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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

08/02/18

Uranio impoverito: "Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio: il testo integrale della relazione"



“Mai più una penisola interdetta, mai più militari morti senza un perché. È diventato il simbolo della maledizione che per troppi decenni ha pesato sull’universo militare: la Penisola Delta del Poligono di Capo Teulada, utilizzata da oltre 50 anni come zona di arrivo dei colpi, permanentemente interdetta al movimento di persone e mezzi. Le immagini satellitari ritraggono una discarica non controllata: sulla superficie tonnellate di residuati contenenti cospicue quantità di inquinanti in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. E l’uomo”.

“Non sorprendono, a questo punto, le indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari per il delitto di disastro doloso. L’omessa bonifica per ragioni di ‘convenienza’ economica e il prosieguo delle esercitazioni sono scelte strategiche che stonano a fronte di un crescente e assordante allarme prodotto dalla penisola interdetta tra cittadini e istituzioni. Mai più militari morti e ammalati senza sapere perché, mai più una ‘penisola interdetta’: ecco gli obiettivi perseguiti dalla quarta Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Mai più una gestione del territorio affidata in via esclusiva all’autorità militare, senza interlocuzioni con l’amministrazione dell’ambiente, con la Regione e con le Autonomie locali. Garantire al meglio la sicurezza e la salute dei militari non è un sogno, ed è un atto dovuto alle nostre Forze armate per l’impegno e lo spirito di sacrificio dimostrati ogni giorno al servizio del Paese”.

La relazione della Commissione, la quarta costituita nella storia del Parlamento italiano per indagare sulle complesse questioni che concernono l’utilizzo dell’uranio impoverito e sulla salute dei militari, dei dipendenti civili dell’Amministrazione della Difesa e delle popolazioni residenti nei territori su cui insistono i poligoni e le installazioni militari, ha svolto approfondimenti su casi di militari gravemente ammalati, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro sul territorio nazionale che all’estero, adeguatezza degli istituti indennitari e previdenziali, rischio ambientale determinato dall’attività delle Forze armate nei poligoni di tiro, anche con riferimento ai territori limitrofi e alle popolazioni ivi residenti, rischi alla salute derivanti dall’esposizione all’amianto e al radon, e dalla somministrazione dei vaccini.

“Tra le tante audizioni, merita attenzione quella del prof. Giorgio Trenta, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica, che il 23 marzo 2016 ha riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un uso massiccio di proiettili all’uranio impoverito. Tre i casi specifici emersi nel corso dell’inchiesta, trasmessi alla Procura della Repubblica: quello del militare Antonio Attianese, vittima di una grave patologia insorta a seguito della sua permanenza in territori contaminati dalla presenza di uranio impoverito in Afghanistan; quello del tenente colonello medico Ennio Lettieri che, il 5 luglio del 2017, affermava di essere stato direttamente testimone, nel corso della sua ultima missione in Kossovo, della presenza di una fornitura idrica altamente cancerogena di cui era destinatario il contingente italiano; e quello del generale Carmelo Covato, che aveva affermato che i militari italiani impiegati nei Balcani erano al corrente della presenza di uranio impoverito nei munizionamenti utilizzati ed erano conseguentemente attrezzati, affermazioni che apparivano in contrasto con le risultanze dei lavori della Commissione e con gli elementi conoscitivi acquisiti nel corso dell’intera inchiesta.

Ed ecco i punti principali della relazione.

Sicurezza e salute sul lavoro. La Commissione d’inchiesta, grazie alle penetranti metodologie investigative adottate, ha scoperto – dietro le rassicuranti dichiarazioni rese dai vertici dell’Amministrazione della Difesa e malgrado gli assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo pur esplicitamente sollecitate – le sconvolgenti criticità che in Italia e nelle missioni all’estero hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i lavoratori militari del nostro Paese. Un’opera a maggior ragione preziosa, ove si tenga presente che malauguratamente non appaiono sistematici gli interventi della magistratura penale a tutela della sicurezza e della salute del personale dell’Amministrazione della Difesa. Il risultato è devastante. Nell’Amministrazione della Difesa continua a diffondersi un senso d’impunità quanto mai deleterio per il futuro, l’idea che le regole c’erano, ci sono e ci saranno, ma che si potevano, si possono e si potranno violare senza incorrere in effettive responsabilità. E quel che è ancora peggio, dilaga tra le vittime e i loro parenti un altrettanto sconfortante senso di giustizia negata. Ecco perché in data 15 ottobre 2017 la Commissione ha trasmesso la “Relazione intermedia” al Ministro della Giustizia.

