La strada tracciata dell’Arbitrato internazionale
nel giudicare la vicenda dei due fucilieri della Marina appare sempre
più un percorso accidentato. Quando e perché il nostro Paese ha compiuto
degli sbagli imperdonabili
Da quarantanove mesi le relazioni tra Italia e India sono tempestose a
causa della vicenda che vede due fucilieri di marina del Battaglione
San Marco, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, di fatto ostaggi
nelle mani della giustizia indiana per l’accusa di aver ucciso il 15
febbraio del 2012 due pescatori scambiati per pirati.
Da allora molte città italiane sono state tappezzate di manifesti con la scritta “Riportiamo a casa i nostri marò”
ma, nonostante una confusa e frenetica serie di iniziative nel nostro
Paese, i due sottufficiali della Marina Militare restano avviluppati in
una apparentemente inestricabile rete di garbugli legali che rende la
loro sorte tutt’altro che certa.
Dal settembre del 2014 Massimiliano Latorre si trova
in Italia per sottoporsi a delle cure dopo essere stato colpito da
un’ischemia cerebrale verosimilmente legata alle condizioni di stress
nelle quali è stato costretto a vivere in questi ultimi anni. Salvo
improvvisi cambiamenti di programma, tra poco meno di due settimane
dovrebbe tornare in India, essendo scaduti i termini della convalescenza
accordatigli dalle autorità di New Dheli.
A che punto è l’esame del tribunale dell’Aja
Il caso dei marò è attualmente all’esame della Corte permanente di Arbitrato dell’Aja
dopo essere stato sottratto alla giurisdizione dell’autorità
giudiziaria indiana, che negli ultimi quattro anni si è dimostrata
praticamente incapace di formulare un’accusa formale contro i due
fucilieri di Marina.
Secondo le valutazioni più ottimistiche, il tribunale dell’Aja
impiegherà almeno altri quattro anni per dare una risposta definitiva
alla vicenda. Si tratta di un lasso di tempo incompatibile non solo con
le esigenze più elementari di giustizia ma anche con la necessità di
riconsegnare a una vita normale due servitori dello Stato italiano le
cui eventuali responsabilità penali sono ben lungi dall’essere state
accertate in maniera chiara e definitiva.
Gli sbagli dell’Italia
Ma come si è arrivati a questa condizione apparentemente
inestricabile? Ci si è arrivati grazie a una serie imperdonabile di
errori, colposi e dolosi, compiuti alle spalle dei due sottufficiali. Ne
citeremo solo i due più gravi. Il primo sbaglio, del tutto
imperdonabile, è stato compiuto dal comandante della nave battente
bandiera italiana, Enrica Lexie, a bordo della quale si
trovavano Latorre e Girone in servizio antipirateria insieme ad altri
quattro fucilieri del San Marco, quando in circostanze ancora non
chiarite vennero esplosi colpi di fucile contro un peschereccio indiano
presumibilmente scambiato per un vascello di pirati con la conseguente
morte di due pescatori del Kerala.
L’episodio, sul quale è bene sottolineare che le indagini indiane in
quattro anni non hanno fatto alcuna luce, è avvenuto in acque
internazionali ed è quindi inspiegabile la decisione dell’Enrica Lexie –
dopo che il suo comandante aveva consultato sia il suo armatore che i
vertici della nostra Marina Militare – di rientrare nelle acque
territoriali indiane e di attraccare nel porto di Kochi per poi
consegnare alla polizia dello Stato del Kerala Latorre e Girone senza alcuna garanzia e condizione.
Da quel momento si è messo in moto un meccanismo diabolico, politico
giudiziario e mediatico, che ha sospinto i due marò nelle acque
tempestose della politica indiana e di una giustizia locale chiaramente
incapace di dare risposte serie alla vicenda.
Il secondo gravissimo errore è stato compiuto, nell’incomprensibile silenzio di tutta la stampa italiana,
quando il 20 dicembre del 2012 Salvatore Girone e Massimiliano Latorre
vennero autorizzati a rientrare in Italia per le feste di Natale.
Rientrati sul territorio nazionale ci sarebbe stato un sistema semplice e
assolutamente legale per trattenerli nel nostro Paese senza strappi né
polemiche politiche.
Si deve ricordare infatti, e in quei giorni tutti sono sembrati esserselo scordato, che per la legge italiana la Procura della Repubblica di Roma
è titolare del diritto-dovere di indagare sui reati compiuti da
cittadini italiani all’estero. Essendo i due marò accusati addirittura
di duplice omicidio al loro rientro in Italia, si sarebbe dovuta
(l’azione penale è obbligatoria) aprire a loro carico un’indagine per
accertarne le presunte responsabilità, gli si sarebbe dovuto ritirare il
passaporto e tutti i problemi relativi alle richieste della giustizia
indiana si sarebbero dovuti risolvere seguendo le regole della giustizia
italiana, con rogatorie, scambio di istanze, eccetera.
Con questo passaggio legale e doveroso, si sarebbe non solo
assicurata ai due marò la certezza di un’inchiesta onesta e puntuale ma
soprattutto si sarebbero tenuti i due governi interessati fuori dalla
vicenda, essendo questa consegnata nelle mani di due sistemi giudiziari
del tutto indipendenti dal potere esecutivo.
Si è preferita, dopo anni di polemiche tutte sulla pelle di Latorre e
Girone, la strada lunga e laboriosa dell’Arbitrato internazionale. Un
percorso accidentato, anche se politicamente corretto, che non assicura
che i nostri sottufficiali possano riprendere una vita normale superando
la loro attuale condizione di ostaggi di un Paese dichiaratamente
ostile. Ostaggi è un termine che, se condiviso, dovrebbe autorizzare
ogni possibile iniziativa per conseguire la loro liberazione
di Alfredo Mantici - 4 aprile 2016
fonte:http://www.lookoutnews.it
Caso Enrica Lexie - false prove prodotte dallo Stato Indiano del Kerala al fine di incolpare i due Fucilieri della Marina Militare Italiana Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Petizione del Perito giudiziario Luigi Di Stefano. (italiano)
fonte: https://www.youtube.com/watch?v=Xs3R0KC2feY
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