L'ULTIMO MARXIANO
Uno dei riferimenti della sinistra difendeva la famiglia. Ma oggi sono tutti fanatici pro-gay.
(© GettyImages) Una manifestazione LGBT a Roma.
Dalle pagine del Corriere della sera lo studioso gramsciano Giuseppe Vacca, tra i massimi esperti mondiali del pensiero di Gramsci, con alle spalle una lunga militanza nel Partito comunista italiano e nelle sue successive declinazioni, ha preso posizione in difesa della famiglia, contro le oggi in voga tendenze alla sua destrutturazione capitalistica.
Ha espresso con rigore e fermezza la sua posizione, da un punto di vista che mi pare del tutto coerente con Marx e con Gramsci, certo non con l’odierna Armata Brancaleone delle sinistre passate armi e bagagli dalla parte del Capitale.
Del resto, se la sinistra smette di interessarsi a Gramsci, occorre smettere di interessarsi alla sinistra.
NON TUTTO È LIBERTÀ. Così ha rilevato Vacca: «Come si fa a dire, per esempio, che avere un figlio è un diritto? Come si può pensare di declinare tutto nella chiave della libertà individuale, come se ciò che accade prescindesse dal modo in cui si compongono le volontà e le coscienze dei gruppi umani?».
Da sottoscrivere in ogni parola.
Si tratta di un discorso che, ovviamente, il politicamente corretto silenzierà come omofobo: dove «omofobo» deve oggi intendersi tutto ciò che non è in linea con le direttive del movimento Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
Dietro l’idea di sconfiggere l’omofobia si nasconde allora il segreto desiderio di sconfiggere ogni pensiero non allineato, imponendo un’ortodossia neo-orwelliana su cui non è lecito dissentire.
I RIDICOLI GENITORI 1 E 2. Credo che con queste considerazioni Vacca abbia pienamente centrato il punto.
Il paradigma neoliberista è quello che in nome delle “libertà” individuali decompone la società, disgregandola nel «sistema dell’atomistica» (Hegel), nella pluralità irrelata dei consumatori isolati.
Lo stesso matrimonio gay non ha oggi come oggetto il giusto riconoscimento della piena dignità degli omosessuali, ma l’indebolimento del legame simbolico tra uomo e donna, la decostruzione della figura del padre e della madre (sostituiti dalla ridicola formula “genitore 1” e “genitore 2”), la trasformazione della figura del figlio in un oggetto senza radici, senza provenienza, avulso da una storia e da una genealogia, puro articolo di commercio la cui nascita dipende dall’arbitrio e dal capriccio dell’io individuale portatore di volontà di potenza consumistica.
IL CAPITALE ODIA LA FAMIGLIA. L’obiettivo del fanatismo economico è quello di distruggere le identità e di annientare la società, disgregandola nell’atomistica delle solitudini, nella pluralità indifferenziata delle monadi prive di legami.
Per questo il Capitale odia la famiglia, giacché essa fa valere rapporti comunitari estranei alla logica del do ut des mercatistico e perché è la prova che l’uomo è naturaliter comunitario, venendo al mondo in quella microcomunità originaria che è la famiglia.
Del resto mai ci si pone nell’ottica del nascituro, considerato alla stregua di oggetto, un mero articolo di commercio.
La formula “diritto di avere un bambino” è l’emblema di questa deriva egoistica, che trasforma i desideri dell’io isolato in diritti insindacabili. E che mercifica ogni dimensione reale e simbolica.
COSA SI CHIEDE IL NASCITURO? Il nascituro, una volta che si trovi «gettato» (Heidegger) nel mondo, si chiederà donde e come vi sia pervenuto: non solo da quali corpi e da quali cellule, ma anche da quali desideri e da quali incontri.
Cosa si dirà a un figlio nato on demand da uteri in affitto?
Tutto ciò è funzionale alla creazione dell’uomo senza identità, privo di radici e di progetto, mera presenza che, alla stregua delle merci, è e non esiste, incapace di opporsi alla sua stessa mercificazione integrale.
Per tacere, poi, delle facili derive eugenetiche legate alla pratica dell’utero in affitto.
L'EPOCA DELL'EVAPORAZONE DEL PADRE. Viviamo nell’epoca dell’evaporazione del padre, diceva Lacan.
Non ci sono più padri, ma nemmeno più figli: in luogo dei figli vi sono solo i bambini, perché manca il processo simbolico di filiazione e resta unicamente il bambino come oggetto, come articolo da desiderare e, presto, come merce da acquistare (si pensi al surreale caso di Elton John).
Si impone, così, la triste figura del “diritto al bambino”, dove l’accento cade tutto sull’oggetto del desiderio, che grazie alle nuove tecniche diventa ora prenotabile e acquistabile, come già accade in alcuni Paesi detti “evoluti” dalla stessa neolingua che punisce chiunque non si adatti alla marcia dell’economicizzazione nichilistica dell’intera vita.
di Diego Fusaro - 09 Febbraio 2016
fonte: http://www.lettera43.it
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