C’è un preoccupante aumento del fanatismo indù, violento e aggressivo verso le minoranze religiose cristiane e musulmane, nell’India impegnata nel mese cruciale delle elezioni generali. A partire dal 7 aprile e fino al 12 maggio, infatti, la più imponente democrazia del mondo porta alle urne 815 milioni nelle sedicesime elezioni nazionali dall’indipendenza del paese. I cittadini nel 28 stati e 7 territori che compongono la federazione indiana si recheranno agli oltre 900mila seggi, distribuiti in 543 circoscrizioni, in 9 giorni diversi nel’arco di un mese, e il conteggio finale del lungo processo elettorale è previsto il 16 maggio.
Protagonista indiscusso, e favorito nei sondaggi per diventare nuovo Primo Ministro è il leader del Bharatiya Janata Party
(“Partito del popolo indiano”, BJP), Narendra Modi, attualmente capo
del governo nello stato nordoccidentale del Gujarat. Il BJP è un partito
conservatore e nazionalista che, a partire dagli anni ‘80 ha fatto le
su fortune politiche – ed è già salita al potere nella nazione dal 1998
al 2004 – cavalcando senza esitazione il sentimento religioso indù e
sfruttando una ideologia di “purezza religiosa”, definita hindutva,
che predica “l’India agli indù” a scapito delle minoranze. Modi è molto
popolare tra i giovani e ha iniziato la sua carriera politica nel Rashtriya Swayamsevak Sangh
(RSS), organizzazione indù di carattere paramilitare che, accanto a un
cartello di organizzazioni simili, ha storicamente conservato un
approccio radicale, intollerante e violento: fu un ex membro di RSS,
dicono i libri di storia, ad assassinare il Mahatma Gandhi, nel 1948.
Oggi “l’effetto Modi” si fa sentire nella società indiana con fenomeni che preoccupano gli osservatori: si fa strada soprattutto tra i giovani l’ideologia esclusivista e discriminatoria promossa dal BJP e i “neo convertiti” che aderiscano ai gruppi locali di RSS si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Un’organizzazione che sembrava “in via di estinzione”, ha ricevuto un inatteso impulso e nell’ultimo mese sono nate oltre 2.000 nuove sezioni locali di RSS, che riscuote un rinnovato interesse per vita “da militante”, basata su “formazione del carattere , idealismo , disciplina”. Il tutto condito da una approccio sociale e politico che approva apertamente il sistema castale ( abolito formalmente da 60 anni) e guarda con sospetto le comunità religiose non indù, accusate di “inquinare la nazione”.
Ben si comprende, allora, la preoccupazione dei leader cristiani e
musulmani (in un paese dove gli indù costituiscono circa l’80% della
popolazione, i musulmani sono il 13%, i cristiani il 2,5%) per le
rispettive comunità, già vittime nel passato recente di attacchi di
massa. Basti ricordare l’episodio del febbraio 2002, quando i militanti
induisti uccisero oltre mille musulmani, nella disputa per un “tempio
conteso” nella città santa di Ayodhya. I cristiani, dal canto loro,
ricordano i pogrom subiti nello stato di Orissa nel 2008 e, ultimamente,
gli oltre 4.000 casi di violenza anticristiana registrati nel 2013.
Episodi che includono l’omicidio di 7 fedeli, abusi e percosse su 1.000
donne, 500 bambini e circa 400 preti di diverse confessioni; attacchi a
oltre 100 chiese e luoghi di culto cristiano, come documenta il
“Rapporto sulle persecuzioni 2013” elaborato da un forum di enti nella
società civile indiana. In particolare alcuni importanti stati indiani
come il Karnataka e il Maharashtra spiccano come “laboratori
dell’estremismo indù”, ben radicato anche in altri stati come Andra
Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Orissa, Madhya Pradesh.
Le minoranze rimarcano evidenti falle nel sistema giuridico indiano,
che permettono la diffusione dell’intolleranza religiosa: sotto accusa
alcuni provvedimenti legislativi come l’Ordine presidenziale del 1950,
che nega ai dalit (fuoricasta) cristiani e musulmani i diritti
riconosciuti ai dalit indù (una sorta di discriminazione legalizzata); e
le leggi anti-conversione, norme di palese violazione della libertà di
coscienza e religione, in vigore in sette stati indiani.
Sta di fatto che, con l’approssimarsi del voto e durante il mese
delle elezioni, sono cresciute le tensioni e le violenze sulle minoranze
religiose nel paese, come rileva un rapporto pubblicato dall’Ong Christian Solidarity Worldwide
(CSW). La violenza è finita anche sotto la lente dell’Onu: Heiner
Bielefeldt, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di
religione, in un recente visita in India, ha rimarcato l’urgenza che lo
stato garantisca i diritti individuali, sanciti della Costituzione,
promuovendo un clima e una prassi di armonia sociale e religiosa. Ma la
possibile vittoria elettorale del BJP certo non aiuterebbe a distendere
le relazioni tra comunità di fede diversa.
paolo affatato - 27 aprile 2014 roma
fonte: http://vaticaninsider.lastampa.it
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