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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

06/02/17

Un Paese civile





Egregio senatore a vita, è un Paese civile quello nel quale un amministratore di un ente di Stato, che venga condannato in primo grado a sette anni e mezzo per un episodio drammatico, non è dimissionato? Che fine ha fatto il rispetto delle sentenze che tanto si invoca?
È un Paese civile quello nel quale un ministro della Pubblica istruzione indica nel curriculum una laurea che non possiede e non viene invitato alle dimissioni immediate? È un Paese civile quello in cui le banche bruciano truffaldinamente i risparmi dei cittadini senza che nessuno degli organi di vigilanza se ne accorga e intervenga preventivamente? È un Paese civile quello che a cinque mesi da un drammatico terremoto che ha colpito quattro regioni e migliaia di persone con decine di morti, consegna solo venti casette da estrarre a sorte? È un Paese civile quello in cui i processi durano all’infinito, spesso si prescrivono ed è sempre colpa delle fotocopiatrici che mancano, degli assistenti che scarseggiano o delle troppe cause che si intentano?

Bene, per noi caro Presidente emerito, sono molto ma molto “più incivili” questi motivi per un Paese che quello di portare il popolo al voto per dargli modo di esprimersi. Veda, caro Presidente, lei è persona troppo colta e intelligente per derubricare a fenomeno di poca civiltà l’utilizzo della tattica in politica, perché se così fosse non ci sarebbero aggettivi per definire la nostra storia degli ultimi decenni. Oltretutto Matteo Renzi l’ha voluto lei, Presidente Napolitano, visto che gli italiani non hanno avuto il piacere o il dispiacere di sceglierlo attraverso libere elezioni. Nei Paesi civili si vota ogni volta che si deve votare e poche o troppe che siano le votazioni sono sempre espressione di democrazia, di libertà e di rispetto dei cittadini.

Due mesi fa il popolo italiano, anche se le sarà dispiaciuto, ha espresso sul referendum un giudizio così netto e forte da far sciogliere altro che le Camere, ecco perché la gente vorrebbe votare. Noi siamo tra quelli che pensano sia meglio qualche votazione in più che qualche votazione in meno, perché quando con un motivo o con l’altro si rimanda troppo puzza di bruciato. Del resto la scusa del rischio di ingovernabilità e del voto inutile tiene poco perché da noi si è votato sempre tanto eppure siamo arrivati fino a oggi. Il problema dunque non è tanto o poco, da noi il problema è la paura di perdere, la paura del giudizio della gente e questa paura nasce dalla consapevolezza che forse stavolta si è passato il segno e i cittadini non ne possono più.
Inutile fare l’elenco delle ragioni che nel tempo hanno esasperato gli animi, ci vorrebbe una cartiera, eppure la politica è riuscita a fare anche questo. Insomma, rimandare può avere senso solamente se si è capito a che punto siamo arrivati e cosa serva per rimediare e creda, signor Presidente emerito, in un Paese civile normalmente si capisce subito quel che c’è da capire.

di Elide Rossi e Alfredo Mosca
04 febbraio 2017

fonte: http://www.opinione.it

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