Intervenendo al Politecnico di Milano sul tema caldo della
prevenzione contro i rischi sismici, il Premier Matteo Renzi ha sparato a
mitraglia sulla croce rossa targata Europa.
“È impensabile che nel nome della stabilità europea crollino le
scuole”, ha tuonato il Masaniello fiorentino. Una frase densa di
demagogia e propaganda che si rivolge chiaramente alla pancia più
sprovveduta del Paese di Pulcinella. In particolare, il grande
comunicatore di Rignano sull’Arno continua a voler accreditare presso
l’opinione pubblica il seguente concetto: i soldi per ammodernare
l’Italia, compresa la ricostruzione e la messa in sicurezza degli
edifici interessati dal terremoto, ci sono a iosa; solo che l’Europa
matrigna ci impedisce di utilizzarli secondo le nostre necessità.
Ovviamente si tratta di una colossale balla spaziale la quale, invero,
viene da tempo raccontata anche da buona parte dell’opposizione.
In realtà, la cronica mancanza di fondi per qualunque forma di
miglioramento infrastrutturale è da sempre una nostra, italianissima
caratteristica negativa. Essa, in breve, rappresenta plasticamente lo
storico squilibrio sistemico generato da una crescente propensione della
sfera politica a usare gran parte del colossale bilancio pubblico nella
cosiddetta spesa corrente. Spesa corrente che genera molto consenso
elettorale, lasciando le briciole per tutto il resto. Ed è chiaro che se
l’idea, sfruttata in modo spregiudicato dal Governo dei rottamatori, è
quella di prendere i voti attraverso corposi “investimenti” a pioggia
nei settori elettoralmente più sensibili - pensioni, pubblico impiego,
lavoro dipendente sindacalmente organizzato - mi sembra poi evidente che
alla fine della fiera i quattrini per costruire strade, ponti, ferrovie
e per le varie emergenze sismiche non li possiamo pretendere
dall’Europa. La stessa Europa che da tempo non ci chiede solo di
tagliare una spesa pubblica mostruosa, ma soprattutto di riqualificarla
proprio in favore di quegli essenziali investimenti pubblici in
infrastrutture che sono da molto tempo ridotti ai minimi termini.
Dunque, egregio presidente del Consiglio, anziché elargire a pioggia
bonus, mancette e quattordicesime a chi non ne ha un urgente bisogno,
sarebbe il caso di smetterla con la facile demagogia e spiegare al Paese
reale che senza una profonda revisione della spesa dovremmo continuare a
convivere con le scuole pubbliche scalcinate, i viadotti che crollano e
con gli asini della politica che volano.
di Claudio Romiti - 05 novembre 2016
fonte: http://www.opinione.it
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