Com’era scontato in India ha vinto Narendra Modi. E ora il tentativo di riportare a casa Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, i due marò bloccati in India da 27 mesi, minaccia di trasformarsi in una missione impossibile.
Ma il ministro degli esteri Federica Mogherini e il governo Renzi
non sembrano preoccupati. A dar retta a loro la vittoria del Bharatiya
Janata Party, il partito nazionalista indù, è quasi un non evento.
Strano perché per tutta la campagna elettorale il 63enne prossimo
premier Narendra Modi non ha mai rinunciato alle tirate sui marò
accusando Sonia Gandhi e il Partito del Congresso di aver tentato di
rimandare a casa Girone e Latorre.
Per consentire l’avvio di un arbitrato internazionale, affidando la questione marò alle Nazioni Unite o alla Corte Internazionale dell’Aja non basta, infatti la parola della Mogherini o di Renzi, ma serve il sì di Modi e dei suoi ministri. Il nuovo governo indiano dovrebbe dunque disconoscere o bloccare il tribunale speciale, pronto ad esaminare il caso dal 31 giugno, e subito dopo concordare con l’Italia l’«arbitro internazionale» a cui rimandare il giudizio sulla morte di due pescatori indiani e sull’immunità funzionale dei nostri militari. Modi e i suoi dovrebbero, insomma, rimangiarsi le promesse e rinnegare il fiero patriottismo indù per sottomettersi alle decisioni di un’istituzione internazionale. Certo illudersi non costa nulla. Come non costa nulla sperare nell’aiuto di quell’amministrazione statunitense con cui la Mogherina cerca di flirtare appuntandosi sul petto le spillette con la scritta «democrat» prima degli incontri con il segretario di stato John Kerry. Una cortigianeria tanto maldestra quanto inopportuna.
Neppure Kerry e compagnia hanno infatti mai ottenuto molto nei bracci di ferro con gli indiani. E a dimostrarlo c’è la vicenda di quella vice console indiana arrestata a dicembre a New York per violazione delle leggi sull’immigrazione, ma rispedita a casa dopo l’arresto per rappresaglia di un diplomatico americano a Nuova Delhi. Senza dimenticare che i «democrat» Kerry e Obama saranno i primi a scordarsi della Mogherini e dell’Italia qualora i rapporti con Modi diventassero fondamentali per evitare uno scontro nucleare con il Pakistan, garantire la stabilità del subcontinente indiano e riavviare gli accordi commerciali. E cosi l’arbitrato internazionale, vendutoci come magica soluzione del problema marò rischia, più tristemente, di rivelarsi solo il nuovo capitolo di una storia senza fine.
di Gian Micalessini
Il Giornale, 18 maggio 2014
fonte: http://www.destra.it
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