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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

19/09/14

LO TSUNAMI GIUDIZIARIO - L’inchiesta che punta al premier e quelle contro i renziani doc





Sono passati 20 anni da quell’avviso di garanzia recapitato, con precisione chirurgica, a Silvio Berlusconi

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Sono passati 20 anni da quell’avviso di garanzia recapitato, con precisione chirurgica, a Silvio Berlusconi che a Napoli presiedeva il vertice internazionale del G7. Dopo cinque lustri anche la sinistra italiana si accorge che forse la «giustizia a orologeria» esiste davvero; che probabilmente, quando il Cavaliere diceva che certa magistratura agisce politicamente, non aveva tutti i torti; e soprattutto che chi tenta di riformare la giustizia in Italia, magari riducendo le ferie dei magistrati, mettendo un tetto ai loro stipendi o introducendo una seria responsabilità civile, non può dormire sonni tranquilli. Se ne accorgono, ora, anche giornalisti di peso che per anni hanno rifiutato l’assunto, come Vittorio Zucconi, di Repubblica, che dopo l’avviso di garanzia recapitato al padre di Matteo Renzi, twitta: «Indagato il padre di Renzi. Le colpe dei figli ricadono sui padri. Mai toccare le ferie al dipendente pubblico. Matteo, ti avevo avvertito». Benvenuto fra noi.

Ma che le pretese del premier verso la magistratura stessero per produrre uno sconquasso politico-giudiziario lo si poteva intuire già da qualche tempo. I segnali, infatti, c’erano tutti. Il primo. Matteo Richetti , deputato del Partito democratico, e Stefano Bonaccini , responsabile Enti locali, entrambi in corsa per le primarie del centrosinistra in Emilia Romagna, vengono indagati per peculato nell’inchiesta sulle «spese pazze» in Regione. Risultato: il primo si ritira, il secondo resiste. Nelle stesse ore la magistratura si fa viva anche sul versante politico-economico, mettendo sotto inchiesta Claudio De Scalzi , amministratore delegato dell’Eni, indagato per una presunta mazzetta da un miliardo di euro relativa all’acquisizione di un giacimento petrolifero in Nigeria. Un caso, questo, in grado di far «risvegliare» il garantismo di Renzi, che così difende De Scalzi: «L’avviso di garanzia non può costituire un vulnus all’esperienza professionale di una persona». Che l’«accerchiamento» fosse in atto era evidente anche da come l’attenzione delle toghe si stesse concentrando intorno al «bersaglio grosso», cioè lo stesso Renzi. Un fascicolo, infatti, è aperto sulle spese della Provincia di Firenze e riguarda gli anni in cui a presiederla era proprio lui. Si tratta di presunti sperperi di denaro pubblico con fatture pagate all’impresa di un amico dello stesso Renzi.

Ma la procura indaga anche sulla casa data in prestito gratuito all’allora sindaco di Firenze e pagata per molto tempo dal suo amico e procacciatore di finanziamenti Marco Carrai . Ieri il procuratore ha spiegato che sul caso sono in corso accertamenti e indagini. Non è tutto, perché il 24 settembre Renzi dovrà tornare davanti ai giudici della Corte dei conti per rispondere di sue presunte responsabilità, che avrebbe compiuto sempre in qualità di presidente della Provincia, per la nomina, ritenuta anomala, di quattro dirigenti. «Bersaglio grosso» a parte, a fine luglio il deputato renziano Francantonio Genovese , che aveva ottenuto gli arresti domiciliari dopo essere stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere e truffa, è stata rispedito in carcere dai giudici di Messina. E ancora. Poche settimane fa sulla Regione Marche si è abbattuto un ciclone giudiziario, con 41 consiglieri e parte della giunta indagati per peculato. Sotto inchiesta anche il presidente Gian Mario Spacca . Più a Sud, in Calabria, un renziano doc come Demetrio Naccari Carlizzi , consigliere regionale Pd, rischia nei prossimi giorni il rinvio a giudizio per aver tramato dietro le quinte allo scopo di far vincere alla moglie un concorso all’ospedale di Reggio Calabria. È già stato rinviato a giudizio, invece, un altro fedelissimo di Renzi, Michele Mazzarano , consigliere regionale Pd in Puglia, accusato di finanziamento illecito e millantato credito. Per lo scandalo dei fondi del gruppo del Partito democratico alla Regione Lazio, sono invece indagati a Rieti quattro ex consiglieri regionali democrat. Le accuse, che pesano sull’ex capogruppo alla Pisana, Esterino Montino , e sugli ex consiglieri regionali Enzo Foschi , Mario Perilli e Giuseppe Parroncini , vanno dal peculato al falso.

Lu. Ro. 19 settembre 2014
fonte: http://www.iltempo.it/politica/

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