Molteplici e temibili sono i rischi a cui sono esposti lavoratori e cittadini nelle attività svolte dalle Forze Armate, ma anche dalla Polizia di Stato e dai Vigili del Fuoco. Sono proprio i rischi che la Commissione d’inchiesta è riuscita a portare alla luce. Basti pensare ai poligoni di tiro presenti sul territorio nazionale nei quali la mancata o tardiva bonifica dei residui dei munizionamenti impiegati nelle esercitazioni ha prodotto rischi ambientali in danno di quanti sono chiamati ad operare o a vivere nel loro ambito. Per quanto riguarda i rischi da esposizione alle radiazioni ionizzanti del personale delle Forze Armate, sono emersi ulteriori dati. A seguito dell’esame testimoniale reso dal Maresciallo in congedo Giuseppe Carofiglio, la Commissione ha ricevuto una nota del Comandante Generale della Guardia di Finanza del 26 ottobre 2017, che indica la detenzione/presenza di 576 proiettili “API” realizzati con uranio impoverito. Tali proiettili sarebbero stati “smaltiti” in un’esercitazione presso il Poligono militare di Torre Astura (LT) nel 1994. Rischi minacciosi gravano persino su caserme, depositi, stabilimenti militari: sia deficienze strutturali (particolarmente critiche nelle zone a maggior sismicità), sia carenze di manutenzione, sia materiali pericolosi. La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate. Ed allarmano le prospettive delineate dal Direttore del RENAM Alessandro Marinaccio, audito il 19 ottobre 2017: “Il picco dei casi di mesotelioma è presumibile sia nel periodo tra il 2015 e il 2020”.
Desta poi allarme la situazione dei teatri operativi all’estero. La Commissione ha dovuto constatare l’esposizione a inquinanti ambientali in più casi nemmeno monitorati. Singolare è, inoltre, la scarsa conoscenza, ammessa dagli stessi vertici militari, circa l’uso in tali contesti di armamenti pericolosi eventualmente impiegati da Paesi alleati.
Le criticità sono alimentate da un problema irrisolto: l’universo della sicurezza militare non è governato da norme e da prassi adeguate. Restano immutate le scelte strategiche di fondo che attualmente ispirano la politica della sicurezza nel mondo delle Forze Armate. Quelle scelte strategiche che paradossalmente trasformano il personale della Difesa in una categoria di lavoratori deboli. Si tratta di scelte strategiche che doverosamente, tra il 19 e il 20 settembre 2017, la Commissione d’inchiesta ha segnalato alle Autorità competenti, trasmettendo, in particolare, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché ai Ministri della Difesa, della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente, la propria ‘Relazione sull’attività d’inchiesta in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale nelle forze armate: criticità e proposte’.

