La mise sbagliata del ministro Boschi non riguarda tanto le cosce in bella vista mostrate a Formentera né gli slip bianchi esibiti, a mo’ di Sharon Stone, durante la Festa dell’Unità, quanto la maglietta ostentata al Gay Pride Village di Padova, con tanto di stampa del volto di Alda Merini sul davanti e sua citazione sull’amore sul retro («Chi ama è il genio dell’amore»).
Ora, al di là del fatto che non è sui rapporti d’amore che un governo o un Parlamento dovrebbero legiferare (scelte di natura privata,
che attengono l’individuo, non certo la collettività e possono ispirare
la poesia, non la politica), è proprio sull’immagine della Merini come icona gay-friendly che il ministro ha preso un inciampo mica da poco. La grande poetessa, che pure celebrava la grande libertà dell’amore di dispiegarsi in molte forme
e fare l’uomo insieme angelo e demone, era fortemente critica nei
confronti delle nozze e adozioni gay. Celebre la sua affermazione al
Festivaletteratura di Mantova del 2008 «Oggi i gay, le lesbiche hanno i
figli… ragazzi siamo sull’orlo del fallimento». Lei
stessa, ci scherzava su, sul fatto di essere particolarmente amata e
letta da omosessuali: «Piaccio molto ai gay», diceva, «Gente che non vuole baciarmi».
Custode del materno e dell’icona del femminile quasi come fosse un tesoro sacro, la Merini si è sempre mostrata critica anche verso quelle derive tendenti alla confusione dei sessi, all’indistinzione sessuale, oggi portate avanti ad esempio dall’ideologia gender. Nel film-testimonianza La pazza della porta accanto
di Antonietta de Lillo, basato su un’intervista alla poetessa del 1995,
la stessa Merini tuonava in modo inesorabile: «La donna che vuole
diventare uomo sovverte tutta la cultura passata. La
donna deve essere se stessa». Madre, donna, amante, libertina,
sacerdotessa, poetessa, pazza e santa, la Merini ha colto tutte le
sfaccettature della femminilità, vivendone la ricchezza e la povertà,
senza però mai svendere quel patrimonio, in nome di tendenze palingenetiche o pansessuali.
La grande dignità (e quindi identità) della donna stava nel preservare quel tesoro, non nel corromperlo: «Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio […]. E poi ti volgi e
vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci
meravigliata e allora diventi grande come la terra e innalzi il tuo canto d’amore», cantava la Merini in una stupenda lirica intitolata A tutte le donne. Prenda appunti la Boschi, su cosa significhi essere veramente donna.
di Giovanni Torelli - 8 settembre 2015
fonte: http://www.lintraprendente.it
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