Che l’Ape (Anticipo pensionistico) fosse l’ennesima presa in
giro per non modificare la Legge Fornero e spingere gli aspiranti più a
rinunciare che aderire, si era capito subito. Si è inventato uno di quei
sistemi assurdi all’italiana, complicato, cervellotico e costoso, che
alla fine sarà accettato dalla minor parte della platea interessata. Era
questo lo scopo del Governo, che come spesso succede da anni a questa
parte, l’incapacità dei sindacati nostrani non è riuscita a modificare.
Cgil, Uil, Cisl, infatti, dopo roboanti dichiarazioni di guerra, hanno
finito con l’accettare quasi tutto, lasciando intatto un impianto nato
più per dare lavoro e guadagno alle banche e alle assicurazioni, che per
ripristinare le ingiustizie della Legge Fornero.
Perché sia chiaro, se c’è stata una legge sulla previdenza, negli
ultimi decenni più ingiusta che sbagliata, è stata proprio la Legge
Fornero. Nel 2011, infatti, sotto ricatto dell’Europa e alle prese con
un sistema previdenziale insostenibile, per fare cassa e risparmiare, la
ministra del Governo Monti escogitò la genialità di allungare “tout
court” l’età pensionabile.
Insomma, un’idea sensazionale da Premio Nobel, con tutta probabilità
se si fosse stabilito che l’età minima dovesse diventare
settantadue/settantatré anni saremmo andati ancora meglio nel tornaconto
dell’Inps e delle casse pubbliche. Eppure nel 2011 i geni di quel
governo sapevano bene che l’insostenibilità dei conti previdenziali
nasceva da lontano e si alimentava di un’enormità di intollerabili
ingiustizie, diventate privilegi. Le stesse che oggi il sottosegretario
Tommaso Nannicini, proponendo l’Ape, dichiara di non poter toccare per
evitare di combinare danni. Parliamo di pensioni d’oro, di vitalizi
vergognosi, come di chissà quante invalidità fasulle, accompagni non
dovuti, doppie e triple erogazioni previdenziali.
Su queste voci, che gridano scandalo al cospetto dell’equità, si
continua ipocritamente a far finta di nulla e a non fare niente per
porvi rimedio. Eppure parliamo di miliardi di costi, che risparmiati
consentirebbero una redistribuzione tale da rimediare alle tante
assurdità della nostra previdenza (alla faccia della parola). Perché da
noi, se c’è una cosa chiara, è che tutto siamo stati fuorché previdenti.
Sta tutta qua l’insopportabilità della Legge Fornero, che nessuno ha il
coraggio di toccare pur di non mettere in campo un’operazione di
giustizia e verità sull’intero sistema previdenziale degli ultimi
decenni. Si parla tanto di lotta all’evasione eppure un controllo su
ogni pensione di invalidità, una per una dalla prima all’ultima, non
viene fatto e si aspetta che qualche furbetto cada nella rete per
rimediare. Altrettanto sui cosiddetti contributi agricoli, intorno ai
quali si continuano a compiere saccheggi di ogni tipo e sugli
accompagni, erogati in troppi casi con eccessiva facilità.
Il capitolo poi delle pensioni d’oro e dei vitalizi è qualcosa di
talmente scandaloso che in nessun Paese serio sarebbe stato possibile di
fare. Ecco perché al posto della Legge Fornero, oppure almeno assieme a
questa, sarebbe stata necessaria su tali temi una operazione di
riordino, ricalcolo e verifica a tappeto, sulla base dell’equità e della
giustizia sociale. Solo così ci si può presentare di fronte ai
pensionati che prendono poche centinaia di euro, a quelli che pur avendo
maturato i tempi sono costretti a aspettare anni, a quelli che hanno
perso il lavoro e stanno nella terra di nessuno. Per questo l’Ape è
l’ennesima presa in giro, un pannicello caldo, un contentino lontano
anni luce da quel che sarebbe indispensabile fare dentro i conti del
sistema previdenziale, per recuperare le risorse che mancano. Diritto
acquisito è una parola senza senso, se il diritto è non solo ingiusto ma
socialmente iniquo diventa privilegio e bisogna avere il coraggio
d’intervenire.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca - 14 settembre 2016
fonte: http://www.opinione.it
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