I russi “fanno gli americani” e colpiscono su vasta scala le basi
dello Stato Islamico in Siria con una pioggia di 26 missili da crociera
Kalibr lanciati da 4 fregate della Flottiglia del Mar Caspio che hanno
sorvolato per 1.500 chilometri i territori di Iran e Iraq prima di
penetrare a bassissima quota nello spazio aereo siriano e colpire,
secondo quanto riferito dal Ministero della Difesa russo, 11
infrastrutture dell’ISIS tra impianti per la fabbricazione di ordigni,
centri di comando, campi di addestramento e depositi di munizioni.
“Secondo i centri di controllo tutti gli obiettivi sono stati
distrutti e non ci sono stati danni a obiettivi civili” ha detto il
ministro della Difesa Sergei Shoigu annunciando che nella prima
settimana caratterizzata da 120 sortite aeree da attacco sono stati
colpiti 112 obiettivi.
Un
attacco missilistico mai realizzato prima dai russi ma simile a quelli
effettuati tante volte da statunitensi e britannici che hanno impiegato
molte volte i missili da crociera Tomahawk per colpire l’Iraq tra il
1991 e il 2003, l’Afghanistan nel 1998 e poi nel 2001, le forze serbe
nei Balcani nel 1995 e nel 1999, la Libia nel 2011 e lo stesso ISIS
all’inizio della campagna militare della Coalizione lo scorso anno.
L’attacco dei missili Kalibr (la versione a lungo raggio 3M-14T del vettore KLUB è in grado di raggiungere obiettivi situati tra i 1.500 e i 2.500 chilometri di distanza con una testata di 450 chili)
L’attacco dei missili Kalibr (la versione a lungo raggio 3M-14T del vettore KLUB è in grado di raggiungere obiettivi situati tra i 1.500 e i 2.500 chilometri di distanza con una testata di 450 chili)
ha colto di sorpresa molti osservatori che si aspettavano l’impiego
dei 36 aerei russi schierati a Latakya per colpire obiettivi dell’ISIS,
forza militare che non dispone di difese antiaeree efficaci, o
eventualmente l’uso di missili lanciati dalle unità navali che Mosca
schiera nella base di Tartus o di fronte alle coste siriane.
L’attivazione
della Flottiglia del Mar Caspio, un “lago” in cui Mosca schiera navi di
piccole dimensioni ma molto ben armate, è stato un “coup de theatre”
che ha consentito ai russi di fare sfoggio di potenza e tecnologia
militare mostrando inoltre la compattezza della “loro” Coalizione
composta da Iran, Iraq e Siria che hanno dato il via libera al sorvolo
del loro territorio da parte dei missili russi.
Non a caso Vladimir Putin ha ieri sottolineato l’efficienza
dell’industria della difesa nazionale e l’addestramento degli equipaggi
delle navi lanciamissili (6 corvette classe Buyan) che con 2 fregate
classe Gepard costituiscono l’ossatura della Flottiglia composta anche
da una quindicina di motovedette lanciamissili, pattugliatori e
cannoniere.
L’impiego dei missili da crociera non costituisce solo
un’ostentazione delle capacità strategiche russe di colpire obiettivi da
grande distanza ma enfatizza il ruolo dell’alleanza anti-jihadisti
costituitasi intorno al centro di coordinamento che riunisce a Baghdad
russi, iraniani, iracheni e siriani.
Di
fatto Mosca dimostra che “un’altra Coalizione è possibile” rispetto a
quella ambigua e fallimentare guidata dagli USA con arabi, turchi e
occidentali.
A questo disegno risponde anche l’enfasi posta sui risultati ottenuti nella prima settimana di intervento russo che secondo l’ambasciatore siriano a Mosca, Riyad Haddad, ha provocato la distruzione del 40% delle infrastrutture dello Stato islamico, lo sbandamento di alcuni reparti dell’Isis segnalati in ritirata verso il confine turco e addirittura la resa di 400 miliziani.
A questo disegno risponde anche l’enfasi posta sui risultati ottenuti nella prima settimana di intervento russo che secondo l’ambasciatore siriano a Mosca, Riyad Haddad, ha provocato la distruzione del 40% delle infrastrutture dello Stato islamico, lo sbandamento di alcuni reparti dell’Isis segnalati in ritirata verso il confine turco e addirittura la resa di 400 miliziani.
