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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

29/01/18

Siria. Erdogan bombarda i curdi, e i russi voltano loro le spalle



Nonostante in un primo momento i curdo-siriani dell’Ypg avessero respinto il nemico ad Afrin, i “ribelli” siriani turcomanni sono riusciti a sfondare in alcuni punti le linee difensive e a penetrare nei territori della provincia curdo-siriana.
Le operazioni “contro i terroristi”, come li ha definiti il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, hanno preso il via ieri verso le ore 15.00 (ora italiana) con una serie di bombardamenti aerei compiuti da 72 caccia che hanno colpito un centinaio di obiettivi, fra cui l’aeroporto militare di Minnigh. Bombardamenti che, come ha riferito un portavoce dell’Ypg, “hanno ucciso una decina di persone, soprattutto civili”.
In barba al diritto internazionale Erdogan ha così perseguito l’obiettivo di colpire i curdo-siriani nonostante siano armati dagli Usa e abbiano rappresentato il primo vero baluardo all’espansione dello Stato Islamico, si pensi alla battaglia di Kobane: mentre dagli aeroporti turchi transitavano decine di migliaia di foreign fighters diretti in Siria e in Iraq e dalle frontiere passavano merci, armi, petrolio e persino jihadisti da curare negli ospedali turchi, i curdi avevano saputo contrastare l’Isis e fermare il progetto di assicurare allo Stato Islamico 400 chilometri di confine curdo-siriano.
Con l’attacco all’Ypg (Unità di protezione del popolo, ala armata del partito democratico – Pyd) Erdogan conta di prevenire la nascita di uno stato federale curdo nel nuovo assetto siriano, garantendosi di conseguenza quella zona cuscinetto che aveva chiesto già all’inizio del conflitto siriano.
Il colpo di testa di Erdogan, che comunque non è piaciuto ne’ a Washington e ne’ alla Nato di cui la Turchia è paese membro, avviene dopo il tacito consenso dei russi, alleati di Bashar al-Assad, il quali hanno lasciato Afrin e l’area poche ore prima dell’inizio dei bombardamenti.
E’ difficile capire al momento quale accordo vi sia alla base del via libera di Mosca a Erdogan, e le ipotesi sono le più varie, compresa una cessione nei confronti di al-Assad e un elemento necessario a terminare le ostilità in Siria (la Turchia sostiene i ribelli). Il Cremlino potrebbe trarre guadagno dall’ulteriore irrigidimento dei rapporti fra la Turchia e gli Usa e la Nato al fine di attrarre definitivamente Erdogan nella propria orbita, e lo stesso presidente turco potrebbe approfittare del rifiuto degli alleati di intervenire contro i curdi per fare il salto della quaglia: prima delle operazioni aveva parlato di “obbligo della Nato a prendere posizione se un alleato subisce molestie e minacce ai propri confini”, ma il segretario generale Jens Stoltemberg aveva precisato che non era stata richiesta o formata nessuna forza dell’Alleanza.
In questo quadro appare di forma e niente più quanto affermato questa mattina in un comunicato del ministero della Difesa russo, e cioè che ”Mosca è preoccupata da queste notizie. Chiediamo alle parti in lotta di mostrare moderazione”.
Quella dei curdi sacrificati per interessi “superiori” è una storia che si ripete.
I russi tradirono i curdi già negli anni Quaranta, quando fu proclamata la nascita di un nuovo partito politico: il Partito Democratico del Kurdistan (Pdk, 1945), sotto la guida di Qazi Muhammad. Il Pdk aveva istaurato forti legami con i sovietici per avviare il suo programma di libertà e di autogoverno nell’ambito dello Stato iraniano, cosa che comprendeva l’uso della lingua curda nelle scuole e negli atti amministrativi, lo sviluppo dell’agricoltura e del commercio, il miglioramento delle condizioni economiche mediante lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. Fu il primo passo verso la proclamazione della Repubblica di Mahabad, che avvenne il 22 gennaio 1946. Qazi Muhammad godeva pienamente dell’appoggio militare e politico dei sovietici e del leader curdo-iracheno Mustafa Barzani. La Repubblica curda sopravvisse tuttavia 11 mesi tutelata dall’Armata Rossa, nel nord dell’Iran, ma poi i sovietici raggiunsero un accordo con lo scià per l’evacuazione dell’Iran in cambio di una consistente concessione petrolifera, e la Repubblica curda capitolò.
Più di recente i curdo-iracheni sono stati lasciati soli dopo la proclamazione dell’indipendenza dall’Iraq a seguito del referendum del 25 settembre, nonostante avessero rappresentato il primo e solo baluardo all’espansione dell’Isis. Tuttavia già nel 1916, quando Francia e Gran Bretagna si spartirono le rispettive zone di influenza nella regione (accordo “di Sykes-Picot”, dal nome dei due negoziatori), furono tracciate nazioni sulla carta come la Siria e l’Iraq… sacrificando anche allora un’intera popolazione curda, oggi divisa su quattro stati (Turchia, Iraq, Iran e Siria).




di Shorsh Surme






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