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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

15/03/16

L’olio tunisino un danno? Falso


 


Normalmente per ottenere una bella distrazione di massa ci si inventa un problema e lo si carica, adeguatamente, per ottenere che l’attenzione dei nostri concittadini si sposti su di esso per distrarli dai gravissimi problemi che attanagliano il nostro Paese, martoriato dalle tasse, che non accennano a diminuire (malgrado le dichiarazioni antigufi del premier Matteo Renzi), della grave disoccupazione e della impossibilità di avviare una ripresa che sia realmente tale (e non di qualche zero virgola).
L’ultima distrazione di massa si crede possa essere la decisione del Parlamento europeo sull’olio tunisino che, con qualche facilitazione, può essere esportato nell’Unione europea nella misura di 90mila tonnellate all’anno. Il tutto viene presentato come una vera e propria sciagura per l’economia agricola dell’Italia. Per dargli consistenza vi provvede l’attuale ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che accompagna la scelta europea con una dichiarazione praticamente negativa. “Rimango - ha dichiarato il ministro - fermamente contrario a qualsiasi aumento permanente del contingente di olio tunisino. Se non avremo garanzie continueremo a opporci all'adozione del regolamento da parte della commissione”.
Non solo distrazione di massa, ma pure volgare tentativo di far sapere che se altri votano a favore il Governo Renzi era contrario. Ma dov’è il problema che fa insorgere Coldiretti e Confagricoltura che parlano di “colpo mortale all’agricoltura meridionale”? Fanno tutti finta di non sapere che l’Italia produce attorno alle 330mila tonnellate di olio extra vergine e che il fabbisogno del Paese è di circa 700mila tonnellate. Ciò significa che già oggi l’Italia importa olio per il proprio fabbisogno e non si capisce perché bisognerebbe opporsi a che l’Europa e anche il nostro Paese debbano rinunciare ad un incremento di quanto già la Tunisia vende agli europei da anni, dato che quello Stato produce 150mila tonnellate e ne consuma soltanto 40mila. Se c’è qualcuno che ha interesse a protestare esso va trovato tra gli attuali fornitori dell’olio che siamo costretti ad importare che vedrà in parte ridotto il proprio export verso il nostro Paese.
Se l’olio tunisino, quindi, è già sugli scaffali dei supermercati perché allarmare la gente, come fa il ministro Martina immediatamente ripreso, con toni preoccupati, da trasmissioni radio e dai media in generale. Egli dichiara che “nel frattempo gli organismi di controllo del ministero, a partire da Capitanerie di Porto, Corpo forestale e Ispettorato repressione frodi intensificheranno le ispezioni ai porti sul prodotto in arrivo… contro possibili frodi…”. Il ministro dovrebbe sapere che l’olio tunisino è già in Italia, e con esso anche altro olio perché quello fornito dalla Tunisia, Paese amico, non è sufficiente a coprire il nostro fabbisogno. Forse, finora, le ispezioni non sono state fatte bene?
Invece di farsi strumentalizzare dal titolare delle Politiche agricole, le Organizzazioni dei produttori italiani (Coldiretti e Confagricoltura) dovrebbero pretendere di far “funzionare” regolarmente l’integrazione del prezzo dell’olio che, da quando è in mano alle Regioni, costringe i produttori a lunghe ed estenuanti attese prima che gli stessi possano vedere accreditato quel misero contributo che la Comunità deve, annualmente, agli olivicoltori. Quest’anno, dopo un acconto nel mese di novembre, e non a tutti, in Calabria non è stato ancora disposto il saldo. Il ministro, invece, di “fare politica non pulita”, dovrebbe provvedere di conseguenza. E anche le Organizzazioni di categoria perché, da soli, gli agricoltori non hanno potere contrattuale.

di Giovanni Alvaro - 15 marzo 2016

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