In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il
ministro del governo Renzi dice che la Coalizione Internazionale
guidata da Washington sta sconfiggendo il Califfato mentre le agenzie di
stampa occidentali ripetono compulsivamente che i raid russi non fanno
altro che spianargli la strada. "Gli strike non sono un tabù", dice, ma
si fa ancora la differenza tra le bombe buone e quelle cattive
In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il
ministro del governo Renzi dice che la Coalizione Internazionale
guidata da Washington sta sconfiggendo il Califfato mentre le agenzie di
stampa occidentali ripetono compulsivamente che i raid russi non fanno
altro che spianargli la strada. "Gli strike non sono un tabù", dice, ma
si fa ancora la differenza tra le bombe buone e quelle cattive
Tra tutti i temi affrontati da Roberta Pinotti nel corso di un’intervista nella redazione del Corriere della Sera
e pubblicata nell’edizione cartacea di oggi - dall’emergenza migranti
alla minaccia del terrorismo internazionale, dall’aereo russo caduto nel
Sinai al proseguimento della missione in Afghanistan - stona la logica
illogica del ministro della Difesa del governo Renzi quando si è parlato
della guerra in Irak contro lo Stato Islamico.
“I bombardamenti non devono essere un tabù. L’Italia ha già
effettuato raid aerei in passato. Lo ha fatto nei Balcani, lo ha fatto
in Libia” ha affermato, e fin qui ci siamo. Il nostro Paese non farà gli
strike, e fa sapere ai lettori che si limiterà all’addestramento del
personale militare, come già fatto ad Erbil, e nell’analisi dei flussi
finanziari. A compiere i bombardamenti sarà la Coalizione Internazionale
formata da più Paesi occidentali. Proprio ieri infatti il quotidiano Le
Figaro ha riportato la notizia per cui la Francia –
attiva dal settembre 2014 con sei caccia Mirage di base in Giordania e
altri sei caccia Rafale che fanno base negli Emirati Arabi – ha deciso
di impiegare la portaerei Charles De Gaulle, già utilizzata da febbraio
ad aprile come base nelle acque del Golfo Persico per i raid aerei, per
le operazioni militari congiunte contro lo Stato Islamico in Iraq e
Siria.
Alla domanda sull’evolversi del conflitto sul terreno,
Roberta Pinotti risponde così: “Non sottovaluto le dimensioni di questa
sfida. Ho chiesto per questa ragione che il nostro fosse un contingente
significativo. E capisco le paure della gente. Ma non credo che stiamo
perdendo. Mentre prima abbiamo assistito ad una cavalcata dell’Isis, ora
la sua presenza è circoscritta in aree specifiche”. Insomma, i
miliziani del Califfato starebbero arretrando in Iraq laddove, guarda
caso, combatte la Coalizione Internazionale guidata dal Pentagono.
Queste dichiarazioni arrivano allo stesso tempo dei comunicati delle
agenzie di stampa occidentali, secondo le quali nel Paese limitrofo, la
Siria, gli oltre 1.600 raid russi effettuati in un mese non avrebbero
fatto altro che spianare la strada all’avanzata dell’Isis, produrre nuovi rifugiati e uccidere civili. Ma si sa che in guerra la prima a morire è sempre la verità.
Se
è vero che l’Isis sta arretrando in Iraq, bisogna ammettere che questo
avviene grazie alle operazioni effettuate in gran parte dall’esercito
iracheno sostenuto anche dai miliziani sciiti di Mobilitazione Popolare
legate ad Hezbollah (il premier Al Abdadi ha detto più volte di non
volere l’appoggio di truppe americane) il quale ha lanciato l’offensiva
da circa un mese in diverse aree, in particolare nella zona nord di
Ramadi, nella provincia occidentale di al Anbar a circa 100 chilometri
da Baghdad. Ma soprattutto è doveroso precisare che in Iraq non c’è solo
la Coalizione Internazionale a svolgere le operazioni ma anche il Centro di comando dell’intelligence
formato da Iran, Russia e Siria e approvato dal governo iracheno, che
coordina indipendentemente le offensive militari. La logica del ministro
della Difesa non regge. Sono sempre di più gli analisti ad ammettere
che ha fatto di più Mosca sul piano militare e diplomatico in un mese
che l’Occidente in quattro anni. La Russia è tornata sulla scena
internazionale sfruttando il vuoto prodotto dall’ideologia del caos che
gli Stati Uniti e i loro alleati hanno generato in Vicino e Medio
Oriente. Nessun mea culpa sulle disastrose campagne della Farnesina, più
che un'intervista quella di Roberta Pinotti sembra un comunicato stampa
del Pentagono.
Sebastiano Caputo - Ven, 06/11/2015
fonte: http://www.ilgiornale.it/
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