Scrivere un articolo per raccontare quanto avvenuto lo scorso mercoledì, 11 novembre,
durante la riunione delle Commissioni Esteri e Difesa della Camera dei
Deputati intente a discutere il decreto legge sulle missioni di guerra
che il nostro Paese conduce e combatte in quasi ogni parte del mondo, mi
avrebbe fatto correre il rischio di omettere o interpretare in modo
errato i fatti così come realmente accaduti. Per evitare ciò, e fugare
ogni dubbio ho ritenuto opportuno riportare integralmente il testo della
discussione avvenuta nella sede parlamentare con la consapevolezza di
sottoporre l'incauto - ma sempre affezionato - lettore ad una lunga, se
non estenuante e per certi versi noiosa, lettura che potrebbe anche
fargli correre il rischio di cominciare a dubitare seriamente di alcuni
aspetti della politica estera italiana e della coerenza di questa o
quella parte politica su una particolare vicenda che da più di tre anni
coinvolge due nostri militari: i marò.
Prima di passare al resoconto parlamentare mi
concedo solo una piccola ma doverosa premessa per consentire all'amico
lettore di comprendere meglio l'ennesima giravolta con genuflessione
delle forze politiche di maggioranza ai dicktat del Governo.
La questione dei due fucilieri di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone,
che dal 15 febbraio del 2012 sono coinvolti nella tragica morte di due
pescatori indiani ha visto alti e bassi. Tra le innumerevoli
dichiarazioni politiche del tipo armiamoci e partite e le finte fughe in
avanti, dai millantati avvii delle procedure davanti alle corti
arbitrali internazionali agli "abbiamo deciso che", "abbiamo fatto",
“abbiamo voluto dare un segnale fermo e deciso” fino ad arrivare ai
vorrei ma non posso scritti tra le righe di ampollosi comunicati stampa
di matrice governativa, la storia dei due militari, delle loro famiglie e
dell'intero paese si trascina lenta e inesorabile da più di tre anni.
Il 17 aprile scorso, con l'articolo 13, comma 3,
secondo periodo, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 43, in attuazione di un precedente
ordine del giorno - ampiamente condiviso da tutti gli schieramenti
politici e accolto dal Governo - sulla necessità di rivedere proprio la
partecipazione dell'Italia alla missione europea antipirateria in caso
la situazione dei due fucilieri non fosse cambiata, il Parlamento
decide, finalmente, di decidere e approva una modifica alla norma con la
quale stabilisce che conclusa la missione antipirateria in corso alla
data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo
decreto e comunque non oltre la data del 30 settembre 2015, la
partecipazione italiana dovrà essere decisa, sentite le competenti
Commissioni parlamentari. Nel mese di ottobre il Governo ha presentato
il suo decreto-legge sul rinnovo delle missioni senza, ovviamente,
ascoltare le Commissioni sulla questione come invece è espressamente
previsto dalla legge.
Salvatore Girone è tuttora in India, mentre Massimiliano Latorre è in Italia,
cioè la situazione rispetto allo scorso anno è rimasta immutata. Per
questo motivo il pentastellato Manlio Di Stefano ha presentato un
emendamento per sospendere la partecipazione del personale militare
all'operazione dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria
denominata Atalanta fino alla soluzione positiva della vicenda. Tale
proposta ovviamente non va bene al Governo che prima di respingerla ai
voti tenta di ottenerne il ritiro con l'aiuto di pontieri e mediatori
d'occasione.
Un'altra brutta pagina sulla vicenda dei due fucilieri di marina
è stata scritta ancora una volta proprio dal parlamento che, in
perfetta incoerenza con le sue precedenti determinazioni, ha deciso,
ancora una volta, di voltare le spalle alla realtà dei fatti che vede
immutata la situazione dei due “marò”.
Nella discussione parlamentare - che preferisco
riportare integralmente così come scritta nei resoconti della seduta
delle Commissioni riunite Esteri e Difesa - non può sfuggire come il
Governo, per voce dei suoi rappresentanti, sia stato capace di
“interpretare” la legge secondo le proprie esigenze arrivando, per
giustificarle, anche a sostenere che l'obbligo di sentire il parere
delle Commissioni parlamentari, espressamente previsto dall'articolo 13,
comma 3, del decreto-legge n. 7 del 2015, sarebbe stato comunque
assolto dal Governo lo scorso 6 ottobre, durante le comunicazioni sullo
stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo
sviluppo a sostegno di processi di pace e stabilizzazione rese dai
ministri Pinotti e Gentiloni e che «la recente sentenza del Tribunale
del mare di Amburgo ha prodotto uno sviluppo nel senso auspicato anche
dal Parlamento».