Questi due anni di investigazioni a tutto campo hanno consentito di fare finalmente piena luce sugli otto meccanismi procedurali e organizzativi che oggettivamente convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere:
1) datori di lavoro sprovvisti di autonomi poteri decisionali e di spesa;
2) ispettori “domestici”: nei luoghi di lavoro delle Forze armate, la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso la predetta amministrazioni. La loro azione si è dimostrata insufficiente;
3) DVR e DUVRI omessi o inadeguati: la diffusa inosservanza degli obblighi inerenti alla valutazione dei rischi risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive. Una conferma si trae dall’esame dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Comandante del Comitato Operativo Interforze, irremovibile in data 23 febbraio 2017 nel dichiarare che nei teatri operativi all’estero non sarebbe doverosa una stretta osservanza dell’obbligo di valutazione dei rischi;
4) Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e Medici competenti (MC) tra inerzie e note di linguaggio. In alcuni siti, RSPP e/o MC sono risultati addirittura assenti. Inoltre RSPP esaminati dalla Commissione hanno palesato seri limiti nello svolgimento della propria attività. Utile è prendere in considerazione le dichiarazioni dell’RSPP di Capo Teulada: “Ho appreso oggi che esistono altre tipologie di rischio, come quello delle nanoparticelle”;
5) RLS nominati dal datore di lavoro; 6) la crisi del CISAM e del CETLI: nel corso dell’inchiesta, il CISAM ha dichiarato la propria incapacità operativa a provvedere a una completa caratterizzazione radiometrica. Anche gli accertamenti sulle attività svolte dal CETLI NBC in merito a fattori di rischio chimici e biologici hanno evidenziato diverse criticità. Già nell’esame testimoniale dell’8 marzo 2017, il Direttore interinale del Centro Tecnico Logistico Interforze NBC aveva affermato che “l’ente non è in grado di effettuare analisi su particolato aerodisperso e nanoparticolato”;
7) un Osservatorio epidemiologico della difesa scientificamente non accettabile. La Commissione ha chiesto all’Ispettore Generale della Sanità Militare Gen. Enrico Tomao se gli sembrasse scientificamente accettabile che una struttura chiamata Osservatorio epidemiologico della Difesa si fermasse alla raccolta e alla valutazione dei casi relativi ai militari in servizio. La risposta è stata “no”. La sottostima dei casi induce a ritenere efficienti i sistemi di prevenzione in atto e a non stimolarne una revisione critica;
8) sanzioni pagate dallo Stato. Gli importi dei pagamenti delle sanzioni amministrative
eventualmente irrogate al personale militare e civile dell’Amministrazione della difesa per violazioni commesse presso organismi militari sono imputate, in via transitoria, sul pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della Difesa, fatta salva ogni rivalsa dell’Amministrazione nei confronti degli interessati. È stato rilevato un unico caso di rivalsa.
Nel quadro descritto, fanno sensazione due fenomeni, l’uno da contraltare all’altro: il ‘negazionismo’ dei vertici militari e la supplenza della Commissione d’inchiesta. Al fine di recuperare il mondo militare a una dimensione effettivamente ispirata ai valori costituzionalmente protetti della sicurezza e della salute, la Commissione d’inchiesta avanza una serie di proposte fondamentalmente preordinate a bloccare gli effetti distorsivi prodotti dai meccanismi descritti. Basilare sarebbe, anzitutto, l’approvazione della Proposta di Legge Scanu AC 3925, firmata dalla quasi totalità dei componenti della Commissione, più che mai indispensabile al fine di garantire un’effettiva prevenzione contro i rischi incombenti su militari e cittadini. Le norme ivi contenute rompono il perverso meccanismo della giurisdizione domestica e affidano la vigilanza sui luoghi di lavoro dell’Amministrazione della difesa al personale del Ministero del lavoro. L’approvazione di questa Proposta è indispensabile, ma non ancora sufficiente, per smontare i meccanismi procedurali e organizzativi che valgono ad oscurare nell’universo militare rischi temibili e responsabilità effettive. Tra le altre necessità: servizi ispettivi terzi ed efficienti; una Procura nazionale sulla sicurezza del lavoro, altamente specializzata e con competenza estesa a tutto il Paese; individuare il datore di lavoro di fatto; garantire l’autonomia e la competenza di RSPP e MC; rigenerare gli organi tecnico-operativi e prevedere RLS eletti o designati dai lavoratori militari. Urgente anche il superamento dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa e l’affidamento delle indispensabili ricerche epidemiologiche nel mondo militare a un ente terzo e qualificato per coerenza scientifica come l’Istituto Superiore di Sanità.

Criticità e proposte in materia previdenziale . 
Dalla comparazione tra il trattamento riservato al personale delle Forze armate e quello garantito alla generalità dei lavoratori, compresi i dipendenti civili dello Stato, è risultato di tutta evidenza che la tutela indennitaria prevista dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è di maggior favore rispetto a quella garantita dall’equo indennizzo. Inoltre, il percorso amministrativo che porta al riconoscimento della c.d. «causa di servizio» per le Forze armate non garantisce sufficientemente la terzietà di giudizio. Ne è conseguita l’instaurazione di un circolo vizioso che ha prodotto una moltiplicazione del contenzioso con effetti pregiudizievoli per la finanza pubblica e, soprattutto, molto penosi per i militari interessati – o, troppo spesso, per gli eredi – che si sono visti negare, o differire all’infinito, il diritto alla tutela di cui lo Stato è debitore verso i propri servitori.
Le reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa hanno costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. Per l’uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali INAIL approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare. La Commissione ritiene che, a dieci anni dall’emanazione della predetta Tabella, i progressi della scienza medica e i risultati delle indagini epidemiologiche imporrebbero un aggiornamento della Tabella stessa, con l’inclusione di altre patologie, con particolare riguardo a talune forme tumorali del sistema emolinfopoietico.
L’accertata inadeguatezza della tutela previdenziale garantita al personale delle forze Armate, al quale è riservato un trattamento deteriore rispetto alla generalità dei lavoratori, appare inaccettabile, considerata la specificità e la rilevanza della funzione svolta, e in aperto contrasto con il principio di eguaglianza, di cui all’articolo 3 della Costituzione. Conformemente a quanto è previsto per tutti i dipendenti di ruolo dello Stato, con la Proposta Scanu l’assicurazione di tale personale verrebbe attuata dall’INAIL.

