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Nelle stesse ore in cui la Corte Suprema indiana accettava, suo
malgrado, di rendere immediatamente esecutivo l’ordine del Tribunale
arbitrale internazionale dell’Aja di far rientrare in Italia il fuciliere di Marina Salvatore Girone,
il Ministero della Difesa indiano annullava un mega-contratto da 300
milioni di dollari con Finmeccanica ( Progetto Leonardo) per la
fornitura di siluri per i sottomarini di Nuova Delhi.
La perfetta coincidenza temporale di questa decisione – ufficialmente
motivata a causa dello scandalo delle tangenti- lascia pochi dubbi sul
fatto che il Governo indiano abbia nella circostanza posto in essere
una vera e propria ritorsione verso l’Italia: la cancellazione di una
commessa di notevole rilevanza economica come prezzo da pagare per la
restituzione definitiva dei marò all’Italia. Un sospetto reso ancor più
concreto dal fatto che l’accordo per questa importante fornitura
all’India – un centinaio di siluri pesanti Black Shark prodotti dalla
Wass di Livorno, azienda del gruppo Finmeccanica – era stato raggiunto
nel marzo 2013, nelle stesse ore in cui il governo Monti prendeva la
clamorosa e contestata decisione di riconsegnare alle autorità indiane i
due marò: una decisione, quella di Monti, da più parti definita come
un autentico quanto sconcertante voltafaccia anti nazionalistico di un
Presidente a cui è sembrato stessero più a cuore le questioni economiche
del Paese (rimaste comunque irrisolte nel corso del suo mandato
presidenziale) che la dignità, il rispetto dei diritti umani e la tutela
giuridica dei due militari italiani ( nei cui confronto, peraltro, la
stessa Nuova Delhi non è mai stata in grado di individuare l’esatto capo
di imputazione e quando lo ha fatto è stata smentita dalle perizie
balistiche e dai sopralluoghi effettuati in mare dai periti delle due
nazioni) tenuti letteralmente in ostaggio dal Governo Indiano, ed
arrivato solo pochi giorni dopo che il ministro degli Esteri Giulio
Terzi aveva, invece, annunciato che i due militari non sarebbero più
tornati in India ( rimediando ovviamente una figuraccia a dir poco
planetaria che costringerà Terzi alle dimissioni). Marò che vanno,
appalti che vengono.
In quei giorni, la perfetta coincidenza di tempi attirò sul governo
il sospetto di aver barattato la libertà dei due fucilieri in nome degli
interessi economici e commerciali del gruppo industriale di cui il
Ministero dell’Economia e delle Finanze è il principale azionista (30,2
per cento). La stessa perfetta coincidenza si ripete oggi, ma in senso
inverso. Marò che vengono, appalti che vanno. Uno smacco per l’Italia,
la quale, contrariamente all’India, ha sempre ritenuto prioritari gli
affari legati alle forniture militari, rispetto alla vicenda dei marò.
Come ricorda Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle armi
(Opal) di Brescia – “qualsiasi altro Paese, al posto dell’Italia,
avrebbe sospeso le forniture belliche. Invece i governi Monti, Letta e
lo stesso governo Renzi non solo hanno continuato ad inviare all’India
sistemi militari (per più di 328 milioni di euro) ma hanno addirittura
autorizzato nuovi contratti (283 milioni): nei soli due anni del governo
Renzi sono stati autorizzate esportazioni per quasi 145 milioni per
forniture di armamenti di ogni sorta, aeromobili, navi da guerra,
munizionamento e sistemi elettronici”-.
C’è da rimanere sbigottiti e sconcertati di fonte a tanta ipocrisia e
demagogia soprattutto se rivediamo le immagini dell’arrivo in Italia
del fuciliere Girone e di tutto l’apparato messo in piedi per riceverlo
con la presenza di Ministri che con il rientro a casa di Girone non
avevano nulla a che fare, con la presenza del Ministro Gentiloni che ha
stretto così calorosamente la mano di Girone, per quasi tre ore, con il
rischio di procuragli una frattura e con la ministra Pinotti che se lo è
stretto e coccolato come fosse il figliuol prodigo ritornato a casa sua
sponte. Ipocrisia e demagogia che aggravano la figuraccia rimediata
dai governi italiani che non sono riusciti in ben 4 anni ad impostare
una strategia diplomatica e legale seria e vincente per riportare a
casa e restituire all’affetto dei propri cari i due militari; dobbiamo
ricordare che se Latorre è potuto restare in Italia non lo si deve alla
inefficiente diplomazia Italiana ( Regeni docet) ma ad una grave di
infermità che lo ha colpito nel corso di un breve rientro e per la
quale ancora oggi è obbligato a sottoporsi a cure intense per evitare
conseguenze invalidanti.
Il processo dinanzi al tribunale internazionale arbitrale dell’AIA
dovrebbe concludersi non prima del 2018, ci auguriamo che in questo
periodo ,lungo o breve che sia il Governo italiano ritrovi
l’autorevolezza e la sensibilità per far capite agli indiani che gli
affari sono affari ma che il prestigio e l’onore di una grande nazione
hanno carattere prioritario su tutto e passano attraverso azioni
improntate al rispetto delle persone, della loro dignità ed atte ad
assicurare il benessere psico fisico dei suoi cittadini.
Giacomo Marcario - 31 maggio 2016
fonte: http://www.corrierepl.it
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