Per fortuna, sul punto, è stato proprio il deputato del PD Giampiero Scanu
ad osservare che la norma – che prevede che le Commissioni siano
«sentite» – avrebbe dovuto essere interpretata, «per non mortificare il
ruolo del Parlamento, nel senso che doveva essere chiesto alle
Commissioni di pronunciarsi espressamente sul punto». Poi anche lui,
come da copione, ha annunciato la condivisione del suo gruppo – il PD -
dell'orientamento del Governo di proseguire la partecipazione
dell'Italia alla missione Atalanta.
Cari Salvatore e Massimiliano fino a quando durerà
il vostro silenzio la giostra dell'ipocrisia e dell'incoerenza
continuerà a girare. Sta a voi decidere di fermarla.
Emendamento 3.6 presentato dai parlamentari del Movimento 5 Stelle (Di
Stefano Manlio, Corda Emanuela, Rizzo Gianluca, Frusone Luca, Basilio
Tatiana, Bernini Paolo, Scagliusi Emanuele, Tofalo Angelo, Del Grosso
Daniele, Sibilia Carlo, Di Battista Alessandro, Spadoni Maria Edera,
Grande Marta)
«Il comma 1 è sostituito dal seguente:
1. In ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 13,
comma 3 del decreto-legge 1o febbraio 2015 n. 7, convertito in legge 17
aprile 2015 n. 43, non essendo stata modificata la condizione di
restrizione della libertà dei due fucilieri di marina del Battaglione
San Marco, la partecipazione del personale militare all'operazione
dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria denominata Atalanta è
sospesa fino alla soluzione positiva della vicenda.»
Estratto dal resoconto dal «BOLLETTINO DELLE GIUNTE E DELLE
COMMISSIONI PARLAMENTARI - Commissioni Riunite (III e IV)» di Mercoledì
11 novembre 2015.
Manlio DI STEFANO (M5S), intervenendo sul suo
emendamento 3.6, chiede ai colleghi commissari valutarlo attentamente.
Ricordando, infatti, che il Movimento 5 Stelle non condivide moltissimi
aspetti del provvedimento in titolo, richiama in particolare
l'attenzione sulla questione dei fucilieri «marò». Nell'osservare che
l'avvio dell'arbitrato internazionale non ha portato a sostanziali
modifiche nella vicenda, che vede tuttora cristallizzata la condizione
di restrizione della libertà dei due militari, e rammentando anche i
tentativi di risoluzione precedentemente operati da Staffan de Mistura,
chiarisce come la finalità della proposta emendativa in esame sia quella
di sospendere la partecipazione del personale militare italiano
all'operazione dell'Unione europea per il contrasto alla pirateria
Atalanta finché non si pervenga ad una positiva soluzione della vicenda.
Ribadisce come il Movimento 5 Stelle consideri del tutto illegale la
richiamata condizione di restrizione di libertà dei due fucilieri.
Nell'osservare come non si stia ottenendo nulla dall'India tramite lo
strumento dell'arbitrato internazionale, chiede di prendere posizione al
di là della dialettica diplomatica, rimarcando peraltro come la
posizione del Movimento 5 Stelle si differenzi da quella di altri gruppi
– quali, ad esempio Fratelli d'Italia, che domandano un semplice
«ritorno a casa» dei fucilieri di Marina – essendo orientata al rigoroso
rispetto del diritto internazionale.
Vincenzo AMENDOLA (PD), replicando alle osservazioni
dell'onorevole Di Stefano, pur manifestando concordanza sul tema,
rileva come la ricostruzione della vicenda da parte dello stesso
onorevole Di Stefano non si possa considerare completa. Ricorda che fin
dalla missione svolta nel gennaio del 2014, anche su stimolo dell'allora
presidente della Commissione Difesa, onorevole Elio Vito, si è avviato
un dibattito parlamentare che ha sistematicamente registrato l'unità di
intenti delle forze politiche presenti in Parlamento sulla questione.
