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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

07/09/15

Renzi riciccia pure Bassolino

 
Il "nuovo" Pd pensa di ricandidarlo a sindaco di Napoli. Il vecchio capopopolo, che ha lasciato la città tra monnezza e buchi di bilancio, è l'emblema di un Sud che non cambia mai. Altro che rottamazione e "rinascimento napoletano"...
 
 
bassolino


Mancano nove mesi alle elezioni comunali di Napoli e sembrerebbe che il Partito Democratico non abbia nulla di meglio da proporre agli elettori se non la candidatura di Antonio Bassolino. Sì, proprio lui, l’ultimo “viceré” di Napoli, sindaco della città dal 1993 al 2000, e poi governatore della Regione Campania per altri dieci anni, fino al 2010. Un politico di vecchia razza comunista che ha lasciato un segno, tragicamente negativo, nella martoriata storia della città partenopea. Alla faccia della rottamazione! Se il destino delle rivoluzioni è di finire in farsa, quella di Renzi è ormai finita in burla. Con il rischio che, suscettibile alle sirene del demagogismo, sempre pronto ad illudersi che un nuovo Masaniello possa risolvere come d’incanto problemi atavici (vedi l’infatuazione per De Magistris), il popolo napoletano anche questa volta possa cadere nella trappola e lasciarsi abbindolare.
In verità, anche quella di Bassolino si presentò nel 1993 come una “rivoluzione”. Nell’infervorato clima seguito alle inchieste di Mani Pulite, con il sistema ormai collassato, la sinistra riscoprì un uomo di apparato, un funzionario di partito, che venne presentato come “fuori dal sistema” ma che in verità era stato comunista fino alle midolla, esponente della battagliera ala operaista e sindacalese. Era l’ “uomo nuovo” che tanto nuovo non era, un paladino della riscossa della “società civile” e della borghesia cittadina creato in laboratorio per “fusione fredda”. Furono soprattutto gli intellettuali napoletani che si fecero complici di questa messinscena, nonostante che culturalmente e direi antropologicamente Bassolino era quanto di più lontano da loro potesse immaginarsi. Tuttavia il nuovo sindaco era pur sempre un comunista, quindi un realista politico, non esente dal cinismo: seppe adattarsi ai tempi, dismettere senza troppa fatica gli abiti di sinistra-sinistra, convertirsi al nuovo clima giustizialista e vagamente liberal in cui la sinistra pensava di rigenerarsi. E seppe poi anche ricompensare con laute consulenze, finanziamenti e onori di ogni tipo le star della cultura autoctone e non che correvano ad acclamarlo (dai Mimmo De Masi agli Achille Bonito Oliva ai Mauro Calise). Si parlò, e la notizia arrivò anche sui giornali internazionali, di un “rinascimento napoletano” che non era dato vedere e che era solo immaginato. Una vera costruzione mediatica! Si arrivò infine alla farsa quando l’avvocato Gerardo Marotta, presidente dell’iperfinanziato e marxisteggiante Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dette disposizione di riaprire addirittura le porte dello storico Palazzo Serra di Cassano che, per disposizione del proprietario, padre di un martire della Rivoluzione del 1799, avrebbero dovuto spalancarsi solo il giorno in cui  a Napoli fossero “ritornati i Lumi”.
I Lumi e Bassolino è un’accoppiata altamente improbabile, ma a Napoli c’è sempre qualcosa di pulcinellesco che si riaffaccia con costanza e nei contesti più disparati. Come sia andata a finire è presto detto: travolto da scandali, inefficienze, clamorosi buchi di bilancio (astronomico quello lasciato alla Regione Campania), circondato da un suo clan fedele e autoreferenziale, sempre più chiuso e impermeabile man mano che passavano gli anni, incapace infine di gestire un’emergenza come quella dei rifiuti, Bassolino concluse la sua carriera politica e finì rapidamente in una sorta di dimenticatoio. Fece dimenticare il suo nome quanto basta per poter essere oggi ripescato e additato quasi come un nuovo salvatore. Con il rischio che i napoletani ci ricaschino. Per noi, egli rimane però l’emblema di un Sud che non cambia mai, di una classe dirigente che non ha capacità e voglia di emendarsi. Pronto a dissipare ogni risorsa pubblica per favorire amici o protetti, dedito non a curare gli interessi degli amministrati ma a coltivare ambizioni politiche personali (non esitò ad affiancare sotto D’Alema il ministero del Lavoro all’incarico di sindaco), Bassolino è causa ed effetto della drammatica crisi napoletana. Come è possibile che qualcuno abbia pensato di rimetterlo in carreggiata? Può il Partito Democratico arrivare a tanto? Dalla rottamazione alla restaurazione il passo non è breve, ma Renzi “pie’ veloce” lo sta attraversando tutto. Almeno al Sud, marcia dritto verso il precipizio.



di Corrado Ocone - 7 settembre 2015 
fonte: http://www.lintraprendente.it

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