Il nostro Paese è impegnato in una doppia delicata
partita: ottenere sviluppi concreti sull’omicidio del nostro ricercatore
e tutelare gli investimenti di ENI nel grande giacimento Zohr
Il vuoto diplomatico tra Italia ed Egitto creato dal caso della morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato morto al Cairo lo scorso 3 febbraio, è stato colmato ad arte negli ultimi giorni da Abdel Fattah Al Sisi.
Il presidente ha approfittato dell’arrivo al Cairo del re saudita
Salman prima (dal 7 al 12 aprile) e di quelli tra il 16 e il 20 aprile
del vicecancelliere e ministro degli Affari Economici tedesco Sigmar
Gabriel, del presidente francese Francois Hollande e del segretario di
Stato americano John Kerry, per arginare le critiche interne e
presentare all’opinione pubblica una ingente mole di accordi di
cooperazione economica e finanziamenti per il rilancio della disastrata
economia egiziana.
Alla discussa cessione all’Arabia Saudita delle isole egiziane Tiran e Sanafir
nel Mar Rosso – fatto che ha spinto a scendere in piazza centinaia di
manifestanti in segno di protesta e riacceso la mai sopita controversia
con il Sudan che rivendica il possesso territoriale del cosiddetto
“Triangolo di Halaib” – hanno fatto da contraltare le intese economiche
finalizzate con Parigi e Berlino.
Al vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel Al Sisi ha strappato
un’intesa di massima per ottenere due sottomarini per la sua Marina,
oltre a una serie di accordi che faranno arrivare in Egitto nuovi
investimenti. È però l’asse con l’Eliseo quello su cui punta
maggiormente Il Cairo. Il 18 aprile Hollande ha
partecipato all’apertura del forum per gli affari franco-egiziani a
margine del quale sono stati firmati circa 30 accordi nei settori dello
sviluppo economico, dei trasporti, delle infrastrutture e dell’energia.
Obiettivo della Francia è aumentare un volume di scambi commerciali che
nel 2015 è stato pari a 2.300 milioni di euro, ma soprattutto confermare
l’appoggio ad Al Sisi, considerato indispensabile per la
stabilizzazione della vicina Libia.
(L’arrivo di Hollande al Cairo il 18 aprile)
Una convinzione condivisa anche dal segretario di Stato americano
Kerry, il quale ha voluto incontrare il presidente egiziano subito dopo
il vertice a New York con il ministro degli Esteri iraniano Mohamed
Jawad Zarif e prima della partecipazione al summit del Consiglio di Cooperazione del Golfo, in programma oggi 21 aprile a Riad e a cui è presente anche il presidente americano Barack Obama.
Il piano di ENI in Egitto
In attesa di sviluppi sul caso Regeni e di fronte al pressing di
Francia e Germania, l’Italia non può permettersi di allentare la presa
sul Cairo per via degli affari energetici in gioco. Lo ha fatto capire
l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi. Intervenuto nella sede dell’IEA (International Energy Agency) a Parigi lo scorso 15 aprile, Descalzi ha comunicato che la trivellazione del terzo pozzo nell’immenso giacimento di gas Zohr,
scoperto al largo delle coste egiziane, è stato completata. A breve è
previsto l’inizio della trivellazione del quarto pozzo. L’obiettivo di
ENI è terminare la prima fase di ricerca – che prevede la trivellazione
di sei pozzi in totale – entro la fine del 2016. La produzione dovrebbe
essere avviata nel 2017 e permetterà di raggiungere 2,6 miliardi di
piedi cubi di gas entro il 2019, vale a dire più del doppio dell’intera
produzione egiziana nel 2015.
Zohr, giacimento al 100% di competenza di ENI, è stato scoperto a fine agosto 2015 a 1.450 metri di profondità dal livello del mare nel blocco Shorouk. Ha una capacità potenziale di 850 miliardi di metri cubi di gas, equivalenti a 5,5 miliardi di barili di greggio. Secondo gli analisti della società di consulenza Wood Mackenzie – citati dall’Agenzia Nova - il suo sviluppo sarà il più grande progetto di quest’anno nel settore degli idrocarburi. L’investimento di ENI sarà di circa 14 miliardi di dollari stando a quanto riferito dal Financial Times e ridisegnerà le rotte energetiche dell’intera area del Mediterraneo. A patto che, sottolinea il giornale britannico, le tensioni diplomatiche causate dai depistaggi egiziani sul caso Regeni non compromettano nel medio-lungo periodo le relazioni tra Italia ed Egitto.
di Rocco Bellantone 21 aprile 2016
fonte: http://www.lookoutnews.it
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