Ricorda come l'allora ministra degli affari esteri e della cooperazione
internazionale Federica Mogherini avviò il percorso dell'arbitrato
internazionale, entrato nella sua fase attuativa con l'attuale ministro
Gentiloni. Anche sulla scorta dell'atto di indirizzo condiviso da tutti i
gruppi in occasione dell'esame del decreto-legge n. 109 del 2014,
l'arbitrato ha portato significativi elementi per la risoluzione della
questione, con particolare riferimento alla decisione sulla non
prevalenza della giurisdizione indiana sulla controversia e sulla
valutazione delle determinanti prove balistiche. Pertanto, nel valutare
positivamente la scelta compiuta dal Governo circa l'arbitrato
internazionale e ritenendo che non vi sia diversità di percezione o di
vedute sulla vicenda tra i gruppi di maggioranza e di opposizione,
giudica controproducente assumere in questa fase una linea di
contraddittorio con la comunità internazionale e auspica, invece, un
nuovo atto di indirizzo al Governo per un rapido rientro in Patria dei
due fucilieri in libertà e onore.
Francesco Saverio GAROFANI, presidente e relatore
per la IV Commissione, ricorda che, oltre all'ordine del giorno
richiamato dal deputato Amendola, ci sono state le ultime comunicazioni
periodiche del Governo sullo stato delle missioni in corso, svoltesi il 6
ottobre scorso, nel corso delle quali la ministra della difesa ha
informato il Parlamento del fatto che il Governo riteneva che l'Italia
dovesse proseguire la propria partecipazione alla missione Atalanta.
Manlio DI STEFANO (M5S), replicando a sua volta alle
considerazioni dell'onorevole Amendola, ricorda come l'ordine del
giorno e la norma inserita nel provvedimento nel 2014 fossero connessi
ad un'interazione con l'India, da cui però non è mai pervenuta alcuna
apertura. Ritiene che l'arbitrato internazionale in corso richiederebbe
una collaborazione fattiva anche da parte indiana, collaborazione ad
oggi non riscontrabile. Appare quindi opportuna pressione sulla comunità
internazionale finalizzata alla positiva soluzione della vicenda, data
la non evoluzione del rapporto diplomatico tra i due Paesi.
Gian Piero SCANU (PD), premesso di condividere
l'intervento del deputato Amendola, esprime l'avviso che le Commissioni
dovrebbero tuttavia evitare di dividersi su iniziative riguardanti la
vicenda dei due marò, rispetto alla quale si è sempre mantenuta in
passato l'unità di spirito e di intenti di tutte le forze politiche. Per
questa ragione, invita il deputato Manlio Di Stefano a valutare la
possibilità di ritirare il suo emendamento 3.6, per ragionare assieme
agli altri gruppi in vista della presentazione in Assemblea di un ordine
del giorno condiviso da tutti, auspicabilmente anche dal Governo, per
chiedere all'Esecutivo quanto è necessario per una positiva conclusione
della vicenda.
Massimo ARTINI (Misto-AL), premesso di condividere
lo spirito dell'emendamento Manlio Di Stefano 3.6, invita i deputati
presentatori dello stesso a valutare l'offerta di dialogo avanzata dal
deputato Scanu, ricordando come l'Italia, anche se in ritardo, abbia
ormai intrapreso la strada dell'arbitrato internazionale: strada che da
più parti in Parlamento si è indicata fin dall'inizio come quella
giusta.
Donatella DURANTI (SI-SEL) concorda con il deputato
Scanu che sarebbe preferibile che le Commissioni non procedessero al
voto dell'emendamento Manlio Di Stefano 3.6, con il rischio di dividersi
sulla questione dei due marò, e che i gruppi lavorassero invece alla
stesura di un ordine del giorno al Governo largamente condiviso.
Tatiana BASILIO (M5S) ricorda che l'articolo 13,
comma 3, del precedente decreto-legge di proroga delle missioni
internazionali (decreto-legge n. 7 del 2015) prevedeva che, entro il 30
settembre 2015, la prosecuzione della partecipazione dell'Italia
all'operazione Atalanta sarebbe stata valutata in relazione agli
sviluppi della vicenda dei due fucilieri della Marina militare, «sentite
le competenti Commissioni parlamentari». Considerato che nel frattempo
la situazione dei due fucilieri non è cambiata, dal momento che
Salvatore Girone è tuttora in India, mentre Massimiliano Latorre è in
Italia con un permesso temporaneo per ragioni di salute, ritiene che
l'Italia debba a questo punto sospendere la propria partecipazione
all'operazione e invita pertanto le Commissioni ad approvare
l'emendamento Manlio Di Stefano 3.6. A parte questo, chiede al Governo
di chiarire come mai, nonostante la disposizione citata prevedesse che
il Governo dovesse sentire le Commissioni competenti, il decreto-legge
in esame abbia stabilito che la partecipazione dell'Italia ad Atalanta
sia finanziata ancora fino al 31 dicembre 2015.
