cicuta, restano i
comandanti i quali detengono il compito di presiedere ai doveri militari
e se necessario imporli alla società in armi. Qui non si tratta di
salvaguardare il sistema produttivo di una azienda, L'Esercito,
contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, non è una azienda,
infatti se in precedenza si è usato il termine strumento, per indicare i
militari, lo si è fatto tra virgolette, consapevoli per contro che
anche allo Spirito Santo le Scritture danno l'attributo di strumento.
È comprensibilmente difficile da digerire questo argomento, però si
ritiene che questi temi si dovrebbero trattare con compiutezza e enfasi,
financo nelle scuole, proprio allo scopo di formare cittadini
consapevoli ed evitare di creare così disgregazione sociale, ma
l'Italia, si sa, è il paese dei guelfi e dei ghibellini ed a questo
punto si sta divagando.
Restano in tutto questo i caduti che mai torneranno, il tormento di
un comandante ed un risarcimento danni che non farà la gioia di nessuno.
Amen!
18 febbraio 2017
Lettera a firma L'Homme qui va
(foto: web)
fonte: http://www.difesaonline.it
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