Gli interventi del vescovo Nosiglia al convegno “Liberare le esistenze”, a cura del “Tavolo di lavoro fede e omosessualità della Diocesi di Torino” sono di una chiarezza sconfortante. Inutile meravigliarsi di quanto successo a Torino, appunto.
.
Don
Gianluca Carrega, che ha celebrato solo pochi giorni fa il funerale
di Franco Perrello, 83 anni (il quale insieme al compagno Gianni
Reinetti è stato il protagonista della prima unione “civile” nel
capoluogo piemontese ) ringraziando e lanciando petali di rosa su
omosessualità e dintorni non è nuovo a questo tipo di iniziative, ma
anzi è addirittura incaricato per farle.
Egli – lo ricordiamo – è stato appositamente scelto dall’Arcivescovo
per seguire la pastorale delle persone omosessuali: è dunque solo la
punta dell’iceberg.
Cesare Nosiglia è il vero e proprio mandante di questo scandalo, il
quale non è di certo limitato al funerale di Perrello, ma si estende ad
un vero e proprio progetto per creare nella Diocesi di Torino una sorta
di para-diocesi omosessualista che cresca sempre più in fretta, per poi
fungere da esempio, o meglio, da “ponte”, per le altre diocesi italiane.
Dal 6 all’8 gennaio si è tenuto infatti il ritiro residenziale dal titolo (tutto un programma!) “LIBERARE LE ESISTENZE” a cura del “Tavolo di lavoro fede e omosessualità della Diocesi di Torino“, per il ciclo di incontri: “Alla luce del sole“.
I titoli sono decisi a tavolino in Curia; sbaglierebbe perciò
chiunque presumesse che sono incontri o eventi organizzati da
associazioni esterne diciamo così, tollerate, poiché questa è tutta
farina del sacco della Diocesi in cui siede Cesare Nosiglia. In questa
logica e in questo maligno disegno si colloca la questione di Chieri,
dove la dottoressa Frezza è stata bloccata dalle urla di quattro
cialtroni LGBT, godendo però essi di una grande stima e di un grande
appoggio nella Diocesi di Torino.
Come dimenticare le bacchettate conferite alla professoressa dell’Istituto “Pininfarina”
di Torino, circa tre anni fa, la quale definì senza mezzi termini
l’omosessualità come qualcosa di non normale e da curare: dopo gli
insulti che fu costretta a ricevere dall’establishment laicista, arrivò
in concomitanza anche l’arrogante ammonizione di quel pastore che
avrebbe dovuto difendere una pecorella coraggiosa nell’affermare la
verità ai suoi alunni. Come buon lupo invece Nosiglia la sbranò,
asserendo che “a scuola servono rispetto e accoglienza,
soprattutto ora dopo la discussione avvenuta nella Chiesa. (…) Trovo che
non sia il caso di mettere in discussione le scelte sessuali delle
persone, per di più in un ambiente educativo come la scuola”.
A questo raduno di “cristiani LGBT” tenutosi appunto nei giorni
dell’Epifania, non hanno mancato di essere raccolte le testimonianze dei
partecipanti, uno dei quali pure ammette senza problemi che l’incontro
“è stato organizzato dalla Diocesi di Torino, nella persona di don
Gianluca Carrega incaricato dall’Arcivescovo per la pastorale delle
persone omosessuali”.
Durante l’incontro guidato da don Carrega non si è fatta attendere la
visita di Nosiglia, che qualcuno dei partecipanti definisce su un
articolo apparso su Portale Gionata (portale su “fede e omosessualità) “vescovo friendly” – e come dargli torto – per la sua avanguardia clericale.
Nosiglia infatti ha, tra l’altro, affermato che:
– “Le posizioni tradizionali vanno riformate”.
– Ha specificato come quello che aveva innanzi non fosse un gruppetto
da considerarsi privato: il Vescovo ha dato un incarico specifico a don
Carrega, per ascoltare e capire meglio. “Sono venuto qui a sentire la vostra voce e guardarvi negli occhi”, ha detto Nosiglia al gruppo di omosessuali.
– Ha definito il gruppo “lievito per la Chiesa e preziosa risorsa”, invitando a continuare a porre al centro “la parola, la fraternità, il dialogo”, così da poter diventare sempre più un gruppo “importante per tutta la Diocesi“.
Alcuni dei partecipanti hanno poi rivolto richieste a Nosiglia,
chiedendo di porre particolare attenzione alla formazione dei sacerdoti,
specie rispetto al Sacramento della Confessione a motivo del quale
tanti poveri omosessuali troverebbero “muri e non riconciliazione”.
Uno dei presenti ha anche chiesto di poter avere un riferimento
all’interno della CEI (come se già non ve ne fossero! ), così da non
dover rimanere relegati solo nelle diocesi, ma potendosi finalmente
espandere in modo non più nascosto anche nei grandi ranghi della
neo-chiesa ufficiale e di vertice. La domanda è stata presa sul serio. “Vedremo cosa posso fare”, è stata infatti la risposta.
Tanto ancora si potrebbe dire degli interventi di Nosiglia, riportati
da più testimonianze di persone omosessuali presenti al ritiro (ritiro
di che poi?), ma per riassumere basta citare il congedo finale
dell’Arcivescovo: “CHE IL VOSTRO GRUPPO DIVENTI UN PONTE TRA IL MONDO OMOSESSUALE E LA CHIESA”.
Chi suppone che Torino sia la città del Diavolo, forse, non ha poi
tutti i torti, e senza bisogno alcuno di vedere chissà quali misteri: le
cose sono quanto mai lampanti e palesi.
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