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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

15/04/16

Marò, prossima tappa Bruxelles: 19 aprile, ore 16:00…




maro
Roma, 15 apr – Quasi due anni fa (settembre 2014) presentai una “petizione” (n. 2089/2014) alla apposita commissione della Ue, supportata da centinaia di firme. Vi si chiedeva una azione della stessa Ue nei confronti dell’India affinché nella gestione della vicenda Marò rispettasse i suoi impegni con l’Europa in tema di diritti umani riferiti alla lunga privazione della libertà dei due accusati. Questa petizione fu accolta e trasmessa all’Alto Rappresentante Mogherini, che rispose con una lettera di circostanza il 7/10/2015 ricordando le varie fasi della vicenda e l’intervento del Tribuale di Amburgo (ITLOS). Ma nel frattempo c’era stata la risoluzione votata dal Parlamento Europeo (del gennaio 2015, che pur auspicando una positiva soluzione del caso di fatto nei punti A) e B) dava ragione all’India sulla responsabilità dei militari italiani nella morte dei due pescatori, responsabilità in realtà mai dimostrata). 
 
All’epoca fummo costretti a ingoiare il rospo ponendo l’accento sui buoni propositi ma certamente sarebbe ora da chiedere ai 68 parlamentari italiani e stranieri che hanno firmato quel testo con quale criterio abbiano dichiarato colpevoli due persone per cui l’India non aveva neanche depositato le accuse formali. Chi vuole leggere l’analisi del testo proposto, con le varie posizioni originarie poi confluite in una proposta comune di tutte le forze politiche italiane può farlo a questo link.  Questo testo sciagurato è probabilmente quello che ha poi permesso all’India, in apertura dei lavori del Tribunale di Amburgo (ITLOS), di presentarsi con le “Osservazioni Scritte” del 6 Agosto 2015 in cui si ribadiva perentoriamente la colpevolezza dei due accusati (“non può essere messa in discussione”, è ovvio dal loro punto di vista, lo dice anche il Parlamento Ue!) condito con le solite sprezzanti offese all’Italia (“l’Italia in questa vicenda cerca compassione”, una staffilata).

Tutto è cambiato il 27 Agosto 2015, quando il Tribunale di Amburgo mi ha consegnato i documenti giudiziari (autopsie, perizia balistica, sopralluoghi etc. etc) che fino ad allora le autorità indiane avevano tenuto gelosamente nel cassetto, ma facendone un sapiente uso come “veline” passate ai media per millantare prove di colpevolezza inesistenti una volta avuti in mano i documenti originali. Abbiamo lavorato in molti, io per quattro mesi ad analizzare fin nei minimi dettagli i documenti che finalmente avevo in originale, un gruppo di traduttori che hanno passato tutto in inglese, e infine un capillare lavoro di diffusione via web in tutto il mondo verso migliaia di soggetti, compresa l’India e compresi i tribunali. Sulla inconsistenza, sulle omissioni, contraddizioni, falsità etc. dell’impianto accusatorio indiano e quindi dell’innocenza dei due accusati nessuno ha potuto sollevare la benchè minima obiezione, e le contestazioni che all’inizio erano ridotte alle solite ridicole accuse in politichese (il finto ingegnere di Casa Pound, “quello che non sapete” sulla vicenda Marò, la annunciata “inchiesta collettiva” dei buontemponi del WuMing, e amenità varie) si sono esaurite in un corrucciato silenzio.

