Ascoltando i raccapriccianti annunci di nuove spese espressi
nel salotto di Bruno Vespa dal Presidente del Consiglio, viene quasi
spontaneo parafrasare il grande Cicerone. Quousque tandem abutere,
Matteo Renzi patientia nostra?
Altro che statista che pensa alle nuove generazioni! Qui ci troviamo
di fronte ad un personaggetto, come direbbe Crozza/De Luca, che sta
letteralmente sfasciando i conti pubblici, insieme al quel residuo di
credibilità che è rimasta all’Italietta delle cicale, con l’unico scopo
di restare in sella, superando il clamoroso autogol di una riforma
costituzionale a dir poco pasticciata. Una riforma la quale, anziché
abolire tout court il bicameralismo perfetto, ha partorito un
senaticchio dalle competenze molto confuse e, assai probabilmente,
furbescamente disegnato su una presunta egemonia locale del Partito
Democratico.
Sta di fatto che per sostenere questa folle operazione politica,
sulla quale si giocano i destini politici del Premier, ma anche no, il
genio sempre più incompreso che governa il Paese ha ampiamento superato i
limiti della decenza. L’economia italiana è praticamente inchiodata,
come confermano gli ultimi dati Istat su consumi e produzione
industriale di luglio, ciononostante Renzi promette di far piovere sui
tre più rilevanti settori della spesa pubblica - pensioni, sanità e
pubblico impiego - una valanga di mance elettorali.
Secondo i primi calcoli, questa ennesima picconata inferta al
bilancio dello Stato, paradossalmente inserita nella cosiddetta Legge di
stabilità, sarà coperta bene che vada da almeno un punto di Pil di
disavanzo. In soldoni, ulteriori 16 miliardi di deficit che andranno ad
ingrossare un debito pubblico il quale, senza San Mario Draghi, sarebbe
esploso da un bel pezzo. E la cosa particolarmente grave, al netto degli
annunci governativi, è che si tratta in gran parte di spesa corrente,
il cui unico pregio, per così dire, è quello di portare voti al
pifferaio magico di turno. E hai voglia a circondarsi di espertoni di
questo o quel settore, di illustri accademici pieni di titoli e
riconoscimenti che riempiono di contenuti le kermesse leopoldesche del
citato genio toscano.
Governare come fa Renzi appare di una semplicità disarmante. Basta
trasformare il Tesoro in una sorta di bancomat illimitato e il gioco è
fatto. D’altro canto, perché affaticarsi in una lunga e defatigante
battaglia politica, basata su un vecchiume dialettico che rischia di far
perdere tempo e, soprattutto, consensi? Il Premier che va sempre di
fretta ha trovato la ricetta giusta. Si compra i voti con la spesa
pubblica e festa finita, come dicono in Toscana. Il resto è solo astio e
invidia dei soliti gufi che si ostinano a non comprendere la grandezza
del personaggetto al timone.
di Claudio Romiti - 10 settembre 2016
fonte: http://www.opinione.it
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