I poligoni di tiro. 
Nel corso dei lavori, sono emerse rilevanti criticità che investono in primo luogo i temi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti agli insediamenti militari, nonché della salubrità degli ambienti. La Commissione non ritiene accettabile che l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza nei poligoni e nelle strutture industriali della difesa possa essere condizionata dalla indisponibilità di mezzi finanziari adeguati. Sono particolarmente significativi i dati emergenti dalle indagini sui poligoni di tiro relativi alla salute dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti i poligoni, soprattutto in Sardegna. Audizioni svolte presso la Commissione hanno peraltro evidenziato come, fino a un recente passato, la gestione del PISQ sia stata caratterizzata da una notevole sottovalutazione dell’impatto delle attività svolte sull’ambiente circostante. Un primo aspetto rilevante riguarda l’utilizzo dei missili anticarro Milan, il cui sistema di puntamento include una componente radioattiva, consistente in una lunetta di torio che, dopo il lancio, ricade sul terreno. Per quanto riguarda il personale, sono stati numerosi i militari ammalati. È emerso come le attività di brillamento venissero condotte tenendo in scarsa considerazione le condizioni di sicurezza degli operatori e delle popolazioni residenti. Numerose criticità presenta anche il poligono di Capo Teulada, a causa di una situazione ambientale che risulta fortemente compromessa. Il dottor Emanuele Secci, sostituto procuratore della Repubblica di Cagliari, ha dedicato una parte della sua audizione davanti alla Commissione proprio alla cosiddetta Penisola interdetta, affermando: “dal punto di vista oggettivo gli accertamenti che abbiamo svolto hanno dimostrato una compromissione del territorio estremamente significativa (…) Dai dati che abbiamo rilevato, sembrerebbe che siano presenti nella penisola interdetta 566 tonnellate di armamenti e che in due anni ne siano stati eliminati otto”. Di particolare interesse sono le conclusioni della consulenza prestata per la Procura di Cagliari dal prof. Annibale Biggeri: risulta infatti preoccupante la situazione di Foxi, frazione del comune di Sant’Anna Arresi, che insiste su un territorio in prossimità delle esercitazioni militari. È auspicabile che le disposizioni recentemente varate nell’ambito della manovra di bilancio per il triennio 2018-2020 possano concorrere a modificare questa situazione e segnare una decisa inversione di tendenza rispetto a una realtà di grave compromissione dell’ambiente e di colpevole inerzia delle istituzioni che avrebbero dovuto assicurarne la salvaguardia.
Dal primo gennaio sono in vigore nuove norme che regolano l’attività dei poligoni militari. Il testo, elaborato in Commissione e approvato con la Legge di Bilancio (articolo 1, comma 304), mette ordine tra le diverse criticità, a cominciare dalla dispersione nel territorio dei residui dei colpi esplosi nel corso delle esercitazioni militari. Per evitare la potenziale contaminazione dell’area circostante, si rende necessaria una rapida e generalizzata attività di recupero, che presuppone la puntuale conoscenza di tutti i colpi in partenza, qualunque sia la Forza Armata che svolge le esercitazioni militari. In particolare, con la nuova norma viene introdotto presso ciascun poligono e sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco, nel quale sono annotati il munizionamento utilizzato, la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei colpi. Il registro è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali (ISPRA e ARPA) e di sicurezza e igiene del lavoro, per gli accertamenti di rispettiva competenza. Si tratta di un’importante innovazione, sul piano della trasparenza delle procedure e dei controlli, poiché si prevede che l’attività di vigilanza sull’applicazione della normativa ambientale, anche in aree appartenenti al demanio militare, possa essere svolta dalle amministrazioni titolari di queste funzioni, diverse dalle Forze Armate, e quindi collocate in quella posizione di terzietà e indipendenza. Un altro elemento di forte innovazione riguarda l’introduzione del piano di monitoraggio permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono. Con un’ulteriore disposizione si prevede la possibilità di istituire un Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari. Nel complesso, sono entrate a fare parte dell’ordinamento una serie di disposizioni che coronano l’attività di inchiesta svolta dalla Commissione e ne raccolgono l’indirizzo di fondo, rivolto alla realizzazione di una gestione più trasparente delle attività addestrative, alla garanzia della tempestività e della
completezza delle attività di bonifica e al rafforzamento delle funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto della normativa in materia ambientale.

