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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

19/03/16

Gheddafi è morto. Viva Gheddafi


 

Questo post delinea uno strategia non convenzionale per stabilizzare la Libia, una strategia che ci fa pronunciare ancora una volta il nome Gheddafi…

La “Rivoluzione” libica era finita da poco, ed Hillary Clinton, oggi Frontrunner per la Casa Bianca del partito Democratico, prima di una intervista commentava a suo modo la morte di Gheddafi, storpiando il “Veni,Vidi,Vici” di Cesare in un “we came, we saw, he died”. Sì Gheddafi era morto ma un altro Gheddafi è ancora vivo, ed il suo nome Saif Al Islam, potrebbe essere il nome più azzeccato mai dato da un padre al proprio figlio.
Saif potrebbe essere infatti al centro di una strategia atta a stabilizzare la Libia sotto il controllo di un uomo forte, un uomo che ha vissuto dall’interno il regime del padre Muhammar e che non ha lasciato i centri del potere di Tripoli se non nelle ultime ore del regime, un uomo che con il suo nome “la Spada dell’Islam” potrebbe riunificare una nazione in cerca di identità.
Oggi Saif è prigioniero nel carcere di Zintan dove i berberi locali si rifiutano di consegnarlo al governo islmista di Tripoli impaziente di impiccarlo (o decapitarlo questo non è chiaro) sulla pubblica piazza.
Il nome di Gheddafi è ancora potente in Libia, così come sono decine di migliaia nella popolazione locale i Gheddafiani.
I nostalgici del regime oggi più che mai rimpiangono i tempi del Colonnello, i tempi nei quali la Libia, seppur senza libertà prosperava, i tempi nei quali ogni anno miglioravano le condizioni di vita della quasi totalità della popolazione. Oggi, dopo la caduta del Colonnello la Libia non è più libera o più democratica di prima e in più ha vissuto e continua a vivere il decadimento di ogni servizio necessario ai cittadini.
Liberare Gheddafi e riportarlo a Sirte potrebbe innescare a nostro avviso l’implosione di molte milizie che oggi lottano per una briciola di potere in Libia, prima tra tutte quella che si rifà al Califfato e che a Sirte, città della Tribù di Gheddafi ha fissato la propria roccaforte. All’interno di ogni città monta infatti il rimpianto per il Colonnello e all’interno delle Tribù in molti aspettano l’ascesa di un uomo forte attorno al quale coagularsi, e garantirsi quel potere personale che cinque anni di guerra civile strisciante hanno del tutto eroso. L’Italia dovrebbe e potrebbe giocare in questa strategia un ruolo primario, non esposto ma determinante.
Come abbiamo potuto notare la strategia italiana attuale è stata e probabilmente sarà fallimentare. I nostri “alleati preferenziali” e cioè il governo non riconosciuto di “Alba Libica” ci vede come uno strumento e non come il partner privilegiato, esso non solo non tiene in considerazione gli interessi italiani, ma addirittura non risponde a elementari richieste del nostro paese che non siano supportate dalla minaccia militare (ci riferiamo alla mancata restituzione delle salme dei nostri connazionali uccisi pochi giorni fa a Sabrata ad esempio). Questi “alleati preferenziali” rispondono invece puntualmente alle richieste di altri stati non Europei.
Riportare Saif Al Islam a Sirte, supportato in maniera diretta ed efficace, anche sotto il punto di vista dell’intelligence e degli armamenti avrebbe anche il vantaggio di negare al Califfato di Libia un ampio bacino di reclutamento. Sirte è uno dei principali bacini di reclutamento del Califfo, in quanto città da sempre legata alla Tribù di Gheddafi. Il ritorno di Gheddafi, di Saif Al Islam Gaddafi, a Sirte spazzerebbe via in una notte il Califfato dalla città.
Perché questa strategia riesca ad unificare nuovamente la Libia (senza vedere scarponi italiani sul suolo libico), è tuttavia necessario l’appoggio dell’Egitto e della fazione vicina al Generale Haftar. Gli uomini fedeli a Gheddafi possono essere organizzati, armati e supportati in una loro avanzata verso Tripoli, come ai tempi furono supportate le milizie di Misurata e della Cirenaica, ma il Governo di Tobruk (quindi l’Egitto) deve essere al suo fianco. Le forze rivoluzionarie neo Gheddafiane sarebbero infatti in una prima fase di questa contro rivoluzione numericamente esigue e non in grado di combattere su due fronti, serve quindi a questo progetto l’appoggio di una importante fazione libica e quella islamista di Tripoli non sarà certo dalla parte del nuovo Gheddafi.
Ma la nuova Libia non dovrà essere la riedizione del regime di Gheddafi padre, dovrà essere una Libia dove le Tribù potranno gestire in prima persona la sicurezza nelle loro aree tribali, gestire l’istruzione e avere, per i primi anni della nuova Libia, l’appoggio dell’occidente per ripristinare rapidamente la funzione delle strutture ospedaliere, delle reti idriche (civili agricole e industriali), delle reti fognarie e elettriche. Nella nuova Libia, riunita comunque sotto la guida di un solo uomo, le tribù dovranno avere la possibilità di gestire direttamente parte egli introiti petroliferi della nazione libica, e partecipare, in base alla propria popolazione e alle proprie risorse energetiche infrastrutturali e idriche al parlamento nazionale, che dovrà avere il potere di gestire il bilancio nazionale, mentre la politica estera e di difesa dovrà essere nelle mani del nuovo leader nazionale in modo tale che si possa evitare una nuova guerra civile.
Va da se che questo scenario necessità dell’intervento delle potenze occidentali, o almeno una di esse, una nazione che da sempre si è opposta, anche se mai abbastanza, al progetto di azione militare franco/britannica (e naturalmente parliamo dell’Italia).
Queste ore, successive all’abiura di Obama nei confronti dell’operazione militare che ha deposto Gheddafi cinque anni fa, potrebbero essere il momento giusto per proporre all’America di Obama questa strategia non convenzionale. Senza l’ammissione di colpa di Obama questo scenario sarebbe stato semplicemente impossibile da realizzare, ma oggi dopo le parole di scusa di Obama, questa ipotesi potrebbe essere vantaggiosa per il nostro paese e per la stesa America.
Un’America che deve riscattare le sguaiate parole di Hillary Clinton riferite all’omicidio di Gheddafi che vi abbiamo proposto all’inizio di questo post… 
11 marzo 2016

fonte: http://www.geopoliticalcenter.com

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