da Libero Quotidiano del 6 maggio 2017
La querelle sulle Ong evidenzia la totale assenza di sovranità
dell’Italia che ha da tempo rinunciato al controllo delle frontiere
accettando che chiunque paghi criminali strettamente legati ai gruppi
terroristici islamici possa oltrepassarle.
Roma ha persino delegato ad organizzazioni private straniere parte
del lavoro di «traghettatori» che fino al luglio scorso veniva ricoperto
solo da navi militari italiane e Ue oppure, in emergenza, da mercantili
in transito nel Canale di Sicilia.
La disfatta dell’Italia non è quindi dovuta al ruolo più o meno
ambiguo delle Ong ma al fatto che il nostro governo accolga ondate
infinite di immigrati illegali consentendo a chiunque di sbarcarli sul
territorio nazionale.
Eppure lo Stato italiano, se esistesse, potrebbe chiudere in breve
tempo un’emergenza che non è più tale da quando l’Operazione Mare
Nostrum l’ha trasformata in standard quotidiano, arricchendo i
trafficanti e incoraggiando a partire milioni di africani e non solo.
Da un paio di mesi arrivano via Libia migliaia di persone anche dal
Bangladesh, attraversando quasi mezzo mondo per approfittare dell’Italia
a sovranità zero, vero e proprio «ventre molle dell’Europa». Curioso
quindi che si discuta oggi se le Ong abbiano rapporti diretti con i
trafficanti quando in realtà il lavoro svolto da quelle navi è lo stesso
ricoperto dalle navi militari.
Ci sono quattro flotte in azioni di fronte alla Libia, due italiane
(Guardia Costiera e Operazione Mare Sicuro) e due europee (Frontex e
Eunavfor Med) che avrebbero compiti diversi ma in realtà ne svolgono
solo uno: portare in Italia immigrati illegali a ondate crescenti:
170’mila nel 2014, 181mila l’anno scorso, forse oltre 250 mila
quest’anno secondo le stime).
Persino la flotta Ue, cui Federica Mogherini ha dato nel 2015
l’ordine indecifrabile di «interrompere il modello di business dei
trafficanti» (ma raccomandando di non respingere nessun migrante) ha
portato in Italia decine di migliaia di immigrati illegali.
La Convenzione di Amburgo prevede che i «naufraghi» soccorsi vengano
sbarcati nel porto sicuro più vicino ma né Malta (che pure è nella Ue e
ha ospitato due mesi fa l’ultimo vertice europeo sull’emergenza
immigrazione) né la Tunisia accettano clandestini come è nel pieno
diritto di ogni Stato sovrano.
Lo facesse anche l’Italia il problema verrebbe gestito giocoforza
dalla comunità internazionale. Del resto soluzioni efficaci non
mancherebbero se a Roma qualcuno avesse gli attributi per riprendere in
mano la gestione dei flussi impedendo alle Ong di sbarcare gli immigrati
nei nostri porti e attuando respingimenti assistiti.
Gli immigrati verrebbero soccorsi so lo da navi militari per poi
dividerli a bordo. Da una parte bambini (quelli veri che sono meno del
10% dei cosiddetti «minori» raccolti), donne in gravidanza e feriti
verrebbero trasferiti in Italia per assisterli e poi rimpatriarli nei
paesi d’origine.
Dall’altra tutti gli altri (oltre il 95% dei clandestini sono giovani
uomini in ottime condizioni be provenienti da paesi in pace) da
riportare sulla costa libica con mezzi militari e sotto copertura della
Marina per scongiurare attacchi e provocazioni da parte di trafficanti e
miliziani.
Chi sostiene che il respingimento è inattuabile perché in Libia
mancano le condizioni minime non tiene conto del fatto che nelle aree da
cui salpano i barconi non vi sono scontri mentre l’ultimo rapporto
dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni rivela che oltre il
60% degli immigrati africani presenti in Libia intende lavorare proprio
nella nostra ex colonia, non venire in Europa.
Se l’Italia avesse ancora un briciolo di sovranità potrebbe in
alternativa accordarsi con Tunisi per fornire aiuti economici in cambio
dello sbarco nei porti tunisini degli immigrati da convogliare in campi
profughi dell’Onu in vista del rimpatrio. Non ci sarebbero più morti in
mare e i flussi cesserebbero all’istante poiché nessuno pagherebbe più i
trafficanti per ritrovarsi in Africa anzichè in Europa.
Vignette di Krancic
7 maggio 2017
fonte: http://www.analisidifesa.it
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