Il sottosegretario Domenico ROSSI evidenzia che il
Governo ha ottemperato all'obbligo di sentire le Commissioni
parlamentari competenti il 6 ottobre scorso, in occasione delle ultime
comunicazioni periodiche sullo stato delle missioni in corso e degli
interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace
e di stabilizzazione, già menzionate dal presidente. In quella sede,
infatti, la ministra della difesa ha informato le Commissioni che per il
Governo sussiste la «concreta necessità che l'Italia continui a operare
efficacemente per contrastare la pirateria, soprattutto al largo del
Corno d'Africa» e che «il Governo considera quindi coerente proseguire
con la partecipazione dell'Italia alla missione dell'Unione europea
denominata Atalanta, quale membro affidabile e responsabile della
Comunità internazionale, che sa tenere fede ai suoi impegni»; e questo
anche in considerazione del fatto che «la recente sentenza del Tribunale
del mare di Amburgo ha prodotto uno sviluppo nel senso auspicato anche
dal Parlamento» per quanto riguarda la vicenda dei due fucilieri di
marina Latorre e Girone. Conclude osservando che, se le Commissioni
avessero ritenuto di non condividere questo orientamento del Governo,
avrebbero dovuto adottare atti di indirizzo conseguenti.
Il sottosegretario Mario GIRO osserva come in
relazione alla vicenda dei due marò debbano svolgersi due riflessioni.
In primo luogo, invita a considerare come l'adesione alla procedura
dell'arbitrato internazionale abbia sollevato veementi proteste in
India, rappresentando così un modello efficace di public diplomacy. In
secondo luogo, richiama il fatto che l'Italia è già ricorsa all'utilizzo
del diritto di veto verso lo Stato indiano, con particolare riferimento
ad un accordo internazionale in materia militare cui l'India era
particolarmente interessata. Rileva dunque come le due fattispecie
costituiscano un indubbio strumento di pressione sulle autorità indiane,
da non sottovalutare ai fini della soluzione della questione.
Tatiana BASILIO (M5S) prende atto che
nell'interpretazione del Governo l'obbligo di «sentire» le Commissioni
competenti può essere assolto nel modo descritto dal sottosegretario
Rossi, e cioè, da una parte, senza che le Commissioni si pronuncino
espressamente sul punto su cui devono essere sentite e, dall'altra
parte, attraverso comunicazioni non aventi a oggetto specifico il tema
sul quale le Commissioni dovrebbero essere sentite.
Gian Piero SCANU (PD) osserva che, a suo avviso,
l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 7 del 2015 – che prevede
che le Commissioni siano «sentite» – avrebbe dovuto essere interpretato,
per non mortificare il ruolo del Parlamento, nel senso che doveva
essere chiesto alle Commissioni di pronunciarsi espressamente sul punto.
Ciò premesso, ribadisce che il suo gruppo condivide l'orientamento del
Governo di proseguire la partecipazione dell'Italia ad Atalanta.
di Luca Marco Comellini - 18 novembre 2015
fonte: http://notizie.tiscali.it
penso che a commentare non ci voglia molto,come ex marinaio mi vergogno io da parte vostra,citate tanti coma e articoli che viene il vomito come il mal di mare in tempesta ,non è possibile stare 3 anni in consegna non dico in galera in india,chi ha fatto il militare la consegna pesa specialmente se si non colpevoli,troppi discorsi inutili,un militare esegue degli ordini e gli esegue,dopo tutto il cancan degli indiani bugie a nastro ,un peschereccio del genere non va oltre 7. 8 miglia,era fuori del acque nazionali,che tipo di pesca faceva, cosa faceva cosi lontano dalla costa,non c'è stata una ragione a favore degli indiani tutto falso,10 giorni dopo hanno preso degli americani militari non hanno durato due giorni in India, sono stati subito rilasciati,mentre voi non siete neppure d'accordo sulle missioni e sulla liberazione immediata dei nostri MARO' dico non ho parole da aggiungere sono molto deluso come tenete in considerazione i nostri militari che rischiano la vita per difenderci, buon vento a tutti,IO DESIDERO I NOSTRI MARO' SUBITO A CASA.
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