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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

15/01/16

Le femministe distratte


 


Sulle violenze di Colonia pensavamo di sapere tutto mentre invece, complice il tentativo di diffondere paradossali versioni tardive, rivedute e corrette, probabilmente sappiamo ben poco.
Pensavamo in principio che la cultura retrograda di certi popoli (usiamo questa parola senza timore, perbacco) avesse spinto più di qualche gentil migrante a fare il gioco della bottiglia (di vino) e che poi il clima si fosse “solo” surriscaldato dando sfogo a delle pulsioni sessuali definibili bestiali. Poi, il solito timore di essere etichettati come razzisti e la paura di attribuire colpe ben precise pronunciando termini proibiti come islamico ed immigrato, tanto per citarne due, hanno fatto il resto.
Evidentemente i fatti di Parigi, unitamente a quelli tedeschi, non sono bastati a dare all’occidente il coraggio necessario a guardare in faccia la realtà ammettendo apertamente che questa è una guerra e che il piano dello scontro si è allargato svariando dalle azioni militari a quelle di guerriglia urbana tesa a soffocare impietosamente valori come la libertà e l’emancipazione delle donne. Sta montando la teoria della cospirazione sull’argomento? Si stanno costruendo menate complottarde da visionari?
Può darsi, ma allora ci si spieghi come mai si sia tentato di mettere la sordina ad eventi come quello di Bielefeld (Westfalia) ove circa cinquecento uomini avrebbero forzato l’ingresso di una discoteca, l’Elephant, facendo violenza sulle donne. Ci si spieghi come mai si sia tentato di minimizzare sulla dinamica delle molestie di Colonia non ammettendo subito che gli invasati si muovevano in branco dando una parvenza di organizzazione.
Ci si spieghi come mai solo adesso emerge il presunto ordine online (non smentito dai servizi segreti o dal ministero dell’interno tedesco) impartito ai cosiddetti rifugiati ed avente come oggetto un fantomatico incitamento alla “Taharrush Gamea” ovvero la molestia della donna bianca come simbolo del predominio dell’uomo musulmano sugli infedeli nel nome del “Dar al harb”, ovvero “territorio di conquista”. Che sia vera o falsa, organizzata o spontanea, questa nuova jihad sessuale costituisce un chiaro messaggio politico tendente a mostrare chiaramente che la legge coranica è attiva in Europa e che qualcuno si sta preoccupando di farla rispettare imponendola anche con i metodi barbari di Colonia. Chiaro che adesso si grida al depistaggio tanto che qualcuno sussurra addirittura che sia un crimine “fatto in casa” buono per chiudere le frontiere. Ovviamente altri si appellano alla solita torbida “pista nera” mormorando che il fantomatico appello on-line alla Taharrush Gamea sia stato diffuso ad arte dai neonazisti per cercare lo scontro ed il disordine sociale.
Fatto sta che, mentre come al solito si latra contro il solito pericolo proveniente da destra, ecco che da sinistra l’utopia multiculturale ed il mito dell’integrazione falliscono clamorosamente provocando danni incalcolabili che l’occidente forse pagherà per lunghissimo tempo. Ma la pista nera ovviamente “fa più figo”.
Il paradosso è che la sinistra non si rassegna al fallimento dell’utopia terzomondista e si ostina a rilanciare difendendo con testardaggine ciò che è indifendibile, non arrendendosi all’evidenza che, un mondo in preda ad una caotica mescolanza, sarà pure bello concettualmente ma è pernicioso praticamente. Senza andare troppo lontano, basta leggere i commenti delle femministe italiane sui fatti di Capodanno per avere la cifra dell’ottusità mondialista basata sull’accoglienza ideologica più che sulla bontà d’animo.
Quelle che hanno spinto sul reato di femminicidio, quelle del “se non ora quando”, quelle del “corpo delle donne” e menate simili, ora tacciono di fronte alla barbarie maschilista solo perché i responsabili sarebbero gli amati migranti. Natalia Aspesi su “la Repubblica” non riesce a chiamarli musulmani ma li chiama “maschi stranieri” e li definisce meno pericolosi dei maschi occidentali i quali, secondo Amalia Signorelli, vorrebbero difendere le donne teutoniche solo per rivendicare la loro superiorità sui musulmani. Dacia Maraini invece, non si sa in base a quali misteriosi dati, nega che i fatti di Colonia possano essere stati commessi da immigrati e rifugiati, “gente che ha alle spalle storie molto dolorose”.
Poteva mancare una perla del ministro della Difesa, Roberta Pinotti? Eccola infatti blaterare sul fatto che una visione della donna sottomessa non sia solo prerogativa dell’Islam ma anche dei Cattolici. Rincara quindi la dose citando le Epistole di San Paolo ove si legge che “le donne siano sottomesse al marito” (peccato che San Paolo continuasse la lettera dicendo anche “e voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”). Una marmellata di vetero femminismo che si scontra con la difesa ideologica del migrante e che, impazzendo, genera una maionese intrisa di frasi deliranti miste a ragionamenti che di logico non hanno veramente nulla.
Cazzeggio puro insomma che la dice lunga sul fatto che l’Occidente sia lontano dalla presa d’atto di un fenomeno che non è vagamente sociale, non è culturale ma si sta trasformando da geopolitico a domestico. Il nuovo cavallo di Troia è entrato nottetempo nelle mura occidentali a bordo di un barcone e si è stabilito nelle periferie delle nostre città. Il tragico epilogo, frutto di una comprensione tardiva del pericolo, è storia che forse andrebbe riletta.

di Vito Massimano - 14 gennaio 2016

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