Rispondendo all’ennesima richiesta europea di rimettere in
ordine la nostra disastrata finanza pubblica, il ministro dell’Economia
Pier Carlo Padoan ha dispensato incenso e rassicurazioni a piene mani.
Dando tutta la responsabilità alla deflazione in merito alla mancata
riduzione del colossale debito sovrano, il nostro fantasioso ministro ha
voluto tranquillizzare i suoi interlocutori comunitari con un bel
“vedremo se sarà il caso di prendere misure ulteriori per rispettare gli
obiettivi”.
Tuttavia, con un occhio alla complicatissima situazione politica
interna, Padoan ha sostanzialmente riproposto il leitmotiv di
quell’insensato ottimismo della volontà che sembra ispirare da tempo
l’attuale politica italiota. “La via maestra è la crescita, essa
rappresenta la principale priorità del Governo”, ha dichiarato
solennemente l’uomo chiamato a far quadrare gli impossibili conti di un
Esecutivo che si regge, per così dire, con lo sputo.
Traducendo tutto questo nel linguaggio dei comuni mortali, ciò
significa che le reali intenzioni di chi attualmente occupa la stanza
dei bottoni sono quelle di non perdere ulteriore popolarità, soprattutto
dopo il bagno di sangue del referendum costituzionale, evitando di fare
ricorso a nuove tasse e gettando letteralmente nello sciacquone le
decine di miliardi di tagli alla spesa con cui lo stesso Padoan si è
riempito la bocca per anni. In estrema sintesi, complice anche una
legislatura giunta praticamente al capolinea, sul piano economico e
finanziario ci troviamo in una condizione di assoluto immobilismo. Un
immobilismo che, tuttavia, s’inserisce all’interno di un quadro
macroeconomico a dir poco preoccupante per l’Italia, le cui stime di
crescita - in evidente contrasto con i desiderata del ministro
dell’Economia - per i prossimi due anni (unico Paese in Europa) sono
state riviste al ribasso dal Fondo Monetario Internazionale.
Tutto questo, unito all’effetto boomerang delle recenti manovre in
deficit (vedi spada di Damocle delle famigerate clausole di
salvaguardia) messe in campo dal precedente Governo Renzi, fa abbastanza
rabbrividire circa le sorti certe e progressive del Bel paese. Sotto
questo profilo, sarà pur vero che a Padoan e soci sta particolarmente a
cuore la crescita italiana, ma a giudicare dalla linea becero keynesiana
delle mance elettorali fin qui seguita, del tutto lontana da quella
generalizzata riduzione dei costi di cui avrebbe bisogno il sistema nel
suo complesso, si fa veramente una gran fatica a crederlo.
di Claudio Romiti - 19 gennaio 2017
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