Sono Siti di interesse comunitario l’area del Poligono militare di Torre Veneri, in provincia di Lecce, e l’area di Isola rossa e Capo Teulada, in provincia di Cagliari. Ad oggi, salvo alcune eccezioni, la maggior parte delle attività a fuoco si è svolta senza che ne venissero informati gli Enti gestori delle aree protette e senza che venissero svolte le valutazioni di impatto ambientale pur previste dalla normativa vigente. Sotto questo profilo, le modifiche apportate al Codice dell’ambiente delineano una serie di misure che si possono definire di adeguamento della legislazione ai principi costituzionali. Partendo da queste premesse la Commissione ritiene che sia necessario mettere in campo una pluralità di strumenti e di iniziative rivolti a fare sì che la presenza dei poligoni sul territorio venga armonizzata con le esigenze di sviluppo sociale ed economico, di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini e di salvaguardia dell’ambiente. La Commissione ribadisce quanto già contenuto nella Relazione intermedia della precedente Commissione, per quanto riguarda specificamente la Sardegna, la necessità che si pervenga alla progressiva dismissione dei poligoni di Capo Frasca e di Capo Teulada e alla concentrazione di tutte le attività sostenibili nel poligono interforze di Salto di Quirra, fermo restando la prospettiva di una gestione duale dell’area del poligono.

La profilassi vaccinale. 
Tra i temi approfonditi dalla Commissione, fanno spicco quelli concernenti la sorveglianza sanitaria e la profilassi vaccinale sul personale dell’Amministrazione della Difesa. Dalla testimonianza di alcuni militari affetti da patologie contratte in servizio si sono tratti significativi elementi a conferma che non sempre sia stata richiesta, analizzata o comunque approfondita, da parte del medico vaccinatore l’analisi pre-vaccinale del militare sottoposto, e analogamente è emerso, con preoccupante ricorrenza, che alcuni medici vaccinatori non si attengono nel somministrare i vaccini alle norme di precauzione indicate dalle Linee Guida del 14 febbraio 2008. La Commissione, al fine di garantire una effettiva tutela della salute (e della sicurezza) dei militari impegnati in Italia e all’estero, nonché per perseguire la sicurezza nella somministrazione dei vaccini, nell’ottica dell’eliminazione o quanto meno della massima riduzione del rischio di effetti negativi conseguente all’uso di vaccini in dosi multiple, raccomanda l’utilizzo di vaccini monodose, stante la concreta possibilità che il militare, data l’età adulta, risulti già immunizzato contro alcuni antigeni contenuti nei vaccini in dosi multiple. Si raccomanda altresì che non vengano inoculati, in un’unica soluzione, più di cinque vaccini, essendo questa la soglia oltre la quale possono verificarsi eventi avversi. Si raccomanda ancora una particolare attenzione all’anamnesi pre-vaccinale. Data la rilevanza dei temi affrontati nelle osservazioni del gruppo di lavoro sui vaccini (allegato 1), ai fini di un’adeguata tutela della salute dei militari, la Commissione provvederà a trasmetterle all’Istituto Superiore di Sanità per una indispensabile valutazione scientifica dei relativi contenuti.