Informazioni che richiederebbero la conferma da fonti indipendenti ma
utili a comprendere che Mosca non mira solo alla distruzione dei nemici
del regime di Assad (Isis ma anche gli altri gruppi islamisti) ma ad
allargare la “sua” coalizione occupando il vuoto di credibilità lasciato
da statunitensi ed europei.
Baghdad, che da tempo lamenta la scarsa incisività dei raid aerei di
Stati Uniti e alleati europei, vorrebbe l’intervento dei jet russi anche
sul suo territorio e se non ha ancora espresso una richiesta ufficiale
in tal senso lo si deve solo alle pressioni esercitate da Washington.
Il
ministero della Difesa russo ha aperto al dialogo con l’Esercito
Siriano Libero che aprì le ostilità contro il regime di Assad ma si
trova oggi schiacciato dai gruppi islamisti ISIS ed Esercito della
Conquista sostenuti e armati dalle monarchie del Golfo e dalla Turchia e
abbandonata dall’Occidente.
Mosca propone l’unione delle unità dell’ESL e della Repubblica araba
di Siria (le forze di Assad) per combattere lo Stato Islamico e gli
altri gruppi “terroristici” cioè di ispirazione islamista quali
qaedisti, salafiti e fratelli musulmani. ) in “coordinamento con le
forze aeree russe” come ha dichiarato il portavoce del ministero degli
Esteri russo, Maria Zakharova.
Mosca punta quindi a recuperare quell’opposizione moderata che
l’Occidente non è riuscito a sostenere e le monarchie sunnite del Golfo
hanno voluto soffocare, per coinvolgerla nella lotta ai jihadisti e nel
futuro processo di pacificazione e transizione del potere in Siria.
Una
strategia complessa ma almeno è ”una strategia” che si contrappone al
caos prolungato e inconcludente alimentato dall’ambiguo Occidente e alla
trasformazione della Siria in uno stato islamico dominato da Isis e
qaedisti come vorrebbero molti nella Lega Araba pur di cacciare gli
sciiti da Damasco.
Al potere attrattivo della coalizione a guida russa sembrano non
sfuggire neppure i curdi siriani che in alcuni settori combattono l’Isis
al fianco dei soldati di Assad e che sono in cerca di robuste
protezioni internazionali da quando Ankara ha iniziato in luglio una
campagna di raid aerei che prende di mira i curdi invece dello Stato
Islamico e continua a premere per istituire nel nord della Siria una
“zona cuscinetto” di cui farebbero le spese soprattutto i curdi.
Un contesto che spiega i duelli aerei tra jet turchi e russi lungo il
confine ma soprattutto il motivo per cui a Latakya i russi hanno
schierato una vasta gamma di missili antiaerei con i sistemi Tor-M-2,
Pantsyr e S-300 in grado di garantire una copertura a tutte le quote e
ad ampio raggio che raggiunge i confini settentrionali siriani.
L’intervento
russo sta facendo perdere il controllo a molti Occidente. Con sprezzo
del ridicolo la NATO si accoda a Washington e Londra nell’accusare Mosca
di voler peggiorare la situazione in Siria e si dice pronta a
proteggere la Turchia.
“La Russia deve cessare di sostenere il regime di Bashar al-Assad” ha
detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, perché
l’intervento russo in Siria “non è un contributo positivo alla pace a
lungo termine”. Obiettivo che a quanto pare secondo Stoltenberg verrebbe
meglio perseguito lasciando la Siria ad al-Qaeda e Califfato.
“La Russia sta rendendo molto più pericolosa una situazione già molto
seria” ha detto il ministro della difesa britannico, Michael Fallon,
aggiungendo che “chiederemo esplicitamente alla Russia di smettere di
sostenere il regime di Assad e di usare costruttivamente la sua
influenza sul regime perché fermi i “barili bomba” sui civili”.
La Russia “deve smettere il bombardamento in zone non controllate
dall’Isis”, confermando che la Gran Bretagna vuole una Siria governata
da salafiti, qaedisti e fratelli musulmani, che insieme all’ISIS
costituiscono oggi l’unica alternativa al regime di Assad. Una posizione
filo jihadista sostenuta anche da Parigi che forse è il frutto delle
decine di miliardi investiti in Francia e Gran Bretagna dalle monarchie
sunnite del Golfo.
Foto: Marina Russa, RIA Novosti, al-Jazira
di Gianandrea Gaiani - 8 ottobre 2015
fonte: http://www.analisidifesa.it
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