Tutto cambia perché nulla cambi. Da Renzi alla pedina Gentiloni. Ecco la cronaca.
Parapiglia in area, il pallone rimane fermo per alcuni interminabili
minuti, Gentiloni spunta da dietro e la butta dentro a porta vuota su
assist di Renzi. Italia 0 – Prima Repubblica 1.
Assessore al Giubileo e al turismo nel 2000 con Rutelli, deputato dal
2001, nel 2005 presidente della Commissione di vigilanza Rai; tra i
fondatori del Partito Democratico, poi Ministro delle Comunicazioni del
Governo mortadellato Prodi. Gentiloni, nessuno c’avrebbe scommesso,
forse. Dopo decine di partite scialbe e sottotono, nessuno avrebbe
pensato addirittura al goal. Il nuovo presidente del Consiglio entra in
campo dopo Monti, Letta e Renzi per formare il nuovo governo tecnico. Un
traghetto fino al 2018.
Che schifo…ci sarà da rantolare nel fango, cari connazionali, fino al 2018.
Paolo Gentiloni, un altro assonnato – da qui si evince l’evidente
sintonia col presidente Mattarella -, rutellian/renziano, senza arte né
parte, in cerca d’autore nell’ennesimo governo nominato. Non oscillare
la barca è la parola d’ordine del nuovo Governo. Non dondolare la barca.
Limitarsi a mantenere, a riformare l’essenziale. Gentiloni che pure non
è un fesso. Scrive sapientemente, biografando con incredibile arguzia,
Luca Telese: “Gentiloni non è un fesso, anzi. Ha gestito è
amministrato per anni il Potere, prima all’ombra di Francesco Rutelli
come sua Eminenza Grigia in Campidoglio, poi come sua Eminenza Grigia
nella Margherita, quindi come dispensatore di potere dentro il Pd,
curando l’orticello cruciale della Comunicazione e dell’Emittenza, e la
scienza sofisticata della spartizione dei poteri nella sontuosa
accademia lottizzatoria della Rai dei partiti. La carriera di Gentiloni
ha qualcosa di unico e di fenomenale: procede per salti di qualità
asimmetrici: più perde, più viene promosso. Moderato fini quasi alla
sonnolenza, del tutto incapace di discorsi politici meno che soporiferi…”
Un altro governo nominato in quota PD. E pensare che gli italiani, quella strana razza mitologica – metà cittadini, metà kamikaze – avevano bocciato, quantomeno nelle intenzioni, simbolicamente un governo abusivo PD, gestito dal sindaco-parolaio Matteo Renzi, e ora ecco cicciarne un altro, sempre PD, sempre tecnico, sempre di passaggio. Ora siate Gentiloni, c’è da portare a casa il nuovo Nazareno, da trovare uno stipendio a Renzi, c’è da masturbare l’Europa – chi può dimenticare l’epico tweet del nuovo presidente del Consiglio? “dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica”, da garantire la stabilità politica, della maggioranza, e sti cavolii delle urne fino al 2018, con 17 milioni di poveri italiani, pressione fiscale da soffocamento, mondo del lavoro impantanato, iva al 145mila %, politica estera che versa in condizioni delicatissime, crescente insoddisfazione, ricostruzione delle zone terremotate, immigrazione incontrollata, coscienza nazionale al minimo storico, natalità, al minimo storico.
Un altro governo nominato in quota PD. E pensare che gli italiani, quella strana razza mitologica – metà cittadini, metà kamikaze – avevano bocciato, quantomeno nelle intenzioni, simbolicamente un governo abusivo PD, gestito dal sindaco-parolaio Matteo Renzi, e ora ecco cicciarne un altro, sempre PD, sempre tecnico, sempre di passaggio. Ora siate Gentiloni, c’è da portare a casa il nuovo Nazareno, da trovare uno stipendio a Renzi, c’è da masturbare l’Europa – chi può dimenticare l’epico tweet del nuovo presidente del Consiglio? “dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica”, da garantire la stabilità politica, della maggioranza, e sti cavolii delle urne fino al 2018, con 17 milioni di poveri italiani, pressione fiscale da soffocamento, mondo del lavoro impantanato, iva al 145mila %, politica estera che versa in condizioni delicatissime, crescente insoddisfazione, ricostruzione delle zone terremotate, immigrazione incontrollata, coscienza nazionale al minimo storico, natalità, al minimo storico.
Moriremo di sovranità. Affogheremo democristiani, maledizione. Ma
sarebbe ora che si iniziasse a rispettare gli italiani. Sì, sarebbe
giunto il momento. Con una nuova legge elettorale o con l’attuale,
modificata al Senato, sarebbe da avvicinare la data del voto, renderla
accessibile, come visione nel deserto. E invece ecco un governo con
pieni poteri. Basta! Non se ne può più. Non se ne può più di questo
rigurgito di democristianeria, di questo viscidume da Prima Repubblica,
di gobbi Andreotti che calpestano la residua dignità di questo Paese,
che assecondano il progresso come forma di marcescenza: il nuovo che
avanza e, a forza di avanzare, andrà a male, scadrà, sarà da buttare.
Un’evoluzione che sa di immobilismo continuo, che puzza di
burocratizzazione delle libertà popolari. Un’oligarchia di polistirolo,
intercambiabile, inguardabile, senza neanche la virtù dei tiranni.
Non potevamo certamente saperlo, ma potevamo immaginarlo: è anche
l’ora dell’autocritica, delle ferite che bruciano forte; è anche un po’
colpa nostra se il tumore di questa giovane democrazia non smette di
crescere e rischia di uccidere l’Italia da dentro.
Gentiloni chieda la fiducia e dica chiaramente alle Camere quando
andare al voto. Presto, possibilmente. Sia chiaro, si faccia la legge
elettorale, con i suoi tempi tecnici, una volta fatta, si dimetta e
porti il Paese al voto. Questo il traghetto giusto, politicamente
accettabile. Per onestà…
Italiani! Attaccatevi alla sovranità in questo nuovo regno di
centrosinistra che, a quanto pare, oltre a scaldare minestre per ancora
un anno buono, ha una missione chiara: Parassitare (la) Democrazia. Non è
demagogia, è paura.
di Emanuele Ricucci - 11 dicembre 2016
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