Con loro è stato facile millantare la colpevolezza usando il “fattore ideologico” che acceca chi ne è vittima e lo costringe a fingere di non sapere che le pallottole repertate sulle vittime non passano nella canna dei fucili degli accusati: sono troppo grosse! Ma questo vale per tutti: giudici, avvocati, medici forensi, periti balistici, esperti di chiara fama e così via per cui ci si aspettava che di fronte all’evidenza dei fatti, e di fronte allo sproloquio indiano del 6 Agosto scorso “almeno” la questione delle pallottole troppo grosse e della ridicola Perizia Balistica sarebbe stato sollevato. Abbiamo preparato un dossier che è andato agli avvocati fin da novembre 2015, abbiamo poi inviato il link di tutto il documento in inglese a tutti gli addetti ai lavori (oltre che come già detto a migliaia di soggetti in tutto il mondo), tutto puntuale e circostanziato coi rimandi ai documenti originali indiani…
E ci siamo ritrovati nelle udienze del 30 e 31 marzo 2016, sulla base delle quali il Tribunale Arbitrale dell’Aia deve decidere se sottrarre o meno i due accusati alla giurisdizione penale indiana “almeno” fino alla decisione definitiva su chi debba celebrare il processo (se Italia o India)… Ci siamo ritrovati che nei verbali non c’è una parola “neanche” sulle pallottole troppo grosse limitandosi come al solito ai “motivi umanitari”, e le autorità indiane, evidentemente rassicurate dal fatto che nessuno gli contesta niente, ripropongono l’atteggiamento borioso e offensivo. Per metterla in termini giudiziari è come se un avvocato avesse le prove dell’innocenza del suo assistito, ma per non indispettire l’accusa se le tiene nel cassetto. E alle nostre riservate proteste risponde: eh, ma se gli danno l’ergastolo, vedrete che succede! Brrrr. A New Delhi già tremano.

Insomma un altro “Muro di Gomma” (corsi e ricorsi storici…). Possiamo portare anche dieci documenti originali indiani che scagionano “oggettivamente” i due accusati, ma questo, non si capisce perché, non si può dire, non può trovare spazio nelle carte “ufficiali”. Anzi, facciamo una risoluzione del Parlamento Ue che li dichiara colpevoli, e poi ci rimettiamo alla clemenza della Corte trasformando un belato in ruggito. Sembra una situazione senza speranza che ha messo in difficoltà alcuni che pur si sono battuti come leoni in questa vicenda. Invece…
Invece qualche giorno fa mi scrive la segreteria della Commissione UE: hanno in agenda di discutere la mia petizione n. 2089/2014: Vuole intervenire di persona? Ma certamente! Gli spiego che ci sono fatti nuovi rispetto a settembre 2014 e gli invio i link. Mi chiedono una sintesi che tradurranno nelle varie lingue da distribuire ai Commissari prima della discussione, fatto. La trovate a questo link. In buona sostanza spiego “i fatti nuovi” che scagionano i due accusati, basati ormai sui documenti giudiziari indiani, e fornendo tutti i riferimenti per le verifiche. E chiedo alla commissione di nominare 4 esperti, non italiani, che vadano ad esaminare le carte indiane e prendano atto di quanto vado sostenendo, oppure mi smentiscano. Chiaramente tutto dovrà essere reso pubblico, basta cassetti.

A questo punto sarà autorevolmente certificato che il Parlamento Europeo è stato ingannato e la risoluzione di Gennaio 2015 dove ai punti A) e B) si dichiara la colpevolezza dei due accusati va annullata, e va fatta una nuova risoluzione che insieme ai buoni propositi tenga conto della oggettiva innocenza dei due accusati così come risulta dalle carte indiane depositate al Tribunale di Amburgo. Quindi il prossimo appuntamento è a Bruxelles, Parlamento Europeo, ore 16 di martedi 19 aprile. Io sarò presente e se il Presidente lo ritiene opportuno mi chiederà un breve intervento di cinque minuti, ma quello che ho da dire è già in possesso dei Commissari che lo discuteranno pubblicamente alla mia presenza.

Chi vuole potrà seguire la discussione sia in diretta che in differita a questo link. E quindi appuntamento con tutti il 19 Aprile ore 16:00, a Bruxelles. Dove risponderanno:

– Si, nominiamo i quattro esperti e andiamo a leggere le carte indiane. Noi siamo la Ue! 

Oppure: –

No, le carte indiane non le andiamo a leggere, stiamo qui a scaldare le sedie. Vedremo che succede. 

 
Luigi Di Stefano . 15 aprile 2016
fonte: http://www.ilprimatonazionale.it

N.B. – La sessione è già calendarizzata (potete controllare sul sito web del Parlamento Europeo) ma chiarisco che chiederò per iscritto al Presidente se ci fossero stati tentativi, diciamo “pressioni”, per farla saltare. In questo caso denuncerò la cosa alla commissione di vigilanza della UE e elevo querela contro l’autore/i alla Procura della Repubblica di Roma, italiani o stranieri che fossero. A buon intenditor poche parole.

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