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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/11/14

Tornado italiani contro il Califfato



Foto20Tornado

L’Italia alza il livello di impegno militare contro lo Stato Islamico inviando in Kuwait 4 bombardieri Tornado del 6° Stormo di Ghedi che potrebbero essere operativi già a fine mese.  La notizia è stata resa nota ieri al Sole 24 Ore dal Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e simultaneamente dal Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, in un’intervista apparsa oggi su La Stampa. L’opzione di affiancare ai 2 droni Predator e alla cisterna volante KC-767A basati in Kuwait anche 4 velivoli da combattimento era trapelata già il mese scorso ma indiscrezioni riferirono che proprio il ministro aveva bocciato l’idea di impiegare velivoli pilotati sui territori controllati dal Califfato.
La decisione di inviare i Tornado sembra sia stata determinata dalle richieste della Coalizione, cioè degli Stati Uniti che hanno effettuato finora ben l’85% delle missioni di attacco aereo effettuate dagli alleati sui cielo di Siria e Iraq.





I velivoli italiani, che come quelli degli altri partner della NATO volano solo sull’Iraq ma non sulla Siria (dove gli statunitensi sono affiancati dai velivoli degli Stati arabi), “verranno utilizzati solo per missioni di ricognizione, sorveglianza e intelligence” precisa ad Analisi Difesa una fonte militare.
Vale la pena ricordare che anche il dispiegamento dei Tornado in Afghanistan prese il via nel 2008 con limitazioni simili, escludendo cioè l’impiego bellico con lo sgancio di ordigni. Limitazione poi rimossa nel 2012 quando a Herat erano schierati i cacciabombardieri AMX.
Circa l’impegno militare italiano contro lo Stato Islamico restano da definire i costi finanziari e i tempi e luoghi di schieramento della missione addestrativa dell’Esercito tesa a formare reclute curde e irachene (stimata in 200 militari di cui circa 70 istruttori) e degli 80 consiglieri militari destinati ad affiancare i comandi tattici iracheni e curdi.





Resta poi da sottolineare l’ormai consueta ambiguità che caratterizza su almeno tre fronti la partecipazione italiana alle operazioni oltremare. Innanzitutto rimane inspiegabile la politica militare di una Nazione che aumenta gli impegni bellici oltremare mentre continua a tagliare i fondi per la Difesa.
Resta poi incomprensibile il motivo per cui Roma si astiene da intervenire in Libia, che ci sta “scoppiando in faccia” e dove sono in gioco i nostri interessi diretti ma continua a rispondere “signorsì” a tutte le richieste statunitensi di aumentare l’impegno in Iraq e di mantenere altri due anni un contingente in Afghanistan.Paesi dove il nostro ruolo è e resterà marginale e ininfluente e dove non dovremmo buttare soldi che non abbiamo.
Infine sconcerta l’ulteriore ambiguità che ci vede ancora una volta andare in guerra ma “senza sparare”, con i bombardieri utilizzati solo come ricognitori. Se il governo è convinto che sia necessario fermare lo Stato Islamico perché non farlo con le bombe? Come fanno non solo anglo-americani e francesi ma pure danesi, belgi, olandesi, australiani, canadesi e norvegesi?

Foto Aeronautica Militare
di Gianandrea Gaiani15 novembre 2014

fonte: http://www.analisidifesa.it


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