I rapporti tra Parlamento, Governo, Forze Armate
Se la considerazione della specificità del “mestiere delle armi” può senza dubbio motivare per alcune fattispecie l’adozione di discipline speciali, essa non può tradursi, come di fatto sembra essersi verificato per le materie di cui si è occupata la Commissione, nella teorizzazione e soprattutto nella pratica di uno spazio operativo separato e privo di controlli esterni.
Poiché la conclusione della Legislatura ha coinciso con la decisione del Governo di inviare un contingente militare italiano in Niger, la Commissione, sulla scorta della documentazione acquisita, raccomanda al prossimo Parlamento di vigilare con il massimo scrupolo sulle modalità di realizzazione della missione, anche per quanto attiene alla valutazione dei rischi, all’idoneità sanitaria e ambientale dei luoghi di insediamento del contingente, alla congruità delle pratiche vaccinali adottate e alle pratiche di sorveglianza sanitaria. È essenziale che, anche nel prossimo Parlamento, non venga abbandonato un terreno di riflessione sulla necessità di mantenere fermo l’equilibrio tra le prerogative di discrezionalità, di cui le Forze Armate godono e devono godere in
quanto pubblica amministrazione, e l’affermazione inequivoca della centralità del ruolo del Parlamento e del Governo nell’esercizio della funzione di indirizzo politico.

Una riflessione finale. 
Ambizioso appare l’obiettivo che la Commissione si è proposta di raggiungere: quello di essere, non solo la quarta, ma soprattutto l’ultima Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. Il suo bilancio è altamente positivo, in particolare sotto tre profili. Un primo profilo concerne la tutela ambientale nei poligoni di tiro nazionali, sollecitata dalle apposite modifiche normative introdotte nell’ambito della legge di bilancio per il triennio 2018-2020 in seguito a un’apposita proposta di legge preparata dalla Commissione. In secondo luogo, grazie a una molteplicità di accertamenti mirati (sia esami testimoniali, sia richieste di documentazioni), si è oggettivamente ottenuto un risultato non perseguito, ma quanto mai gradito: e, cioè, in più casi la scomparsa come d’incanto di comportamenti o situazioni contrastanti con le norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro. Il terzo profilo: mai come questa volta il mondo militare della sicurezza è stato scandagliato in ogni sua piega anche più riposta. D’ora in avanti, sarà arduo non partire in qualsiasi analisi sul mondo militare dalla scoperta degli otto meccanismi procedurali e organizzativi che convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere.

Spetterà al prossimo Parlamento approvare due capitoli fondamentali quali quelli attinenti alla sicurezza sul lavoro e alla tutela previdenziale. Tanto più che i principi ispiratori delle proposte elaborate al riguardo dalla Commissione – e, in ispecie, il superamento della giurisdizione domestica in materia di sicurezza del lavoro e un nuovo regime previdenziale ed assistenziale per il personale militare – hanno riscosso il consenso anche di altri comparti del settore sicurezza, quali le forze di polizia, la guardia costiera e la polizia penitenziaria. E per giunta hanno espresso parere favorevole i ministeri della Difesa, dell’Interno, della Giustizia, delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché il ministero del Lavoro.
In questo quadro, per dare concretamente seguito alle proposte di miglioramento dei livelli della salute e sicurezza e della tutela previdenziale del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza, la Commissione chiede al Governo di avviare un tavolo di concertazione tra il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Interno, gli altri ministeri interessati, e l’INAIL per definire le più efficaci modalità di transizione dal regime vigente a quello che entrerà in vigore dopo l’auspicata approvazione, da parte del prossimo Parlamento, della proposta di legge elaborata da questa Commissione.

La drammaticità dell’attuale situazione è confermata dai casi nei quali la Commissione ha doverosamente segnalato fatti specifici vuoi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, vuoi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma, onde consentire alle autorità competenti di valutare la configurabilità di ipotesi di reato. Né sfugga il rilievo della segnalazione in data 20 settembre 2017 al Presidente e al Procuratore generale della Corte dei conti.
Ecco perché la Commissione d’inchiesta ha pienamente assolto al proprio mandato. Infatti ha avanzato una ricca gamma di proposte normative, organizzative, procedurali atte a completare l’opera di tutela dei lavoratori militari anche sotto i profili attinenti alla sicurezza sul lavoro e alla tutela previdenziale”.

di redazione - 7 febbraio 2018

fonte: http://www.sardiniapost.it/senza-categoria/commissione-parlamentare-di-inchiesta-sulluranio-il-testo-integrale-della-relazione/

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